Recensione: I regni di Nashira – Le spade dei ribelli

Dopo la fuga dal monastero e il terribile incendio causato da Talitha per creare un diversivo, Saiph e la sua padrona si ritrovano a vagare per il pianeta come fuggiaschi. I due hanno un primo incontro con Verba, la millenaria creatura che viene chiamata l’Eretico dalla casta sacerdotale. Questi decide di non aiutarli e fugge lontano in modo che non possano trovarlo perché non ha più fiducia nelle creature che popolano Talaria.

Il gesto estremo di Talitha viene attribuito erroneamente a Saiph che viene considerato il primo schiavo ribelle e, quindi, un eroe. Gli ex schiavi femtiti si uniscono per combattere contro il popolo oppressore e diventano a loro volta dei carnefici senza scrupoli.

Talitha, conosciuta parte degli orrori a cui il suo popolo ha per secoli sottoposto i propri schiavi, si ribella al sistema e decide di combattere per la causa femtita contro il suo stesso sangue talarita.

La guerra trasfigurerà la giovane che perderà il controllo di sé alla ricerca della violenza e della vendetta. Saiph, invece, sceglierà di separarsi dalla sua amata padrona per cercare nuovamente Verba e chiedergli come fermare Cetus, uno dei due soli, prima che il mondo venga distrutto.

Saiph scoprirà un mondo sconfinato, una storia del pianeta diversa da quella che ha sempre conosciuto e una verità sconvolgente lo porterà ad avere un ruolo determinante nella storia. Talitha, dal canto suo, avrà modo di comprendere fino in fondo l’errore commesso nel dedicarsi all’odio e la vendetta come scopo primario.

La storia è bellissima, veloce e meno oscura di altri romanzi della Troisi. Si legge in un baleno e fa venir voglia che sia pronto il prossimo capitolo della saga.