Come destandosi da un sonno profondo, Arius distoglieva finalmente lo sguardo,fingendo di non aver visto cosa alcuna. Reyzhard e Ushar’al erano troppo intenti a osservare il fascio di luce per accorgersi delle fugaci sagome,scomparse in qualche secondo. Poco dopo la luce scomparve,e con essa la nube lucente che l’esplosione aveva creato.

– Cosa è successo?
– Non ne ho idea Ushar…
– Sei sicuro di non aver visto nulla,Arius? – chiese Reyzhard.
– Io… si,certo. Non c’era nulla.
– Sembravi preso alla vista di qualcosa,ma forse mi sono sbagliato.
– Si,ti sei sbagliato. Guardavo quel fascio di luce.
– In ogni caso di sicuro ora non riprenderemo sonno. Tanto vale incamminarci verso Ulmar.
– Aspetta Reyzhard. Non vedi che i cavalli sono spaventati? – constatò Arius.
– E quindi?Cosa proponi di fare,mago?
– Aspettiamo che si calmino,io devo controllare… una cosa.
– Dove vai Arius?Aspetta! – gridò Ushar’al.
– Vi prego di aspettarmi qui,non impiegherò molto. – Arius corse,lasciandosi alle spalle lo sciamano e il principe elfico.
Si addentrò nella foresta vicina,troppo l’aveva incuriosito quella figura demoniaca,per qualche verso simile al demone che aveva preso l’anima di Darlek,per altri una figura nuova,da cui pensava di poter capire qualcosa sul suo compito. Mille pensieri gli affollavano la mente,come sempre irruenti e dolorosi,aspramente gli rendevano impossibile prendere una qualunque decisione e gli impedivano di agire. Le bende di cui Arlas gli aveva parlato quando si trovava nel bel mezzo dell’oceano dovevano essere tolte. Ma non era solo il voler fare chiarezza nel suo presente,egli doveva capirlo,affascinato più che mai da un personaggio così singolare,da un demone,suo nemico e comunque fonte di immensa curiosità. Sentiva in qualche modo di conoscerlo,di conoscere l’intera razza dei demoni e di essere stato così legato a tale razza da nutrire e perpetuare ricordi che ad essa lo accomunavano. Mentre correva,ricordi di un passato che non reputava proprio gli accorrevano affannosamente,immagini sfocate di un’antica stirpe demoniaca. D’un tratto ebbe paura,fino a pensare di essere in un sogno,un incubo che la sagoma dagli occhi rossi gli aveva trasmesso con un solo sguardo. Eppure non era così. A poco a poco sentiva che i ricordi erano pienamente suoi,ma preso d’assalto da un timore sconosciuto cercava di portare alla mente ricordi che non fossero legati ai demoni. Runforth,la sua vita a Lordaeron prima dell’arrivo della legione,Darlek,la magia,il suo villaggio,suo padre,i suoi fratelli,i suoi vecchi amici,la loro morte. Smise di correre. Portatosi in terra sulle ginocchia fece scorrere quei ricordi congedandoli con un’unica lacrima. Spaventato dall’idea di incontrare di nuovo il demone,o peggio,i ricordi demoniaci, preferì tornare indietro,all’accampamento,dove avrebbe visto unicamente volti amici. Si rimise in piedi e a passo lento tornò al lago,dove,differentemente dal suo stato d’animo,non era tutto una tempesta le cui folgori non permettevano né tregua né riposo. Nel giro di un minuto fu di nuovo all’accampamento.
– Rieccoti… ma cosa dovevi vedere? – Chiese Ushar’al
– Sembri spaventato mago, cos’hai?
– Nulla,davvero Reyzhard. Ushar io devo parlarti. – disse Arius,rivolgendosi poi allo sciamano.
– Come vuoi Arius. A tua disposizione.
– Arius,Ushar’al. Parlerete quando ne avrete l’occasione,ma ora penso bisogni andare ad Ulmar. Avranno bisogno di noi e la battaglia sarà già cominciata da molto,se non finita di già.
– Si,andiamo. – Ushar’al gli annuì.
– Bene,allora montate sulle vostre bestie e fatele andare più velocemente che potete –
Reyzhard assunse un tono imperioso,poiché era ormai inoltrato nella battaglia cui il suo pensiero stava già prendendo parte. Montati che furono,Arius e Ushar’al lo seguirono,cavalcando ad una velocità superiore alle possibilità dei cavalli,che stremati,non avrebbero retto per molto. Ulmar era comunque vicina,poiché i vari accampamenti di non-morti venivano stabiliti nei dintorni della città-fortezza,come avamposti di difesa e di esplorazione. Una ventina di minuti a tale velocità sarebbe bastata quantomeno a scorgere Ulmar. Durante il breve tragitto,affiancati da abbozzi di foreste e pietre ricoperte dal ghiaccio,non riuscirono a proferire che poche parole. Non c’era tempo da perdere,le prime luci dell’alba incalzavano,quel giorno precoci. Appena fu possibile scorgere Ulmar,Reyzhard fermò il suo cavallo.
– Cosa c’è Reyzhard? – Mentre chiedeva Arius fermò anche la sua bestia,seguito da Ushar’al.
– Guarda… Ulmar
– Cosa c’è che non va?Ha qualcosa di strano?
– Si,mago… troppa quiete,niente fuochi,niente catapulte. Qui non si combatte ancora.
– Vero… – notò Arius
– Si saranno fermati per la notte e avranno deciso di iniziare l’assedio all’alba – disse lo sciamano.
– Probabile che sia così… in tal caso manca poco per raggiungere Ulmar e possiamo fare benissimo una pausa di qualche minuto e rallentare. – propose Reyzhard. Dopodiché si sedette poggiandosi ad un albero,piuttosto in disparte,col chiaro intento di concedere ai due il tempo di dirsi ciò che dovevano. Scesi da cavallo,Arius ed Ushar’al si sedettero poco lontano dal principe elfico per discutere.
– Ushar,ascoltami,ho da dirti delle cose importanti.
– Dimmi,amico mio.
– Secondo te io sono un demone,o posso aver avuto un passato da tale?
– Ma cosa dici?Sei pazzo forse?No che non sei un demone,perché mai dovresti?
– Quando c’è stato il fascio di luce ho visto delle sagome nere,chiaramente demoni.
– Perché non ne hai fatto parola?
– Credevo si trattasse di una mia allucinazione,ma ripensandoci non è così. Ma la cosa più grave è che dopo aver osservato per qualche secondo la più alta di quelle sagome in me si sono affollati ricordi di una eventuale vita da demone… ho avuto paura.
– Sarà stato un incantesimo del demone che hai visto. Capita spesso,lo sai. Di cosa hai avuto paura?
– Ascolta Ushar,il mio amico Darlek ha perso l’anima per colpa di un demone,del demone che tanto ci è noto. Ho avuto paura di perderla anche io. Ma la paura peggiore è un’altra.
– Per l’anima hai ragione… ma qual è l’altra paura?
– Sentivo che i ricordi erano miei e non intrisi nella mia mente da una qualunque magia oscura. Sono un arcimago e l’avrei riconosciuta. Ho paura di essere un demone,di esserlo stato almeno.
– Ma Arius… è un timore assurdo il tuo.
– Lo so,ma erano ricordi forti e credibili.
– Arius,sarà la stanchezza,l’incontro con un terzo demone,dopo quello della nave,dopo IL Demone. Da quando siamo partiti da Runforth non c’è stata tregua per noi. Continue battaglie,incontri con i demoni. E’ normale che tu ti senta così.
– Si,hai ragione.
– Talvolta dovresti pensare meno ai tuoi obblighi. Devi essere stanchissimo.
– Grazie Ushar,ma chiunque sarebbe preoccupato al mio posto.
– Già. – lo sciamano accennò un sorriso -Allora è ufficiale,i demoni sono di nuovo qui. – continuò Ushar’al.
– Era chiaro che il Demone non fosse l’unico,ma ora ne abbiamo le prove,si. I demoni stanno invadendo Azeroth nuovamente.
– Eppure la legione era stata bandita. Arius,almeno cominciamo a fare chiarezza sul nostro scopo.
– Appena avremo concluso qui,andremo a Lordaeron il più velocemente possibile. Voglio salvare Darlek e incontrare questo guardiano,almeno egli ci spiegherà la presenza di questi demoni.
– Si,Arius.
– Grazie,amico mio. – poi si rivolse a Reyzhard gridando per farsi udire – Possiamo andare,Reyzhard. – il principe si alzò,rimontando a cavallo,come pure stavano facendo gli altri due.
– Dunque,avete finito di confabulare? – il principe elfico sorrise
– Si,ma c’è qualcosa che dovresti sapere anche tu. – rispose Arius
– Ebbene,cosa?
– I demoni …
– I demoni cosa?
– I demoni sono di nuovo qui. Penso che tu ricordi le vicende del monte Hyjal.
– Certo,l’ennesima sconfitta della legione ardente.
– Si. Ma non è bastato,i demoni sono ritornati ad Azeroth
– Aspetta,mago. Come lo sai?
– Avevamo già incontrato alla nostra partenza un demone,ma credevo fosse l’unico. Durante la battaglia alle isole Maelstrom,poi,un esercito di altre creature oscure,simili a demoni,ma più basse. Pensavo fosse una sorta di “esercito privato” guidato da un singolo demone interessato all’anima del mio amico. Il fascio di luce,lo ricordi?
– Si Arius,certo che lo ricordo.
– Per pochi secondi ho visto tre sagome oscurate,non bene,ma erano chiaramente demoni.
– Non sarebbe nulla di nuovo,guerra su guerra.
– Cosa,principe elfico?Un’invasione di demoni ci distruggerebbe tutti. – Ushar’al entrò nella discussione.
– E cosa credete di fare voi?Chi pensate di essere?Forse siete alla testa di un esercito possente,ma cosa potreste contro un’invasione demoniaca?
– Possiamo tentare qualcosa almeno. – rispose Arius. Nel frattempo Ulmar era raggiunta,e,avvistato l’accampamento elfico poco distante dalle mura,vi si diressero.
– Si,lo immagino. Ora pensiamo ai non-morti. Per adesso questi demoni non sono un pericolo e preferisco occuparmi della mia patria.
I tre giunsero finalmente all’accampamento elfico. Numerose tende,disposte secondo un preciso ordine geometrico e tutte recanti lo stemma di Everral. I fuochi accesi per la notte si perdevano nel fumo,ora che l’alba era prossima e già cominciavano a comparire le prime vedette sulle mura di Ulmar. Alcuni non erano riusciti a dormire,e per ricordi dei giorni precedenti e per l’attesa dell’imminente battaglia. Misthar,proclamatosi reggente degli elfi dei ghiacci finché la guerra non fosse finita si trovava in una tenda più grande,nel mezzo dell’accampamento,dentro la quale vi era anche Ephsys. In una tenda affianco dormivano Napoleonardo e in un’altra ancora Aelthur. Gli ufficiali umani ed orchi erano anch’essi nelle vicinanze della tenda principale:Flarios,Faridor,Deawil,Lord Exus,Angar. Arius e gli altri,intuendo chi vi fosse,a passo lento giunsero alla tenda principale e subito dopo scesero da cavallo legando le bestie vicino a quelle dei condottieri. Intravedendo che Ephsys era sveglio,entrarono nella tenda. Misthar era in fase di veglia:i suoi incubi lo scuotevano,ma ciò non catturò l’attenzione dei tre.
– Il messaggero. E’ morto? – chiese Ephsys facendo attenzione a non svegliare Misthar.
– Si,ma ho il timore che Roxar possa inviarne degli altri – rispose Reyzhard. Ephsys raccolse le sue due lame e sedendosi prese a pulirle.
– Vuol dire che da Ulmar non ne uscirà vivo nessuno.
– Ephsys,ma ti sono così care quelle spade? – chiese Arius
– Si,ma a te dovrebbero esserlo di meno,visto che a causa di queste hai perso.
– Sono contento di aver perso. Quando credete di iniziare l’assedio?
– Attendi l’alba Arius,e vedrai.
– Non mi hai detto perché non avete attaccato ieri. – Reyzhard ritornò nel discorso.
– Gli uomini erano stanchi,avevano dormito poche ore dopo la battaglia ad Everral. Così,il nostro amato reggente ha deciso di accamparsi per la notte.
– Cosa?
– Si Reyzhard. Misthar si è nominato reggente fino a guerra terminata.
– Va bene elfacci,ma di sicuro non ci interessano le vostre storie – Ushar’al appariva impaziente.
– Mi dispiace dirlo,ma l’orco ha ragione. – affermò Reyzhard.
– Si. Voi andate ad avvertire gli altri generali,io ho quasi finito. Dal chiacchiericcio pare che i soldati siano tutti desti. – Reyzhard rimase con Ephsys,mentre Arius e Ushar’al uscirono dalla tenda per recarsi in quella alla loro destra. Napoleonardo era già sveglio.
– Napoleonardo,la battaglia è prossima.
– Beh,questo lo avevo notato Arius. – il generale rise – Piuttosto come state?Avete ucciso il messaggero?
– Certo,ma c’è qualcosa che dovremmo dirti.
– Qualcosa di grave,generale – aggiunse Ushar’al.
– Cosa?
– I demoni sono qui ad Azeroth.
– Non era una novità.
– Napoleonardo,i demoni stanno Invadendo Azeroth.
– Ora capisco. E cosa avresti intenzione di fare?
– Non lo so,ma se ci hanno condotti qui,per raggiungere Lordaeron e quel tale primo guardiano ci sarà un motivo,e dubito che i demoni vi siano estranei.
– Se ci hanno condotti?Arius non ti sembra di correre un po’ troppo?Non ci hanno condotti,ma ci siamo venuti noi di volontà nostra e ricorda che il motivo per cui abbiamo fatto tanta strada è innanzitutto la ricerca di una patria. Se avessi voluto un’altra guerra sarei rimasto ad Orgrimmar e non avrei perso tanti compagni.
– Credimi,la minaccia demoniaca è quanto mai vicina. – Ushar’al osservava il dibattersi mentre Arius e Napoleonardo conducevano magistralmente il tono di voce via via più in alto.
– Forse lo è,ma non credere che l’universo ti funga da contorno. Chi o cosa ti fa pensare che sia nostro compito occuparci di questi demoni?Ciò che desidero è una casa,nient’altro.
– Questo posso capirlo.
– Basta. Ora ascolta:quando avremo finito qui,se ne usciremo vivi,andremo a Lordaeron e troveremo questo “guardiano”,ma solo perché egli deve aiutarci. Ti prego,non credere di essere il protagonista,non credere di essere l’unico al mondo. Sei forte amico mio,devi salvare il tuo amico e trovare anche tu una patria per i tuoi compagni,ma forse non dovremmo farci prendere troppo da queste idee. Non dimentichiamo cosa ci ha spinti qui.
– Scusami,hai ragione. Talvolta penso di essere ciò che non sono. – Arius si era calmato.
– Comunque ne parlerò con Aelthur,ha il diritto di saperlo.
– Bene,io vado a prepararmi per la battaglia – Arius si congedò,lasciando Ushar’al,il quale,dopo aver ascoltato la discussione senza introdursi,era intento a chiarirsi con il suo generale.
– Potrebbe avere ragione. Non ti sfiora l’idea che possa essere così?
– Ushar’al,l’idea mi provoca brividi di piacere,perché sai quanto sia io votato alla gloria,e ciò ne porterebbe tanta. Ma per ora sono solo teorie e non voglio farmi prendere dalla mia impulsività. Non siamo più giovani e in cerca di guerre. Ora dobbiamo condurre una nazione.
– Capisco. Vado a prepararmi anch’io.
– Si. In ogni caso grazie per Exus. Ieri aveva bevuto troppo.
– Lo conosco,non preoccuparti. – Ushar’al uscì dalla tenda e raggiunse Arius.
Mentre i primi raggi,esuli dal loro ardente padre,illuminavano primi le vaste distese ghiacciate,l’accampamento si ridestava dal lungo sonno e il chiacchiericcio notturno era sostituito dallo stridio delle prime armi e dei primi cavalli ferrati. Di fronte a quelle migliaia di elfi,orchi e umani si stagliava imponente Ulmar. Se Everral rappresentava l’unico barlume in quella terra gelida,Ulmar era un immenso colosso corvino,un colosso dormiente dinanzi alla purezza del gelo,reso lugubre dalla sua sola presenza Candida ed immacolata,la terra si sposava tremendamente con la putrefazione che quel luogo suggeriva,dimenticando d’un tratto la sua natura inviolabile,la sua fredda ma sincera verginità. Bastavano le due sole torri,immense,elevate al cielo dalla profonda e indistruttibile roccia di Northrend,superflue quelle mura oscure colme di possanza ed indicibile ira,per gloria dell’orrore più che per difesa. Eppure quella fortezza era inespugnabile anche per grazia di tali mura. Sembrava quasi che il suo massimo custode,Roxar,avesse timore di esporsi al ghiaccio di quella terra e che desiderasse nient’altro che permanere nel suo mondo di roccia nel quale le velenose perversioni dei non-morti gli rendevano gloria e parte del suo potere. Alcuni arcieri già prendevano posizione dietro i merli,mentre Roxar finiva di assegnare compiti ai suoi luogotenenti e alla sua marmaglia di non-morti.
Anche Aelthur si era svegliato,e con lui tutti gli ufficiali umani ed orchi. Arius decideva con Ushar’al quale dovesse essere la sua arma in battaglia. Nella tenda di Ephsys,Misthar era prossimo a svegliarsi,ancora in parte scosso dagli incubi recenti.
– Reyzhard io sono pronto
– Io lo sono sempre stato… prima di andare penso sia il caso di svegliarlo.
– Svegliare chi?
– Misthar. Il reggente se preferisci.
– Si,ma aspetta. Voglio che tu sappia che pensa di poter sostituire nostro padre. Soprattutto nei miei riguardi,perché sono il più giovane.
– Ephsys,sono certo che le sue intenzioni sono buone. Devi ammettere che sarebbe il più adatto a guidare Everral.
– Non mi riferivo ad Everral,e comunque mio padre è morto,ed è lo stesso tuo padre.
– Questo lo so,non c’è bisogno che tu me lo dica. Faccio un giro per l’accampamento,tu sveglialo. – Reyzhard soffocò in fretta il dolore del ricordo,cercando di tenerlo in serbo per i suoi nemici,sui quali si sarebbe riversato con la furia della vendetta. Uscito dalla tenda montò sul suo cavallo e ripose l’amata spada nel fodero argentato. Con aria indifferente s’avvio a controllare che i soldati fossero tutti in piedi.
– Sveglia reggente,la battaglia aspetta solo te. – Ephsys scosse leggermente Misthar.
– Si,sono sveglio.
– Cosa aspetti a tirarti su e armarti?
– Nulla,ma mio caro principe,ho ascoltato le tue parole.
– Bene. Spero che almeno ora capisca che non sei mio padre. Io non ti odio Misthar,ma non cercare di importi come figura paterna al mio dolore.
– Non lo farò. Se è questo che vuoi.
– Si,è ciò che voglio. Ed ora Misthar,preparati a comandare questo esercito e a vendicare il nostro re. – Misthar annuì,si levò in piedi,prese la sua spada e in poco tempo fu pronto. Scelse uno dei suoi tre elmi e se lo pose in capo a coprire i capelli rossi.
Appena furono fuori,Misthar ed Ephsys notarono che tutti i soldati erano già pronti,mentre Reyzhard ritornava dal suo giro di controllo. Poco lontano Arius e Ushar’al,seduti intorno ad un fuoco ridotto a cenere da tempo,si prolungavano silenti alle sorti della battaglia. Napoleonardo e il suo ufficiale,Lord Exus,assegnavano le prime direttive alle loro truppe,già da qualche decina di minuti in piedi e per di più disposti in colonne ordinate. Misthar montò a cavallo e diede l’ordine di dare il segnale:tutti gli uomini si sarebbero dovuti disporre in modo ordinato entro qualche minuto,nello spiazzo antistante l’accampamento,distante da Ulmar tre centinaia di metri. Gli umani,sotto gli ordini di Aelthur si portarono allo spiazzo. Anche gli orchi raggiunsero lo spiazzo e subito dietro il loro generale vi erano Arius ed Ushar’al,appena saliti sulle loro bestie. Completato l’allineamento dell’esercito,i generali si riunirono attorno a Misthar,per decidere degli ultimi dettagli.
– Dunque il giorno è arrivato. Miei generali,spero che quantomeno questa battaglia rinsaldi la nostra neonata amicizia. – disse Misthar.
– Noi siamo pronti. L’onore umano è al servizio della causa elfica.
– Grazie Aelthur. – rispose Ephsys.
– Ho dato ordine alla cavalleria di portarsi a destra e penso che Deawil farà un buon lavoro posizionato con loro.
– Non vorrei essere scortese nel chiedervi di guidare anche la nostra cavalleria. – aggiunse Misthar
– Affatto Misthar,sarà un piacere per me e per Deawil. Per quanto riguarda i miei uomini è tutto a posto se non vi sono problemi. Torno al mio posto.
– Si Aelthur,grazie ancora e buona fortuna.
– Buona fortuna,amico mio. – disse Arius.
– Anche a te. A proposito… raggiungi Faridor,è alla testa di tremila maghi. Speriamo di riuscire,compagni miei. Vado. – detto ciò Aelthur ritornò in capo ai suoi centosettantaduemila umani,talmente tanti,che nonostante la vastità del campo ghiacciato,allineati giungevano a soli trenta metri da Ulmar. Gli umani sarebbero stati i primi ad affrontare i non-morti. Ancor di più erano gli elfi dei ghiacci,che trovandosi nella loro patria erano oltre duecentomila,ma disposti anche all’interno dell’accampamento,e pertanto poco più lontani da Ulmar. Se gli umani occupavano la destra del campo,l’intera parte centrale era elfica e l’esile sinistra spettava ai quarantamila orchi di Napoleonardo.
– Bene,con chi andrai tu,Ushar’al? – domandò il condottiero degli orchi.
– Combatterò con Arius,e con me i miei sciamani,signore.
– Si,in effetti siete tutti maghi.
– Ma perché recano i loro scudi sulla schiena invece che indossarli? – chiese Arius sorpreso,mentre osservava le fila ordinate degli elfi dei ghiacci.
– Non ne hanno bisogno,Arius. Il loro coraggio e la loro forza basterà a difenderli. – rispose Ephsys.
– Ma è una follia… – aggiunse Arius.
– No,non lo è. Questi sono i migliori guerrieri elfici a tal mondo. Possiedono già troppi scudi per indossarne un altro.
– Capisco Ephsys. – nello stupore e l’incredulità dei non elfi,Arius osservò ancora una volta quell’armata immensa. Non poté che tacere,inorgoglito da tanto valore.
– Non dovete stupirvi – Misthar sorrise. – Ciò che dice Ephsys è più che giusto.
– Ora posso capire come siete sopravvissuti – a questa affermazione Reyzhard ed Ephsys risero. Subito dopo,contenute le risate,Reyzhard si rivolse all’arcimago.
– Aspettate Arius,Ushar’al. Verrò anche io con voi. Da lì avrò modo di controllare la battaglia in modo più oggettivo e avrò maggiori probabilità di trovare Roxar. – disse Reyzhard
– Come preferisci,figliolo. Napoleonardo i vostri orchi sono pronti? – chiese Misthar
– Si,certo. Vado anche io,il loro impeto non può attendere ancora per molto. Mi occuperò io delle catapulte. – rispose Napoleonardo.
– Misthar,mio fratello non è tuo figlio. – Ephsys assunse un’aria irata.
– Smettila,smettila di comportarti immaturamente,come un bambino. Quel “figliolo” non voleva certo dire che io sono vostro padre. Stai superando il limite. – rispose Misthar
– Ah,lasciamo perdere. Piuttosto passa in rassegna gli uomini e diamo inizio a questo assedio – Ephsys,nella sua violenta irruenza giovanile non poteva arginare ancora per molto,dentro di sé,quella naturale rabbia,quel naturale dissidio che continuava a lacerarlo,e che egli riversava su Misthar.
– Andiamo. Si,penso sia ora di andare. – disse Ushar’al
– Si. Buona fortuna a tutti. – Arius fece un cenno a Reyzhard,che annuendo lo seguì alle spalle di Ushar’al. Portatisi alla testa delle fila di maghi nel reparto sinistro dell’armata umana,Misthar si preparò a controllare un’ultima volta i suoi uomini. Le mura di Ulmar pullulavano di arcieri e di piccole accozzaglie di non-morti pronte ad accogliere gli assedianti. Ephsys,sempre più impaziente li osservava costretto in una morsa tra l’ira per la morte del padre e il timore della battaglia,il ribrezzo per quelle infime creature.
Misthar raggiunto l’apice della sua armata scrutò dapprima i volti dei generali,poi,fuggendo uno sguardo ad Ephsys,si rivolse con voce quasi metallica verso i suoi uomini. L’elmo dorato,che le rigidissime colonne elfiche osservavano quasi con brama,rendeva il generale elfico una figura imponente,emblema di forza,sia essa morale o fisica. Poi,rapito da un senso di fortissimo amore per la sua patria,di vera idolatria nei confronti del coraggio e dell’onore,volse uno sguardo superbo ed imperioso verso le sue numerose armate. Fattosi tramite e prova dell’inarrestabile forza spirituale elfica,tanto simile a quella umana,s’ergeva con la massima fierezza cui potesse mai aspirare,dominando per qualche istante l’intero campo di battaglia. Inebriato dalle impetuose sensazioni che il cuore muoveva in lui,travolto nel glorioso folgorare dell’orgoglio,faceva trasparire un’immagine perfetta e completamente adepta a quel che si avvicendava in lui. Era ormai il ritratto stesso della sua patria e i suoi uomini,profondamente ammirevoli,ne furono incitati a scatenare tutta la loro potenza nella battaglia prossima. Anche se per pochissimi attimi,Ephsys riuscì nel prodigio di vedere in lui il suo amato padre,il suo carisma,la sua abilità.
Roxar vedeva esibizione di tanto fasto dall’alto della sua fortezza,rappresentazione di tante truppe riunite lì,al di sotto della sua fortezza. Anche se ben sapeva che il numero dei suoi non-morti superava di gran lunga quello dei tre eserciti schierati insieme,di lui s’accresceva il rancore,l’odio insensato e incontrollabile nei confronti di quelle creature. Eppure era cosciente di aver commesso gravi orrori,ucciso il loro re e ciononostante rodeva in lui un forte disturbo. Ordinò a tutti gli arcieri di posizionarsi sulle mura,e se non vi fosse stato altro spazio per le restanti orde di arcieri,l’ordine era quello di sostituire i morenti senza alcuna perdita di tempo. Desiderava terminare la battaglia in fretta,facendo in modo che si risolvesse rapidamente a suo favore. Poi scorse qualche movimento alla testa dell’esercito elfico. Misthar percorse a cavallo tutta la lunghezza delle fila elfiche,e forte delle residue ma forti tracce di fierezza,si fermò di ritorno al centro.
– Ed ora guerrieri è giunta l’ora di scatenare tutta la vostra ira,la vostra forza e riversarla su quelle orde che ci hanno strappato il nostro re,ci hanno proibito di vivere nella nostra patria e hanno devastato le nostre terre!Non gli è bastato lacerare la nostra quiete quando eravamo a Quel’Thalas,non gli è bastato decimare il nostro popolo e fare scempio delle loro vittime. Ed Ora,che finalmente ABBIAMO una nostra patria,una nostra vita,essi sono qui a tentare di renderci come loro. E’ giunta l’ora della vendetta elfi dei ghiacci. Impediamogli di privarci anche della nostra patria!Dimostrate a questo campo perché i vostri scudi si levano sulle vostre spalle invece di usarli come semplici guerrieri!!! – a poco a poco Misthar si rese conto che stava urlando,e,nonostante Ephsys ebbe chinato il capo in segno di disapprovazione,tutti gli elfi lo osservavano con orgoglio:Misthar era riuscito a imprimere dentro di loro la stessa rabbia e la stessa fierezza che scorrevano quel giorno dentro di lui.
– Caricaaaaaaaaaaaaa!!! – i suoi uomini risposero all’urlo di battaglia,presi dalla loro stessa furia avanzarono superbi. Similmente,gli orchi da sinistra e gli umani da destra presero a marciare,in direzione delle mura. I dardi degli arcieri non-morti già si dipingevano del fuoco che i loro occhi osservavano intensamente,quasi governati da quella forza,pronti a tutto per scagliare quelle saette sul nemico.
– Bruciateli,Bruciateli tutti,di loro devono rimanere solo appigli di carne,brandelli dei loro corpi,solo il necessario per fargli godere la nuova nascita nel flagello. Fuoco! – Roxar accennava un sorriso di soddisfazione e con piacere osservava i nemici avanzare impavidi,il ché lo volgeva ancora di più al furore e all’odio.
Subito dopo l’ordine di Roxar oltre quattromila arcieri scheletrici ammassati sulle mura di Ulmar scagliarono i loro primi dardi infuocati. Una pioggia di fuoco ricoperse il primo cielo al di sopra del campo.
– Soldati,forza abbassatevi,che i vostri scudi vi difendano dalla più infima delle tattiche – ordinò Misthar.
Nonostante i soldati obbedirono le frecce riuscirono a colpire un centinaio di elfi,mentre poche altre frecce raggiunsero i reparti umano ed orchesco,causando la morte di poche dozzine di guerrieri. Nel frattempo le imponenti catapulte degli orchi,nascoste dal sorprendente numero di soldati, avanzavano lentamente sotto la guida di Lord Exus. La cavalleria di Deawil cercò di creare un diversivo,attraversando il campo in larghezza,poco in avanti rispetto al resto delle armate. Un secondo ordine di dardi era già pronto e fiammeggiante dagli archi dei non-morti. Molti di loro,però,spaventati dai movimenti della cavalleria,scagliarono le loro frecce contro Deawil e i suoi uomini,uccidendone solo poche unità. I soldati elfici ed umani avanzarono ancora,mentre Napoleonardo e i suoi orchi rimanevano dietro di loro:le catapulte erano quasi pronte a sferrare il primo attacco,diretto verso il portale di Ulmar. Una terza ondata di frecce colpì le armate umane ed elfiche,questa volta uccidendo oltre trecento uomini.
– Ancora,incapaci!Cercate di colpire il loro capo,il cavaliere con l’elmo. – ordinò Roxar.
Una trentina di arcieri puntarono contro di lui e scagliarono le loro frecce,anche se il continuo muoversi di Misthar gli aveva evitato una gravosa ferita,o forse la morte. La quarta ondata fu la peggiore:Roxar ordinò anche agli arcieri che non erano sulle mura di fare fuoco,questa volta però le frecce non ardevano. Una nube nera di diecimila frecce ricadde sul campo di battaglia:tra le fila elfiche cinquecento morti,tra quelle umane il doppio. Misthar venne colpito,anche se solo ad un braccio. La sua prima reazione fu di gridare,grido poi soffocato digrignando i denti mentre estraeva il dardo insanguinato. Le catapulte fecero finalmente fuoco,colpendo il portale di Ulmar:un altro attacco l’avrebbe abbattuto. Roxar fece ritirare i suoi arcieri e sollevando la mano destra,con un semplice gesto gli tolse la vita,così come gliel’aveva donata. Sulle mura di Ulmar,migliaia di scheletri crollavano su se stessi,riducendosi a grappoli d’ossa. Poco dopo una folata di vento fece smuovere i drappelli che sovrastavano le torri e i merli di Ulmar. Roxar aveva richiamato la sua arma più potente,i wyrm dei ghiacci.
– Come temevo. Non c’è tempo da perdere. – disse Reyzhard.
– Come pensi di farli fuori? – chiese Arius.
– Ne ho sconfitto uno nella scorsa battaglia,ma era solo.
– Potremmo provare qualcosa noi,Arius. Tremila maghi e duemila sciamani,penso si possa fare qualcosa. – propose Ushar’al.
– Cosa di preciso?
– Non ne ho idea,qualcosa di grandioso.
– Ushar’al,non possiamo rischiare la vita di tutti questi maghi. Incantesimi come la triade possono uccidere. – Arius abbassò lo sguardo,reprimendo subito il ricordo.
– Questi draghi si arrogheranno presto il potere di eliminarci tutti. Al diavolo le vostre magie. Intrappolateli,impeditegli di attaccare e al resto ci penserò io. – notò Reyzhard.
– Si,li intrappoleremo. Non credere di poterli uccidere solo con la tua spada però.
– Arius,non hai neanche idea di cosa possa fare questa spada.
– D’accordo,se ci tieni tanto a dimostrare quanto è forte la tua spada,fallo pure.
– Quanti sono? – chiese Ushar’al.
– Una decina. Reyzhard tieniti pronto – dopodiché Arius si volse verso i maghi che si trovavano dietro di lui – Tutti coloro che dispongono di un cavallo e dispongono del potere di un arcimago vengano con me.
– Arius!Non ti sarai dimenticato di me spero! – Faridor li raggiunse
– Faridor… no,certo che no. Vieni,ci serve il tuo aiuto per fermare quei wyrm.
– Arius,guarda … – Ushar’al era rivolto al cielo nel quale dopo le ondate di frecce si stagliavano ora i colossali wyrm,già pronti ad eliminare qualunque preda.
– Vedo. Scenderanno tra poco. Forza Ushar’al,Faridor andiamo. Voi altri seguitemi – disse rivolgendosi agli arcimaghi a cavallo.
Facendosi strada nella sinistra dell’armata umana gli arcimaghi,circa una ventina,si portarono quasi alla testa delle truppe e individuando uno spazio vuoto tra le righe ormai rotte,vi si fermarono e scesero da cavallo.
– La cosa migliore,credo,sia evocare delle catene abbastanza grandi da raggiungerli e portarceli qui a terra. – suggerì Arius.
– Concordo. Forza,usate tutte le energie che avete per evocarle. – ordinò Ushar’al.
Mentre le catapulte lanciavano il loro secondo attacco,Arius fece segno alle truppe umane loro contigue di allontanarsi,perché di lì a poco avrebbero dovuto evocare le catene. Tali catene,dette catene dell’agonia,poiché leggenda voleva che trovassero appiglio tra le rocce dell’ “inferno”,diramandosi dal terreno potevano raggiungere altezze non poco elevate e lo sconosciuto metallo di cui si componevano le rendeva quasi indistruttibili. In realtà tali catene erano frutto di una magia piuttosto potente,accessibile unicamente ai maghi superiori. Arius,così come Ushar’al,Faridor e i restanti arcimaghi,protese le mani verso una delle creature,subito dopo le rinchiuse in due pugni. La sua concentrazione nell’eseguire l’incantesimo era tale che intorno a lui non v’era più alcuna presenza,ne alcuna entità,vivente o meno. La sua coscienza si limitava a se stesso,alla sua vittima,alle catene,che nella sua estrema adunanza di forze erano divenute prolungamenti dei suoi arti. Pochi secondi dopo,un rombo si protrasse quasi per tutto il campo e le catene dell’agonia catturarono con vigore il drago che Arius aveva eletto ad immolazione. Allo stesso modo Ushar’al e gli altri arcimaghi si occuparono degli altri wyrm,portandoli a terra,sempre nella parte sinistra dell’armata umana prima che potessero nuocere in qualche modo. I draghi,costretti tra le grevi catene si dimenavano,senza però essere in grado di lanciare alcuno attacco. Le catene dell’agonia serbavano la capacità di privare la preda dei propri poteri,ma poiché erano così temibili,la loro evocazione implicava un dispendio di energie non indifferente. Reyzhard,notando con quale difficoltà le catene erano gestite,decise di attaccare i wyrm subito. Sguainò la sua spada e si diresse nello spiazzo in cui i draghi stavano dimenandosi. Salì sul primo drago e afferrando la spada per due mani lo colpì tre volte al collo,uccidendolo. Arius,ormai stremato,lasciò la presa delle catene.
– Bene,ora pensa agli altri – disse l’arcimago.
– Vado. –
Reyzhard infilzò anche gli altri wyrm con massima agilità e destrezza,permettendo così agli altri arcimaghi di ritirare l’incantesimo.
– Devo dire che con la tua spada dorata sei piuttosto abile – disse Arius
– Beh era chiaro fin dall’inizio – Reyzhard accennò un sorriso.
– Bravo elfo,sei riuscito a fare finalmente qualcosa di utile – notò Ushar’al
– Lo so mio caro orco e so anche che la maestria elfica non ti apparterrà mai. – Reyzhard osservava soddisfatto,dilungandosi nel suo scherzoso vantarsi.
– La battaglia è ancora in corso,dovremmo raggiungere le fila più in avanti.
– Giusto,me ne stavo quasi dimenticando. – a queste parole Ushar’al risalì sulla sua bestia,così come fecero gli altri arcimaghi.
– Andiamo. – anche Reyzhard rimontò a cavallo,seguito da Arius dirigendosi verso il resto dei maghi.
Il secondo attacco delle catapulte aveva creato una breccia all’interno del portale,una profonda ferita a quel colosso che Ulmar era. Roxar,vedendosi morire le sue armi maggiori,i suoi wyrm,diede l’ordine di difendere immediatamente il portale,cui giungevano leste le prime ondate di elfi ed umani. Gli orchi continuavano a rimanere indietro,tranne un piccolo gruppo di qualche centinaio e i duemila sciamani di Ushar’al. Le catapulte s’apprestavano ad un terzo attacco,questa volta diretto alle mura frontali. Ora che il portale era distrutto,per fare in modo che tutto l’esercito potesse accedere ad Ulmar,Lord Exus ben pensò di ordinare la distruzione delle mura.
– Non devono rimanere superstiti! – Gridò Misthar.
Gli elfi,sempre più eccitati dall’andamento della battaglia,risposero con pesanti urla ed affollarono la breccia creatasi nel portale. Roxar ancora dall’alto delle mura ammirava le orde non-morte avvicendarsi attorno al portale,in tutto il loro scompiglio e in tutta la loro scelleratezza. Le prime accozzaglie di guerrieri non-morti affrontavano la parte che più era avanzata dell’esercito elfico. Misthar,impugnando fermamente la sua Exher si era portato anch’egli al portale,dove la furia dei suoi soldati era ben visibile:i timori della battaglia precedente avevano completamente abbandonato l’animo degli elfi ed era soggiunta in loro la sicurezza della propria forza e della vittoria. L’attacco delle catapulte fallì miseramente. Il portale,in robustissimo legno,non fu abbastanza forte da resistere agli attacchi delle catapulte orchesche,ma per quanto riguardò le mura,esse rimasero indistruttibili. Gli scontri si limitarono all’area del portale. Le prima ondate elfiche furono sbaragliate dall’incessante numero dei non-morti,migliaia ed in poco di fronte alle mura della loro città-fortezza a contrastare Misthar e i suoi uomini. Ma appena furono fuori,Aelthur diede ordine di raggiungere gli elfi ed accerchiare i non morti davanti alla stessa Ulmar. Ephsys e Misthar si batterono quali furie implacabili:decine e decine di quei putridi guerrieri eccedevano dalla propria “vita” grazie ai pesanti colpi della Exher o alla impareggiabile destrezza delle due lame che Ephsys maneggiava. Anche gli umani attaccarono i non-morti e tale scontro fu fatale per Roxar. Vedendo le sorti spingersi contro di lui,Roxar corse in terra dall’alto delle sue mura e si fece sentiero tra le sue stesse orde. Decimate le prime,altre presero parte alla battaglia,fuoriuscendo da Ulmar con veemenza. Il loro numero cominciò ad eguagliare quello degli elfi e degli umani che loro di fronte si paravano. Misthar,Ephsys ed Aelthur,furono costretti ad indietreggiare con le loro truppe,per avanzare subito dopo. Reyzhard,Arius ed Ushar’al,con al seguito quelle migliaia di maghi,si erano recati alla destra dell’esercito umano,ma non appena videro il numero dei non-morti venire fuori da Ulmar alla testa dei quali vi era lo stesso Roxar,Reyzhard cavalcò rapidamente verso l’apice dell’esercito elfico.
– Ma cosa fa? – chiese Ushar’al
– Lascialo andare … deve vendicare suo padre,posso capirlo perfettamente. – rispose Arius
– Hai ragione. Non possiamo restare qui a guardare però.
– Non lo faremo. Diamogli lo spazio di cui necessita per affrontare Roxar e uccidiamo quei non-morti.
– Ottimo. Dentro la fortezza c’è ancora il grosso del loro esercito.
– Ed ora devastiamo quelle armate prive di considerazione,che giungono in subbuglio per poco più di qualche bisbiglio nell’inesorabile musica di questa guerra! – Arius aveva annuito allo sciamano,prima di incitare i suoi arcimaghi,tra i quali ancora rimaneva Faridor,a seguirlo e a compiere massacro dei non-morti al di fuori di Ulmar.
Roxar era giunto qualche metro in avanti rispetto alle sue orde e i combattimenti si erano fermati per qualche istante. Le truppe umane ed elfiche,reduci dall’indietreggiare,si vedevano di fronte Roxar,e,ben dietro,la sua lugubre marmaglia di guerrieri. Trecentomila guerrieri al di fuori di Ulmar e ancora quattrocentomila all’interno delle mura. Frattanto,alla testa dell’esercito elfico Misthar ed Ephsys si chiedevano cosa stesse accadendo e il perché il potente guerriero oscuro fosse avanzato di tanto dalle sue truppe. Roxar li fissava,ancora vestito di quei drappelli di mantello che gli fungevano quale scudo e dell’armatura in mithril.
– Ebbene,miei coraggiosi elfi,siete dunque qui. – disse rivolgendosi a Misthar ed Ephsys.
– Ebbene,mio odiato Roxar,se riesci a vederci è già qualcosa. – rispose sprezzante Ephsys.
– Avete rovinato la mia fortezza. Meritate una morte crudele,soffocati nell’incombenza delle mie orde.
– E allora perché non ci lasci morire?
– Principe elfico,sono qui per proporvi uno scontro che possa risolversi tra condottieri. – Aelthur osservava Roxar ed Ephsys dibattere,gli sguardi degli elfi infiammarsi di brama,brama di vendetta.
– Te la vedrai con me. – rispose Ephsys.
– No Ephsys,aspetta è troppo pericoloso,andrò io. – disse Misthar
A tali parole Ephsys lanciò uno sguardo fulmineo al reggente,subito dopo voltò il capo verso Roxar e sollevò le braccia brandenti le due lame,fino a quel momento tenute basse. Con uno scatto superò i pochi metri che lo dividevano da Roxar e con la destrezza puramente ed unicamente sua recò al guerriero oscuro i due fendenti,rapidi e veementi figli delle due spade che reggeva. Misthar non ebbe il tempo di parlare,stupido dall’incalzante velocità di Ephsys. Tuttavia i furenti colpi del principe smossero unicamente l’aria densa che la figura di Roxar prima privava del proprio spazio:era svanito e tuttavia una sagoma evanescente,visibilmente sua,era rimasta al suo posto,finchè Ephsys,gettato in terra dallo stesso suo impeto,non fu innocuo,e Roxar tornò a coprire pienamente i limiti carnali che gli appartenevano integrando la sagoma ch’era rimasta. Misthar lo vide scomparire e ricomparire con tale rapidità,poiché egli non s’era mosso affatto. Vedendo Ephsys in terra colmo di stupore e riportando alla mente la morte del proprio re,l’orgoglio rese posto all’ira spietata che lo spinse a compiere l’identico scatto di Ephsys. Il potentissimo affondo della Exher,adornato della più potente energia del fulmine,ignorò completamente il corpo di Roxar,il quale fece esattamente ciò che aveva fatto con Ephsys. Reyzhard giunse in tempo per vedere cosa stava accadendo,e non molto dietro di lui vi erano Arius ed Ushar’al,affiancati dal lungo seguito di maghi. Ricomparso nuovamente nella stessa posizione,Roxar si voltò ed afferrò Ephsys,lanciandolo verso le armate elfiche,atterrite da ciò che stava accadendo. Reyzhard scese dalla sua bestia e corse a controllare il proprio fratello,ferito dall’impatto col terreno che Roxar gli aveva causato. Misthar,accasciato dietro Roxar e di fronte alle schiere dei non-morti,anch’esse immobili,si colmò d’ira facendo da spettatore allo sprovveduto atto del guerriero oscuro,mentre lo sguardo di quest’ultimo si rivolgeva adesso a Reyzhard. Misthar si levò in piedi,scattò ancora ed affondò la potente Exher ancora nel corpo di Roxar,ancora una volta evanescente. Il volto di Misthar si dipinse di stupore e di sincera paura e ad esso si accomunò quello di Aelthur. Si scansò e cercò di individuare Roxar. Questa volta,però,non era ancora ricomparso. Arius ed Ushar’al,appena arrivati,non compresero ciò che accadeva. Anche Napoleonardo raggiunse la testa dell’esercito elfico,nel generale atterrirsi. Lo sguardo di Misthar continuò a cercare Roxar,trovando solo di fronte a se le fila di non-morti,turbate,inconsapevoli ed in parte incapaci di comprendere. Volto dalla parte opposta rimaneva Reyzhard,stravolto dalla condizione del fratello. Reyzhard riuscì a stroncare le lacrime e la disperazione per la condizione del suo popolo,per la morte di suo padre,ma non riuscì a celare le residue lacrime che lo vedevano timoroso della morte dello stesso fratello,ormai privo di sensi. Era in ginocchio,preoccupandosi di capire cosa avrebbe dovuto fare. In quei pochi istanti Misthar rimase a qualche metro di distanza da Reyzhard senza neppure notarlo,perché troppo preso dal cercare Roxar.
Alle spalle di Reyzhard l’aria s’addensò,i sospiri del vento che per quei pochi attimi aveva avvertito con la sua schiena tacquero. In pochi secondi la frizzante leggerezza dell’aria che gli era dietro si congedò,per concedere all’altera sagoma oscura di rimembrarsi nel pieno del suo vigore. L’intero universo donò all’entità lo spazio di cui plasmarsi,su cui porsi nuovamente e tale spazio,ad egli adepto pienamente,si forgiò a suo volere all’ombra di Reyzhard.