Nel 1989 mi capitò fra le mani un libro dal titolo Intelligenza artificiale e futuro dell’uomo di Donald Michie e Rory Johnston. Nel 1989 ero un ragazzino di appena quindici anni, ma ero già un NERD fissato con i computer. All’epoca si parlava di intelligenza artificiale più come roba da filosofi e nei film di fantascienza tipo TRON, WAR GAMES e simili.
Il libro aveva un approccio filosofico al mondo dell’Intelligenza Artificiale e si poneva importanti domande su come e quando questa avrebbe potuto influenzare il genere umano nel suo vivere quotidiano.
Dal dicembre 2022 e negli ultimi pochi mesi in tutto il mondo ha fatto breccia la notizia che l’intelligenza artificiale (da ora in poi IA) ha raggiunto dei livelli molto avanzati che iniziano a farci paura. Un esempio fra tutti è CHATGPT che in Italia è divenuta inaccessibile dopo pochi mesi per ragioni non sempre chiare.
I nuovi sistemi di IA sono talmente avanzati da imparare nuove lingue, comprendere il discorso naturale (cioè una persona che chiacchera con loro come farebbe con un’altra persona), relazionarsi e molto altro ancora.
Se guardiamo alle applicazioni in positivo c’è da impazzire dalla gioia e dalla voglia di fare. Ho visto come l’IA è stata collegata ad un androide di ultima generazione che si chiama AMECA (che suona AMICA, ma fa venire un po’ di tremarella…) di cui potete vedere gli sviluppi qui:
https://www.engineeredarts.co.uk/robot/ameca/
Se ci si chiede perché qualcuno ne ha paura, non possiamo non notare come alcuni importanti scienziati stiano facendo delle considerazioni su come uno strumento così potente possa essere usato a fini criminali o con finalità non esattamente etiche. Si pensa già alla possibilità di creare super soldati evocando le immagini della saga TERMINATOR
L’idea che una macchina possa comportarsi come una persona è allo stesso tempo entusiasmante e capace di atterrire anche i più coraggiosi. La cosa che ci salva al momento è la facilità con cui riconosciamo la differenza fra una persona reale e un robot, ma che cosa accadrebbe se questo sottile velo che separa la finzione dalla realtà venisse sollevato e noi non fossimo più in grado di distinguere una persona reale da una artificiale?
Impossibile direte voi, eppure ci sono già software in grado di chattare con noi come fossero persone, parlare tutte le lingue del mondo con la corretta inflessione, scrivere storie, comporre musica molto altro ancora.
Paura?
Io un po’ si perché in realtà non temo le macchine in sé, ma l’uomo dietro di esse. Eppure il progresso non dovrebbe farci paura, la scienza è di per sé una cosa buona e la capacità di realizzare sistemi informatici sempre più in grado di interagire con noi in modo naturale, senza costringere noi a parlare la loro lingua complessa è una cosa buona.
In origine i programmatori erano costretti a parlare con i COMPUTER usando linguaggi complessi da imparare. Negli anni del COMMODORE e del PRESS PLAY ON TAPE noi NERDONI di un tempo andato imparavamo il BASIC, l’ASSEMBLY, il PASCAL, C, C++ e molto altro ancora.
Oggi stiamo invertendo la rotta…abbiamo chiesto ai nostri sistemi di imparare la nostra maniera di comunicare, di ragionare, di relazionarsi. Non possiamo esaurire questo argomento in un solo articolo, ma spero di avervi messo una pulce nell’orecchio.