Fine pena: ora (recensione)

di Cristina Capuana

Salvatore, gatto selvatico nel suo ambiente è uno dei 242 imputati del maxi processo alla mafia catanese iniziato nel 1985 a Torino; Fassone è il presidente della Corte d’Assise che li giudicherà.

Sono loro i protagonisti di una storia accaduta realmente che da racconto giudicato erroneamente sterile per l’argomento trattato si rivela al contrario un romanzo incredibilmente profondo, intenso e  per certi versi improbabile che da voce tanto alla ragione quanto al cuore.

Fine pena: ora di Elvio Fassone
Fine pena: ora di Elvio Fassone

Due uomini con storie e destini profondamente diversi accomunati da un episodio, il processo appunto, che cambierà le loro vite aggiungendone umanità sia nell’uno che nell’altro altrimenti sconosciuta. Due uomini che attraverso il potente mezzo della scrittura uniranno i loro diversi percorsi già segnati dalle loro origini.

Alla pari, il giudice e l’ergastolano si trovano a scrivere chilometri di inchiostro in lettere che esplorano tutto l’universo sconosciuto e mai approfondito di ciò che per ciascuno è la propria anima. Non a caso il giudice accompagna la sua prima lettera a Salvatore con un libro preso dalla propria biblioteca, Siddartha, in cui nelle ultime pagine Hesse scrive: ‘Mai un uomo, o un atto, è tutto samsara o tutto nirvana, mai un uomo è interamente sano o interamente peccatore.’ Gatto Selvatico gli risponde con parole sgrammaticate e profonde, perdonandolo per la condanna ricevuta  e assicurandogli che seguirà i suoi consigli.

Impressionante è conoscere tutte le regole che reggono il sistema carcerario, il sistema dell’ergastolo “ostativo” attraverso le lettere di Salvatore che rappresentano un documento umano straziante come ad esempio la dicitura che appare sui certificati di detenzione degli ergastolani, 31/12/9999, che traduce il “mai” avverbio in una inquietante data che sottolinea ancora di più l’impossibilità di coltivare il diritto alla speranza, sancito peraltro anche dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo.

Elvio Fassone magistrato e scrittore
Elvio Fassone magistrato e scrittore

È una riflessione amara e nel contempo sinceramente appassionata di una realtà drammatica che si conclude con una frase di Silvia Giacomori che rappresenta un po’ la sua “morale”…il carcere è per gesti che non andavano compiuti ma la persona non è mai tutta in un gesto che compie, buono o cattivo che sia.

Comments

  1. […] Una dei tanti scrittori è una mia grande amica e anche una nostra collaboratrice: Cristina Capuana. […]

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