IL PALADINO – Capitolo 18 – La profezia del fuoco

Chiude la saga di StormWind il capitolo 18 de IL PALADINO…buona lettura…a prestissimo la versione PDF scaricabile…anche se attendiamo la prosecuzione.

Naemor il paladino – audiolibro

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Ero proprio io.
“Chi è codesta dama?” mi domandò Khadgar alla mia sinistra, mentre combattevamo i non-morti.
“La mia donna” risposi senza pensarci.
“Donne?” tuonò Turalyon alla mia sinistra “meglio lasciarle per dopo il combattimento…durante non è cosa saggia”
“Eppure vedo che tu rimani sempre al fianco della tua” disse Alleria, scagliando una quantità industriale di frecce verso i nemici da dietro il grande generale.
“Non è il momento di cianciare!” urlò Danath dall’altro lato dell’esercito “Siamo quasi vicini alla vittoria!”
“Non vi ringrazierò mai abbastanza” sussurrai mentre colpivo due ghoul.
“Non devi, giovane paladino” rispose Khadgar “piuttosto siamo noi in debito con te…intrappolati in quel mondo con tanti rimorsi…adesso abbiamo la possibilità di riscattarci, per poi, andare a riposare in pace, com’è giusto che sia”
L’esercito fantasma con il quale combattevo ingaggiò una furiosa battaglia coi non-morti, che, avvertiti dal pericolo, si erano ritirati dalla città e stavano incentrando le loro forze per contrastarci. Erano rimasti almeno in duemila mentre noi eravamo solo cinquecento; ma avevamo combattenti che valevano per dieci. L’odio represso da tempo, il loro rimorso, la loro voglia di riscatto, guidò i fantasmi di coloro che erano caduti su Draenor a combattere ardentemente per dare un futuro al futuro stesso. Chi moriva, o meglio, raggiungeva il cielo, svaniva nel vento come in mille bolle, con volto soddisfatto, alzando la spada in aria e urlando: “Per Lothar!”. I non-morti, i nuovi nemici, non ebbero scampo contro le armate di Lothar, i vecchi buoni. Morirono quasi tutti, tra la sorpresa dell’arrivo di questi nuovi alleati, e la stanchezza per una battaglia che ormai continuava da molto tempo. Molti altri riuscirono a fuggire e a salvarsi la vita, scappando a gambe levate. Ho sempre pensato che i non-morti facessero paura soltanto per il numero, che per altro. Io stesso, pieno di vigore mi scagliavo sui nemici tanto odiati e ne tranciavo di netto i loro corpi.
E mentre il sole al tramonto colorava tutto d’arancione sulla distrutta foresta Elwynn e sulle distrutte mura, cambiando definitivamente l’aspetto di quel luogo, forse per ricordo in seguito degli eventi di quel giorno, l’ultimo nemico periva, sotto le lame furenti di quelli che un tempo scrissero la storia.
“Abbiamo fatto ciò che dovevamo” disse Khadgar in tono solenne mentre tutto l’esercito si stringeva intorno a me “siamo stati liberati dall’inferno dove eravamo, e ora andremo finalmente a riposare in pace, nelle tombe che ci spettano. Grazie infinite, Naemor” e guardò verso la statua che era stata eretta in suo onore.
“Avete salvato anche il futuro, grande Khadgar” dissi “se ora possiamo continuare a vivere è solo per merito vostro. Grazie infinite.”
“Per una generazione che va, una che viene” disse allora Turalyon “Raggiungerò finalmente il mio maestro Lothar. E spero che anche tu, tra tantissimi anni, potrai rincontrare il tuo maestro Uther in un luogo migliore. Ora che abbiamo fatto ciò che dovevamo, il richiamo dell’aldilà ci trascina via…”
“Grazie ancora, Naemor. Che tu possa guidare con saggezza il tuo popolo” disse Khadgar, mentre, come se portato dal vento, si dissolse nell’aria come polvere insieme all’esercito. Prima di scomparire, o meglio, di risposare in pace, tutti gridarono:
“Per l’Alleanza! Per Lothar!”
Rimasi solo in quel paesaggio desolato, camminai poco per stendendomi a terra esausto tra le statue di quegli stessi eroi che poco prima erano li, e contemplai il cielo, felice dalla vittoria, mentre in città si sentiva un unico urlo:
“Abbiamo vinto!”
Mi alzai subito di scatto ricordandomi delle parole di Khadgar, allorché attraversammo il portale, che sigillò.
“Ora ho posto un sigillo temporaneo, Naemor; ma c’è bisogno di un Incanto Fulax per distruggerlo definitivamente, entro la mezzanotte. E stavolta non fallirà.”
Arrivarono Doroty, il reggente e tutti i soldati di Stormwind ebbri di vittoria.
“Naemor! Devi spiegarmi un sacco di cose!” disse Doroty sorridendomi.
“Anche a me!” disse il reggente completamente stordito e disorientato.
“Tempo al tempo, Doroty…ora al portale!” dissi evocando il cavallo e invitando Doroty ad imitarmi.
“Cosa dobbiamo fare?”
“Khadgar…”iniziai.
“Quel Khadgar?” disse il reggente in preda allo sbalordimento, indicando la statua dietro di lui.
“No lui in carne e ossa…cioè…vabbè! Ha detto che devi distruggerlo una volta per tutte entro la mezzanotte, ti spiegherò tutto per la strada.”

Cominciammo così a cavalcare attraverso i resti dei non-morti e il loro accampamento completamente distrutto da noi, per poi puntare dritto verso Goldshire, mentre la gioia dei soldati di Stormwind si placò quando iniziarono a fare conteggio dei morti.
“Adesso mi devi rivelare tutto…pensavo che fossi morto, non sai quanto ho pianto…” disse Doroty.
“Davvero hai pianto per me?” dissi senza pensarci. “Comunque è accaduto tutto molto rapidamente. Una volta dentro il portale mi sono sentito malissimo, si, ma non ho sentito alcun punto del mio corpo esplodere. Atterrai con un tonfo doloroso dall’altro lato, e mi trovai…indovina?”
“A Lordaeron? Nel limbo infernale?”
“A Draenor!”
“Cosa??” disse sbalordita.
“Non è distrutto come pianeta. Ci sono pezzi mancanti, intere pianure e montagne che vagano per lo spazio incontaminato, ma come pianeta regge la vita, infatti ci sono tantissimi animali strani, ma molto più aggressivi e potenti di quelli di questo mondo. Nonostante ciò ci sono tantissime tempeste di meteoriti, terremoti, una sorta di vulcani che eruttano magma di un colore tra il verde e il giallo. Insomma, atterrai nel bel mezzo di una di queste tempeste, e sfortunatamente un piccolo pezzo di meteorite, o quel che era, mi colpì al capo e svenni. Mi svegliai qualche ora più tardi, credo, ritrovandomi nel bel mezzo di un deserto di una strana sabbia rossa. Notai che il paesaggio era sempre lo stesso, ma non riuscivo a intravedere il portale; fulmini, vento forte, scosse di terremoto, e pezzi di terra vaganti per l’atmosfera si scagliavano contro delle alte montagne situate molto lontano da me, quasi alla fine di quella sorta di deserto. Mi colpì però un’alta montagna, sulla quale c’era un bel castello tipico delle nostre genti. Preso così alla sprovvista, pensai scioccamente di essere tornato indietro nel tempo, e decisi di raggiungere quel castello. Al suo interno c’erano molte palazzine, tra cui una caserma, un fabbro, una taverna, una torre, ma tutte erano in pessimo stato. E tutte erano disabitate. Io, da parte mia, ero stanchissimo e affamato e avevo perso ogni cognizione temporale. Pensando che quello fosse un semplice villaggio abbandonato decisi di camminare ancora verso sud, poiché dall’altura dove era disposto quel castello sembrava proprio che in quella direzione ci fosse qualcosa. Arrivato sul posto, qualcosa effettivamente c’era, ma era un altro villaggio completamente vuoto, e disabitato se non per quelle strane bestie che ora che ci penso assomigliano tanto ai cinghiali. Insoddisfatto decisi di camminare ancora verso ovest, per qualche giorno, o anche meno, non so. Ma arrivai al confine tra questo deserto e una strana foresta formata non da alberi ma da funghi giganti. Decisi di non proseguire, per non lasciare la regione dove si trovava il portale, che volevo riattraversare, ma di cui non sapevo la posizione esatta. Così tornai indietro per una strada più a nord ed arrivai a un’altra fortificazione: questo castello però non era come quelli tipici degli umani, ma di diversa fattura, e apparentemente sembrava anche questo disabitato. Continuai a girovagare per non so quanto altro tempo, e sentivo che stesse per sopraggiungere la morte: affamato, stanco, distrutto coi nervi, decisi di affrontare una di quelle bestie e di mangiarne la carne. Pensa a che punto ero arrivato! La carne comunque, era buona, se arrostita su un fuoco che accessi con qualche pietra. E non mi ha portato alcun effetto collaterale. Ma il problema era l’acqua, dove potevo bere in un luogo così deserto? Decisi, non so perché, di tornare verso quella cittadella disabitata disposta su una altura. Giunto lì scoprii un cartello dentro la cittadina che precedentemente non avevo notato, e che diceva a grandi lettere: “Honor Hold”. Mi tranquillizzai ma rabbrividii al tempo stesso: c’erano stati degli umani, sicuramente, ma ora che fine avevano fatto?Mi avventurai nella caserma, e decisi di esplorarne le cantine, dove solitamente si tengono le riserve di cibo e di acqua. Dovetti affrontare solo polvere, ragni e topi, ma tutto era in buono stato. Non il cibo, ovviamente. Quello era proprio da voltastomaco, ma l’acqua c’era, e mio malgrado, benché mostrasse d’essere veramente lì da chissà quanto tempo, la bevvi. Rifocillato, pensai che dovevo esplorare tutta quella regione per scoprire dove fosse situato il portale. Poi, un giorno, ti ripeto, non so bene quando perché persi ogni concezione temporale dato che lì sembrava esserci il giorno sempre, mentre ero seduto sulla torre di quel villaggio, guardando verso sud, dove c’era l’altro villaggio distrutto, vidi uno scintillio. Mi alzai di scatto e guardai meglio: il fenomeno accadde di nuovo, come se qualcuno avesse fatto scintillare la propria arma nella luce. Sperando fosse qualcosa di vivo, mi posizionai anche io alla luce del sole, e feci scintillare la mia spada. Tremai di paura. Subito la cittadella si riempì di fantasmi, tutti bardati per la guerra. Subito si levarono mormorii da cavalieri e fanti che si erano lì materializzati, e sembravano parlassero tra di loro molto eccitati. Poi tutti videro me, che ero vivo, e quattro figure emersero tra la folla che riempiva la città, e mi vennero vicino. Erano un mago anziano, due uomini, uno dei quali con l’armatura tipica di un paladino, e un’elfa.
“Sei stato tu, giovane, a richiamarci?” mi domandò l’anziano. Solo allora riconobbi il suo viso…l’avevo visto disegnato su tanti libri…
“Io…lei è Khadgar?”
“Si, in persona. O meglio, come fantasma. E questi sono i miei compagni di sventura, Danath Trollbane, Alleria Windrunner e Turalyon.” Ognuno di loro mi salutò a suo modo.
“Siamo curiosi di sapere, dato che sei l’unico essere vivo nel raggio di migliaia e migliaia di chilometri, come hai fatto a evocarci.”
“Evocarvi? Io, messere, sono caduto in questo mondo attraversando un portale oscuro, ma mi sono perso e vago qui da giorni. Quando ho letto che questo posto si chiama “Honor Hold” ho capito che mi trovavo a Draenor, dove voi avete condotto la spedizione militare contro l’Orda. Ma non ne siete tornati vivi….eppure ci siete, come è possibile?”risposi.
Khadgar sorrise.
“E allora, per redimerli, colui dotato della spada leggendaria, che fuoco contrapporrà al ghiaccio, colui che unirà i due regni, tornerà per salvare le anime di coloro che peccarono di superbia.” Disse recitando un verso di qualche poesia.
“E’ una profezia” mi spiegò “non l’hai mai sentita tutta?”
“Su una leggenda su di voi? No. Ma ancora non capisco…”

A quel punto mi interruppe Doroty:
“E’ vero, l’ultima profezia di Medivh…ma era così stramba che nessuno gli credette. Anche io fino a qualche secondo fa pensavo non fosse reale.”

“Vedi, giovane paladino” disse Khadgar “noi eravamo un tempo la grande armata che arrivò qui per sterminare l’Orda. Per sradicarla da ogni mondo. Ma qualcosa andò storto. Pur avendo vinto, gli orchi superstiti aprirono molti portali verso altri mondi per sfuggirci. Ma tutta questa magia mandò in collasso questo mondo, che non sopportò oltre. Decidemmo di distruggere il portale da qui, con alcuni artefatti magici, e così facemmo convinti che Azeroth non avrebbe subito il contraccolpo derivante dalla tremenda esplosione. Così facemmo, e mentre il mondo stava per esplodere decidemmo in fretta e furia di gettarci in uno dei portali e affrontare il destino. Non entrammo mai in quel portale, perché il tempo a nostra disposizione finì. E non sopravvivemmo, come invece una piccola porzione di queste terre ha fatto, nonostante non ci siano più i mari. Ma proprio prima della spedizione, poco prima che io stesso uccidessi Medivh, in preda allo spirito di Sargeras, egli fece una strana profezia, che nessuno pensò fosse vera:
“Gli umani presi dalla loro follia, spinti dalla loro superbia, dal loro orgoglio, entreranno ove si staglia la natia terra della morte stessa. Falliranno, grande di loro ma triste sarà il ricordo, ma moriranno in modo orribile. E allora, per redimerli, colui dotato della spada leggendaria, che fuoco contrapporrà al ghiaccio, colui che unirà i due regni, tornerà per salvare le anime di coloro che peccarono di superbia, affinché espiassero la loro causa di morte.”

L’aveva fatta qualche giorno prima nella sua torre a Karazhan, ma nessuno gli aveva creduto, perché già sapevamo della sua follia.
Solo in punto di morte, la comprendemmo in pieno. Solo quando mesi e mesi dopo fronteggiammo la morte. Una volta morti, rimanemmo bloccati in questo mondo sottoforma di spirito, costretti da quella stessa profezia, a non riposare in pace, e ripercorrere per sempre gli ultimi nostri momenti di vita. Ma come vedi, la profezia voleva che ci fosse un salvatore, e pare proprio che sia tu, con la tua spada…”
“Io?” chiesi sbalordito.
“Tu magari non avrai nulla di speciale, e neanche la profezia potrebbe renderti tale. Ma la tua spada si.”
Io, che fino a quel momento consideravo la mia bella spada come una delle tante, non seppi dire da dove avesse preso tutta quella leggendarietà. Poi, ripetendo a me stesso i versi della profezia che mi riguardavano, o meglio, riguardavano la spada e cioè: “…dotato della spada leggendaria, che fuoco contrapporrà al ghiaccio…” capii.
“Fuoco al ghiaccio. La mia spada l’ho rinominata Firemourne, contrapposta a Frostmourne…può esistere un collegamento con questa cosa così banale?”
“Non so dirti, ma pare proprio di si. Aspettavamo da tempo qualcuno che ci liberasse da questo tremendo stato.”

Doroty mi interruppe ancora:
“Straordinario, nessuno ritenne vera quella profezia, eppure…”
“Medivh ha fatto qualcosa di buono anche quando era in vita, allora.”
“Pare di si…se ripeti bene quei versi c’è un altro pezzetto che però non si è avverato ancora…comunque continua pure…”

“Si…a quel punto Khadgar mi chiese chi avesse forgiato quella spada.
“A Theramore, dal fabbro di quella cittadina. Ma sicuramente lei non conoscerà questa città.”
“Infatti. Dove si trova?”
“A Kalimdor, sotto il governo di Jaina Proudmoore.”
“La piccola Jaina, figlia dell’ammiraglio? A Kalimdor, e dov’è? Allora non è passato poi così tanto tempo…”
“Più di vent’anni…”
“Comunque sia, ora siamo ai tuoi ordini. Non moriremo finchè, in un modo o nell’altro, serviremo ancora la causa degli umani.”
A quel punto è facile capire cosa io possa aver fatto. Raccontati brevemente i fatti di maggior importanza dalla loro scomparsa fino al presente, decisi che mi avrebbero aiutato nella lotta contro i non-morti. Immaginavo che Stormwind fosse stata attaccata, così decisi di venire a dare manforte proprio con loro, e se la mia supposizione si sarebbe rivelata falsa, pensai che avrebbero potuto darci una mano a Lordaeron. L’esercito si riunì, e partimmo verso il portale che Khadgar ricordava ancora dove fosse. L’attraversammo, e allora il grande mago si fermò un momento a contemplarlo:
“Eccolo” disse “il dannato portale per cui tanto abbiamo sofferto. Voglio ancora una volta ripetere gli stessi incantesimi che quel fatidico giorno usai per distruggerlo dall’altro lato. Anche se spirito, sono sempre il più grande mago di tutti i tempi”
A quel punto fece delle stranissime magie, che disse di aver preso e ricordato dal Libro di Medivh; . Il portale non si distrusse, ma i vortici al suo interno si fermarono.
“Adesso” disse il mago “poiché sono spirito non posso usare l’Incanto Fulax, il più potente che ci sia. Un colpo ben assestato garantirà la fine di quest’ammasso di roccia. Avete un Guardiano di Tirisfal no?”
“Ora abbiamo l’Arcimago Supremo. E’ la stessa cosa.”
“Bene, speriamo solo che sappia usarlo”
“Oh, sicuro che sa usarlo.” Risposi “Ma non serviva anche un altro artefatto?”
“Si…ma quel teschio non so che fine abbia fatto….è comunque un”altra cosa che mi rimprovero, perché avrei potuto fare a meno di usarlo anche all’epoca, ma in quel caso sarei morto. Ma siccome potevo ancora sopravvivere, sciocco com’ero, decisi di utilizzare un’altra via…meno potente, meno rischiosa. E meno efficace. Se fossi morto all’epoca…”
Raggiungemmo Stormwind e attaccammo i non-morti. Si scagliarono con una furia immensa, ed erano quasi felici di poter porre fine alla loro esistenza, finalmente, e di aiutare ancora una volta gli umani. E ora riposano in pace”
“Che storia…”commentò Doroty “Medivh…tutto sempre intorno a lui….con quella profezia ha si dannato i suoi stessi simili, ma li ha anche dato un importante arma per il futuro…e tu…mi chiedo cosa ti abbia legato alla profezia. In fondo la spada è stata forgiata a Theramore e tu gli hai dato questo nome…”
“Proprio questo penso che sia bastato. Senza contare…”
“Cosa?”
“Mio nonno, che portava il mio stesso nome…era anche lui uno dei generali in quella spedizione…”
“Capisco…c’era qualcosa allora di concreto legato a te…”
“Le profezie restano un mistero per me…non le capirò mai”
“Per questo sono profezie” disse Doroty.
Intanto s’era fatta sera, e avevamo raggiunto il portale.
“Finirà tutto in un attimo”
Scese da cavallo, si avvicinò e puntò la staffa verso il portale.
“Kaleo Fulaca!”
La stessa sensazione già provata mi invase: un dolce senso di sollievo, un senso di nuova speranza provocate da quell’incanto nascevano in me, mentre tutto si colorava di bianco. Passato, ecco il portale ridotto a brandelli, ora un grande ammasso di squallide pietre. E mi ricordai altre parole che mi aveva detto Khadgar:
“E quando butterete giù per sempre questo colosso, ricordatevi di noi, anche se abbiamo peccato.”
Alzai il viso verso il cielo stellato, e sussurrai di cuore un debole: grazie.
Capitolo 18- La profezia del fuoco
Ero proprio io.
“Chi è codesta dama?” mi domandò Khadgar alla mia sinistra, mentre combattevamo i non-morti.
“La mia donna” risposi senza pensarci.
“Donne?” tuonò Turalyon alla mia sinistra “meglio lasciarle per dopo il combattimento…durante non è cosa saggia”
“Eppure vedo che tu rimani sempre al fianco della tua” disse Alleria, scagliando una quantità industriale di frecce verso i nemici da dietro il grande generale.
“Non è il momento di cianciare!” urlò Danath dall’altro lato dell’esercito “Siamo quasi vicini alla vittoria!”
“Non vi ringrazierò mai abbastanza” sussurrai mentre colpivo due ghoul.
“Non devi, giovane paladino” rispose Khadgar “piuttosto siamo noi in debito con te…intrappolati in quel mondo con tanti rimorsi…adesso abbiamo la possibilità di riscattarci, per poi, andare a riposare in pace, com’è giusto che sia”
L’esercito fantasma con il quale combattevo ingaggiò una furiosa battaglia coi non-morti, che, avvertiti dal pericolo, si erano ritirati dalla città e stavano incentrando le loro forze per contrastarci. Erano rimasti almeno in duemila mentre noi eravamo solo cinquecento; ma avevamo combattenti che valevano per dieci. L’odio represso da tempo, il loro rimorso, la loro voglia di riscatto, guidò i fantasmi di coloro che erano caduti su Draenor a combattere ardentemente per dare un futuro al futuro stesso. Chi moriva, o meglio, raggiungeva il cielo, svaniva nel vento come in mille bolle, con volto soddisfatto, alzando la spada in aria e urlando: “Per Lothar!”. I non-morti, i nuovi nemici, non ebbero scampo contro le armate di Lothar, i vecchi buoni. Morirono quasi tutti, tra la sorpresa dell’arrivo di questi nuovi alleati, e la stanchezza per una battaglia che ormai continuava da molto tempo. Molti altri riuscirono a fuggire e a salvarsi la vita, scappando a gambe levate. Ho sempre pensato che i non-morti facessero paura soltanto per il numero, che per altro. Io stesso, pieno di vigore mi scagliavo sui nemici tanto odiati e ne tranciavo di netto i loro corpi.
E mentre il sole al tramonto colorava tutto d’arancione sulla distrutta foresta Elwynn e sulle distrutte mura, cambiando definitivamente l’aspetto di quel luogo, forse per ricordo in seguito degli eventi di quel giorno, l’ultimo nemico periva, sotto le lame furenti di quelli che un tempo scrissero la storia.
“Abbiamo fatto ciò che dovevamo” disse Khadgar in tono solenne mentre tutto l’esercito si stringeva intorno a me “siamo stati liberati dall’inferno dove eravamo, e ora andremo finalmente a riposare in pace, nelle tombe che ci spettano. Grazie infinite, Naemor” e guardò verso la statua che era stata eretta in suo onore.
“Avete salvato anche il futuro, grande Khadgar” dissi “se ora possiamo continuare a vivere è solo per merito vostro. Grazie infinite.”
“Per una generazione che va, una che viene” disse allora Turalyon “Raggiungerò finalmente il mio maestro Lothar. E spero che anche tu, tra tantissimi anni, potrai rincontrare il tuo maestro Uther in un luogo migliore. Ora che abbiamo fatto ciò che dovevamo, il richiamo dell’aldilà ci trascina via…”
“Grazie ancora, Naemor. Che tu possa guidare con saggezza il tuo popolo” disse Khadgar, mentre, come se portato dal vento, si dissolse nell’aria come polvere insieme all’esercito. Prima di scomparire, o meglio, di risposare in pace, tutti gridarono:
“Per l’Alleanza! Per Lothar!”
Rimasi solo in quel paesaggio desolato, camminai poco per stendendomi a terra esausto tra le statue di quegli stessi eroi che poco prima erano li, e contemplai il cielo, felice dalla vittoria, mentre in città si sentiva un unico urlo:
“Abbiamo vinto!”
Mi alzai subito di scatto ricordandomi delle parole di Khadgar, allorché attraversammo il portale, che sigillò.
“Ora ho posto un sigillo temporaneo, Naemor; ma c’è bisogno di un Incanto Fulax per distruggerlo definitivamente, entro la mezzanotte. E stavolta non fallirà.”
Arrivarono Doroty, il reggente e tutti i soldati di Stormwind ebbri di vittoria.
“Naemor! Devi spiegarmi un sacco di cose!” disse Doroty sorridendomi.
“Anche a me!” disse il reggente completamente stordito e disorientato.
“Tempo al tempo, Doroty…ora al portale!” dissi evocando il cavallo e invitando Doroty ad imitarmi.
“Cosa dobbiamo fare?”
“Khadgar…”iniziai.
“Quel Khadgar?” disse il reggente in preda allo sbalordimento, indicando la statua dietro di lui.
“No lui in carne e ossa…cioè…vabbè! Ha detto che devi distruggerlo una volta per tutte entro la mezzanotte, ti spiegherò tutto per la strada.”

Cominciammo così a cavalcare attraverso i resti dei non-morti e il loro accampamento completamente distrutto da noi, per poi puntare dritto verso Goldshire, mentre la gioia dei soldati di Stormwind si placò quando iniziarono a fare conteggio dei morti.
“Adesso mi devi rivelare tutto…pensavo che fossi morto, non sai quanto ho pianto…” disse Doroty.
“Davvero hai pianto per me?” dissi senza pensarci. “Comunque è accaduto tutto molto rapidamente. Una volta dentro il portale mi sono sentito malissimo, si, ma non ho sentito alcun punto del mio corpo esplodere. Atterrai con un tonfo doloroso dall’altro lato, e mi trovai…indovina?”
“A Lordaeron? Nel limbo infernale?”
“A Draenor!”
“Cosa??” disse sbalordita.
“Non è distrutto come pianeta. Ci sono pezzi mancanti, intere pianure e montagne che vagano per lo spazio incontaminato, ma come pianeta regge la vita, infatti ci sono tantissimi animali strani, ma molto più aggressivi e potenti di quelli di questo mondo. Nonostante ciò ci sono tantissime tempeste di meteoriti, terremoti, una sorta di vulcani che eruttano magma di un colore tra il verde e il giallo. Insomma, atterrai nel bel mezzo di una di queste tempeste, e sfortunatamente un piccolo pezzo di meteorite, o quel che era, mi colpì al capo e svenni. Mi svegliai qualche ora più tardi, credo, ritrovandomi nel bel mezzo di un deserto di una strana sabbia rossa. Notai che il paesaggio era sempre lo stesso, ma non riuscivo a intravedere il portale; fulmini, vento forte, scosse di terremoto, e pezzi di terra vaganti per l’atmosfera si scagliavano contro delle alte montagne situate molto lontano da me, quasi alla fine di quella sorta di deserto. Mi colpì però un’alta montagna, sulla quale c’era un bel castello tipico delle nostre genti. Preso così alla sprovvista, pensai scioccamente di essere tornato indietro nel tempo, e decisi di raggiungere quel castello. Al suo interno c’erano molte palazzine, tra cui una caserma, un fabbro, una taverna, una torre, ma tutte erano in pessimo stato. E tutte erano disabitate. Io, da parte mia, ero stanchissimo e affamato e avevo perso ogni cognizione temporale. Pensando che quello fosse un semplice villaggio abbandonato decisi di camminare ancora verso sud, poiché dall’altura dove era disposto quel castello sembrava proprio che in quella direzione ci fosse qualcosa. Arrivato sul posto, qualcosa effettivamente c’era, ma era un altro villaggio completamente vuoto, e disabitato se non per quelle strane bestie che ora che ci penso assomigliano tanto ai cinghiali. Insoddisfatto decisi di camminare ancora verso ovest, per qualche giorno, o anche meno, non so. Ma arrivai al confine tra questo deserto e una strana foresta formata non da alberi ma da funghi giganti. Decisi di non proseguire, per non lasciare la regione dove si trovava il portale, che volevo riattraversare, ma di cui non sapevo la posizione esatta. Così tornai indietro per una strada più a nord ed arrivai a un’altra fortificazione: questo castello però non era come quelli tipici degli umani, ma di diversa fattura, e apparentemente sembrava anche questo disabitato. Continuai a girovagare per non so quanto altro tempo, e sentivo che stesse per sopraggiungere la morte: affamato, stanco, distrutto coi nervi, decisi di affrontare una di quelle bestie e di mangiarne la carne. Pensa a che punto ero arrivato! La carne comunque, era buona, se arrostita su un fuoco che accessi con qualche pietra. E non mi ha portato alcun effetto collaterale. Ma il problema era l’acqua, dove potevo bere in un luogo così deserto? Decisi, non so perché, di tornare verso quella cittadella disabitata disposta su una altura. Giunto lì scoprii un cartello dentro la cittadina che precedentemente non avevo notato, e che diceva a grandi lettere: “Honor Hold”. Mi tranquillizzai ma rabbrividii al tempo stesso: c’erano stati degli umani, sicuramente, ma ora che fine avevano fatto?Mi avventurai nella caserma, e decisi di esplorarne le cantine, dove solitamente si tengono le riserve di cibo e di acqua. Dovetti affrontare solo polvere, ragni e topi, ma tutto era in buono stato. Non il cibo, ovviamente. Quello era proprio da voltastomaco, ma l’acqua c’era, e mio malgrado, benché mostrasse d’essere veramente lì da chissà quanto tempo, la bevvi. Rifocillato, pensai che dovevo esplorare tutta quella regione per scoprire dove fosse situato il portale. Poi, un giorno, ti ripeto, non so bene quando perché persi ogni concezione temporale dato che lì sembrava esserci il giorno sempre, mentre ero seduto sulla torre di quel villaggio, guardando verso sud, dove c’era l’altro villaggio distrutto, vidi uno scintillio. Mi alzai di scatto e guardai meglio: il fenomeno accadde di nuovo, come se qualcuno avesse fatto scintillare la propria arma nella luce. Sperando fosse qualcosa di vivo, mi posizionai anche io alla luce del sole, e feci scintillare la mia spada. Tremai di paura. Subito la cittadella si riempì di fantasmi, tutti bardati per la guerra. Subito si levarono mormorii da cavalieri e fanti che si erano lì materializzati, e sembravano parlassero tra di loro molto eccitati. Poi tutti videro me, che ero vivo, e quattro figure emersero tra la folla che riempiva la città, e mi vennero vicino. Erano un mago anziano, due uomini, uno dei quali con l’armatura tipica di un paladino, e un’elfa.
“Sei stato tu, giovane, a richiamarci?” mi domandò l’anziano. Solo allora riconobbi il suo viso…l’avevo visto disegnato su tanti libri…
“Io…lei è Khadgar?”
“Si, in persona. O meglio, come fantasma. E questi sono i miei compagni di sventura, Danath Trollbane, Alleria Windrunner e Turalyon.” Ognuno di loro mi salutò a suo modo.
“Siamo curiosi di sapere, dato che sei l’unico essere vivo nel raggio di migliaia e migliaia di chilometri, come hai fatto a evocarci.”
“Evocarvi? Io, messere, sono caduto in questo mondo attraversando un portale oscuro, ma mi sono perso e vago qui da giorni. Quando ho letto che questo posto si chiama “Honor Hold” ho capito che mi trovavo a Draenor, dove voi avete condotto la spedizione militare contro l’Orda. Ma non ne siete tornati vivi….eppure ci siete, come è possibile?”risposi.
Khadgar sorrise.
“E allora, per redimerli, colui dotato della spada leggendaria, che fuoco contrapporrà al ghiaccio, colui che unirà i due regni, tornerà per salvare le anime di coloro che peccarono di superbia.” Disse recitando un verso di qualche poesia.
“E’ una profezia” mi spiegò “non l’hai mai sentita tutta?”
“Su una leggenda su di voi? No. Ma ancora non capisco…”

A quel punto mi interruppe Doroty:
“E’ vero, l’ultima profezia di Medivh…ma era così stramba che nessuno gli credette. Anche io fino a qualche secondo fa pensavo non fosse reale.”

“Vedi, giovane paladino” disse Khadgar “noi eravamo un tempo la grande armata che arrivò qui per sterminare l’Orda. Per sradicarla da ogni mondo. Ma qualcosa andò storto. Pur avendo vinto, gli orchi superstiti aprirono molti portali verso altri mondi per sfuggirci. Ma tutta questa magia mandò in collasso questo mondo, che non sopportò oltre. Decidemmo di distruggere il portale da qui, con alcuni artefatti magici, e così facemmo convinti che Azeroth non avrebbe subito il contraccolpo derivante dalla tremenda esplosione. Così facemmo, e mentre il mondo stava per esplodere decidemmo in fretta e furia di gettarci in uno dei portali e affrontare il destino. Non entrammo mai in quel portale, perché il tempo a nostra disposizione finì. E non sopravvivemmo, come invece una piccola porzione di queste terre ha fatto, nonostante non ci siano più i mari. Ma proprio prima della spedizione, poco prima che io stesso uccidessi Medivh, in preda allo spirito di Sargeras, egli fece una strana profezia, che nessuno pensò fosse vera:
“Gli umani presi dalla loro follia, spinti dalla loro superbia, dal loro orgoglio, entreranno ove si staglia la natia terra della morte stessa. Falliranno, grande di loro ma triste sarà il ricordo, ma moriranno in modo orribile. E allora, per redimerli, colui dotato della spada leggendaria, che fuoco contrapporrà al ghiaccio, colui che unirà i due regni, tornerà per salvare le anime di coloro che peccarono di superbia, affinché espiassero la loro causa di morte.”

L’aveva fatta qualche giorno prima nella sua torre a Karazhan, ma nessuno gli aveva creduto, perché già sapevamo della sua follia.
Solo in punto di morte, la comprendemmo in pieno. Solo quando mesi e mesi dopo fronteggiammo la morte. Una volta morti, rimanemmo bloccati in questo mondo sottoforma di spirito, costretti da quella stessa profezia, a non riposare in pace, e ripercorrere per sempre gli ultimi nostri momenti di vita. Ma come vedi, la profezia voleva che ci fosse un salvatore, e pare proprio che sia tu, con la tua spada…”
“Io?” chiesi sbalordito.
“Tu magari non avrai nulla di speciale, e neanche la profezia potrebbe renderti tale. Ma la tua spada si.”
Io, che fino a quel momento consideravo la mia bella spada come una delle tante, non seppi dire da dove avesse preso tutta quella leggendarietà. Poi, ripetendo a me stesso i versi della profezia che mi riguardavano, o meglio, riguardavano la spada e cioè: “…dotato della spada leggendaria, che fuoco contrapporrà al ghiaccio…” capii.
“Fuoco al ghiaccio. La mia spada l’ho rinominata Firemourne, contrapposta a Frostmourne…può esistere un collegamento con questa cosa così banale?”
“Non so dirti, ma pare proprio di si. Aspettavamo da tempo qualcuno che ci liberasse da questo tremendo stato.”

Doroty mi interruppe ancora:
“Straordinario, nessuno ritenne vera quella profezia, eppure…”
“Medivh ha fatto qualcosa di buono anche quando era in vita, allora.”
“Pare di si…se ripeti bene quei versi c’è un altro pezzetto che però non si è avverato ancora…comunque continua pure…”

“Si…a quel punto Khadgar mi chiese chi avesse forgiato quella spada.
“A Theramore, dal fabbro di quella cittadina. Ma sicuramente lei non conoscerà questa città.”
“Infatti. Dove si trova?”
“A Kalimdor, sotto il governo di Jaina Proudmoore.”
“La piccola Jaina, figlia dell’ammiraglio? A Kalimdor, e dov’è? Allora non è passato poi così tanto tempo…”
“Più di vent’anni…”
“Comunque sia, ora siamo ai tuoi ordini. Non moriremo finchè, in un modo o nell’altro, serviremo ancora la causa degli umani.”
A quel punto è facile capire cosa io possa aver fatto. Raccontati brevemente i fatti di maggior importanza dalla loro scomparsa fino al presente, decisi che mi avrebbero aiutato nella lotta contro i non-morti. Immaginavo che Stormwind fosse stata attaccata, così decisi di venire a dare manforte proprio con loro, e se la mia supposizione si sarebbe rivelata falsa, pensai che avrebbero potuto darci una mano a Lordaeron. L’esercito si riunì, e partimmo verso il portale che Khadgar ricordava ancora dove fosse. L’attraversammo, e allora il grande mago si fermò un momento a contemplarlo:
“Eccolo” disse “il dannato portale per cui tanto abbiamo sofferto. Voglio ancora una volta ripetere gli stessi incantesimi che quel fatidico giorno usai per distruggerlo dall’altro lato. Anche se spirito, sono sempre il più grande mago di tutti i tempi”
A quel punto fece delle stranissime magie, che disse di aver preso e ricordato dal Libro di Medivh; . Il portale non si distrusse, ma i vortici al suo interno si fermarono.
“Adesso” disse il mago “poiché sono spirito non posso usare l’Incanto Fulax, il più potente che ci sia. Un colpo ben assestato garantirà la fine di quest’ammasso di roccia. Avete un Guardiano di Tirisfal no?”
“Ora abbiamo l’Arcimago Supremo. E’ la stessa cosa.”
“Bene, speriamo solo che sappia usarlo”
“Oh, sicuro che sa usarlo.” Risposi “Ma non serviva anche un altro artefatto?”
“Si…ma quel teschio non so che fine abbia fatto….è comunque un”altra cosa che mi rimprovero, perché avrei potuto fare a meno di usarlo anche all’epoca, ma in quel caso sarei morto. Ma siccome potevo ancora sopravvivere, sciocco com’ero, decisi di utilizzare un’altra via…meno potente, meno rischiosa. E meno efficace. Se fossi morto all’epoca…”
Raggiungemmo Stormwind e attaccammo i non-morti. Si scagliarono con una furia immensa, ed erano quasi felici di poter porre fine alla loro esistenza, finalmente, e di aiutare ancora una volta gli umani. E ora riposano in pace”
“Che storia…”commentò Doroty “Medivh…tutto sempre intorno a lui….con quella profezia ha si dannato i suoi stessi simili, ma li ha anche dato un importante arma per il futuro…e tu…mi chiedo cosa ti abbia legato alla profezia. In fondo la spada è stata forgiata a Theramore e tu gli hai dato questo nome…”
“Proprio questo penso che sia bastato. Senza contare…”
“Cosa?”
“Mio nonno, che portava il mio stesso nome…era anche lui uno dei generali in quella spedizione…”
“Capisco…c’era qualcosa allora di concreto legato a te…”
“Le profezie restano un mistero per me…non le capirò mai”
“Per questo sono profezie” disse Doroty.
Intanto s’era fatta sera, e avevamo raggiunto il portale.
“Finirà tutto in un attimo”
Scese da cavallo, si avvicinò e puntò la staffa verso il portale.
“Kaleo Fulaca!”
La stessa sensazione già provata mi invase: un dolce senso di sollievo, un senso di nuova speranza provocate da quell’incanto nascevano in me, mentre tutto si colorava di bianco. Passato, ecco il portale ridotto a brandelli, ora un grande ammasso di squallide pietre. E mi ricordai altre parole che mi aveva detto Khadgar:
“E quando butterete giù per sempre questo colosso, ricordatevi di noi, anche se abbiamo peccato.”
Alzai il viso verso il cielo stellato, e sussurrai di cuore un debole: grazie.

Lord Mario