Donne di ginepro di Maena Delrio (recensione)

Il libro è una raccolta di tre racconti diversi fra loro, ma con un filo conduttore: le donne, l’amore. Ambientato in Sardegna nel secolo scorso, ci parla di una terra lontana nello spazio e nel tempo.

L’autrice, Maena Delrio, è bravissima e molto coinvolta nel raccontare la storia delle donne della sua terra. Donne molto realistiche: Angela, Rosaria, Celeste e molte altre ancora.

Ogni storia parla di amore e violenza, di pregiudizio e dolore, ma sono tutte storie d’amore. 

Maena Delrio autrice di Donne di ginepro
Maena Delrio autrice di Donne di ginepro

Bellissima la figura della maestra Rita, di umili origini. La sua fortuna nasce dalla possibilità di studiare. Diventa maestra e si trasferisce in…Italia. Qui fa esperienza di vita, conosce altro e cambia prospettiva. Si sente in dovere di ricambiare Dio di questi doni tornando alla terra di provenienza di cui ha un ricordo fin troppo dolce, smussato dalla memoria che tende a cancellare le brutture. 

La sua è impresa disperata: non tanto perché è difficile insegnare a persone così ignoranti a leggere e scrivere, ma per la difficoltà a contribuire al cambiamento di una cultura paesana che condanna la donna stuprata invece che il suo stupratore.

Mariti che tornano ubriachi a casa e picchiano mogli e figli per sfogarsi, violenze domestiche di ogni tipo, ma soprattutto dicerie, condanne plurali di un intero paese arretrato e giudicante.

Tenerissima l’immagine della maestra che legge Alice nel paese delle meraviglie alla sua alunna preferita come fosse una dolcissima mamma.

L’amore, in forme diverse, narrato per far rivivere rapporti filiali, di amicizia, fra sposi. L’amore che unisce, il giudizio che allontana e opprime, la voglia di libertà e la trappola dell’ignoranza.

“A volte le persone muoiono, ma il cuore non lo viene a sapere, e continua a battere imperterrito” – una frase dell’autrice che riassume tutto il dolore di una madre che vede morire il proprio figlio. Nel primo racconto c’è davvero troppo dolore e una serie di sventure insopportabili, ma il tema resta quello dell’amore. Incomprensibili percorsi mentali conducono le donne a scegliere vite faticose e, ai nostri occhi, insopportabili.

Il secondo racconto è la storia di Rosaria e suo marito Aniello. Lei giovane, testarda e pragmatica, lui sognatore e gentile. Lei resta incinta e partorisce durante la guerra in una chiesa che viene bombardata in quel momento. Sua sorella muore mentre la figlia di Rosaria viene alla vita. 

Il marito decide di partire per la guerra, nonostante il suo buon animo. Per anni di lui non si hanno notizie e la moglie, ancora giovane, viene aiutata e corteggiata da un cugino del marito: tale Silverio. A guerra finita da un pezzo, la giovane decide che il marito è ormai morto anche se non ha prove e si concede di nascosto al cugino. Fa celebrare una messa per il marito per lei defunto e ricomincia a vivere.

Al suo ritorno, assolutamente imprevisto, la vita della donna precipita in un baratro. Lui è un morto che cammina, Silverio non sa che fare e la bambina ha paura del padre mentre è sempre sorridente con il cugino. Ad un certo punto Aniello torna a casa e la picchia poi la violenta. 

C’è una frase tremenda che riassume la situazione: “A un marito tradito era concesso tutto, avrebbe potuto ucciderla lì, sul talamo matrimoniale, di fronte a sua figlia e nessuno avrebbe avuto nulla da ridire”. Mostruoso, ma vero. E oggi? A parte l’indignazione di molti, non c’è una percentuale di noi che darebbe ragione al mostro omicida?

Anche la storia di Celeste e Caterina è bellissima e commovente. L’amicizia, l’invidia e le avversità di due donne così simili e così diverse fra loro, l’amore della suora stuprata e tanto altro. Forse il mio racconto preferito fra i tre.

Maena alterna l’italiano al dialetto Sardo con maestria, la scrittura è fluida, mai faticosa anche se le storie narrate sono durissime. La profondità dei personaggi è tutta nel cuore dell’autrice che pare avere una visione del mondo molto chiara, usa il passato per parlare di problemi ancora scottanti, non giudica ma soffre con i suoi personaggi. Una donna che mi ha colpito e che sono curioso di intervistare. 

Si dice che la croce di Cristo fosse fatta di Ginepro, una pianta che simboleggia la forza di chi segue le proprie scelte anche contro il pregiudizio sociale e familiare. Un libro da leggere, sul quale riflettere e del quale parlare ai nostri ragazzi.