ULTIMO DEMONE – Tra gelo e mare

Il pomeriggio giunse freddo ed ispido,mentre il sole raggiante del mattino di quel giorno era ora oscurato da grigie e dense nubi di tempesta. Candida ed evanescente neve discendeva soffice sul manto ghiacciato,mentre il cielo già annunciava la notte. L’esercito si era mosso verso le Arshane,verso l’oceano,osteggiato dal veemente vento di tempesta. La volta era già asservita al volere della notte,nonostante fosse solo pomeriggio.

Ultimo Demone

Quell’adunanza di nubi tra i grigiori e viscere annerite si dilettava a spargere folgori e scuotere la terra. Laddove il cielo non era livido,si scorgevano tinte d’un blu precocemente oscurato. Insieme alla neve,poche dolci lacrime di pioggia ricadevano,assalite da un vento gelido e potente,figlio dell’aspro dominio degli elementi.

Ovunque saette fulgevano,governando con violenza,esternando il loro tremendo furore. La natura s’inchinava alla sua stessa ira,ferendosi nella sua essenza più innocente. Energica e possente la melodia del vento. Al dorso del suo cavallo,Reyzhard lasciava che l’improvvisa tempesta smuovesse i suoi capelli fino ad introdurlo a tanto potere. Rimasto alla coda dell’esercito,non sentiva che questo,il fragore del temporale. Una velata espressione di disappunto copriva il suo volto,nell’animo martoriato dall’addio alla sua terra e dallo spiacevole futuro che si propiziava. Gran parte dell’esercito era già a bordo,solo alcuni esitavano ad imbarcarsi sulle Arshane. Brusca ed improvvisa,come quella bufera,era stata la loro partenza,senza soffermarsi ai convenevoli,senza degnare quelle terre d’un saluto,dopo tanta riconoscenza mostrata ai veri salvatori della patria. La baia di Gwommah permaneva quasi vuota,solo alcuni soldati umani ed Arius,a cavallo del suo destriero. Avvolto nella calda veste rossa e dorata,celava il viso a mo di sciarpa,solo i suoi fulgidi azzurri si mostravano ad avvistare Reyzhard. Un copricapo bianco leniva il freddo pungente,ma faticava comunque a contrastare la furia del vento. Finalmente intravide Reyzhard avvicinarsi,ancora poco distante dal centro di Gwommah. Sguardo perso,in aria di totale distacco dalla realtà,mentre la tempesta infuriava senza ritegno. Pochi secondi e il principe elfico fu dinanzi all’arcimago,tirò le redini del cavallo per fermarlo,poiché Arius gli impediva il passaggio.
– Cosa c’è,Arius? – chiese provato.
– Guardati intorno… o forse non l’hai notato? – Arius era indispettito.
– Certo che l’ho notato. Dove vuoi arrivare?
– Ci hai messo tutto questo tempo. Mi domando cosa ti turbi.
– Perché?Appaio turbato forse?
– Direi di si. Sei sicuro di voler venire con noi?
– Non ripeto due volte ciò cui ho già accordato la mia parola. SI. Ed ora lasciami passare arcimago,sono troppo stanco e troppo sconvolto per dilungarmi in una discussione. – Arius fece muovere il suo cavallo,obbedendo alle parole di Reyzhard. Dopodichè,avanzato che fu,si mise al suo seguito,contornato dall’avversità del temporale.
Con essi i restanti uomini si portarono al di sopra di quelle immense imbarcazioni. Sulla medesima nave,la più ampia in estensione e la più superba in fattezze,v’erano Napoleonardo,Darlek ed Ushar’al,intento a prendersene cura. Arius e Reyzhard vi erano appena saliti,quando il generale orchesco diede l’ordine di dispiegare le vele e sfruttare l’energico vento di tempesta,questa volta spirante verso sud-est e pertanto favorevole. Le altre navi seguirono l’esempio dell’ammiraglia,avventurandosi nell’oceano,comprensibilmente agitato. Quella furente comunione tra mare e cielo,sancita dal lampeggiare delle folgori,destava un’ira devastatrice in quelle acque,scuotendo violentemente le numerose navi. Le bestie furono condotte sottocoperta, e mentre Reyzhard si ritirava a cercare i suoi alloggi,Arius si soffermò sul ponte,madido d’acqua piovana. Vide il generale e Lord Exus affiancati da qualche orco,vi si avvicinò.
– Arius… finalmente. – disse Napoleonardo,voltandosi verso di lui.
– Chiedo scusa,ma Reyzhard è arrivato solo ora. – rispose,fissandolo con incertezza.
– Va’ sottocoperta Exus,e convoca una riunione nei miei alloggi. – ordinò il generale,rivolgendosi al suo ufficiale,che annuendo si diresse sottocoperta. – Capisco. – riprese,volgendosi ad Arius.
– Questa tempesta imperversa ormai da molto,e ciò che mi preoccupa è il fatto che si sia scatenata senza preavviso dopo una tiepida giornata di sole. – l’arcimago fece qualche passo,portandosi al fianco di Napoleonardo,ora intento ad osservare la distesa d’acqua che si poneva dinanzi.
– Non cercare di comprendere la natura,Arius. Lasciale esprimere la sua libertà come può.
– Riesco a tastare un’atmosfera di tensione,Napoleonardo,e non parlo della tempesta. E poi,tutta questa smania di abbandonare Northrend al più presto. Pensare che all’inizio io non volevo permanervi. – Arius osservò lo sguardo dell’orco,ancora ammaliato alla vista dello scatenarsi della tempesta. Il suo corpo era rigido,non si muoveva affatto e a chiunque,guardandolo così,sarebbe parso calmo. Eppure,osservandone gli occhi,l’arcimago comprese che qualcosa non andava,che v’era un motivo di tensione che coinvolgeva non solo il generale,ma l’esercito intero. I suoi superbi occhi grigi,a tratti corvini,riverberavano la furia di quel temporale e predavano dei fulmini il loro bagliore,ma Arius ignorava se ciò riflettesse l’animo o la vista del generale.
– E non parli della tempesta. No,come io non intendo né Northrend,né di abbandonarla. – un tocco d’ira tingeva la voce dell’orco,che ancora,fisso,non si voltava al suo interlocutore.
– E allora a cosa è dovuto tutto ciò?Sono in errore o qualcosa turba te ed anche gli altri?
– Qui ad Everral abbiamo perso molti uomini,anche se per un fine onorevole. Qualcosa ci turba,si,ma non è questo,e la nostra “smania di abbandonare Northrend” cela un’altra ragione. – frattanto che i due s’animavano nel discorrere,candidi ed esuli fiocchi di neve discendevano anche ad ammantare le immense navi. Lord Exus s’impegnava ad adunare gli ufficiali e tutti coloro che avessero una qualche importanza negli alloggi del generale,i più adatti ad una riunione.
– E quando dovrei conoscere questa “ragione”?E’ vero,non sono né generale né condottiero di qualunque sorta,ma ho diritto di sapere cosa succede.
– La conoscerai quanto prima,Arius. – Distogliendo lo sguardo dall’imperversare della bufera,l’orco dalla statura imponente pose lo sguardo sul viso dell’arcimago,il quale appariva confuso,quasi sconcertato. Poi si voltò,dirigendosi verso l’interno della nave. Arius rimase ancora per qualche secondo a rimirare quel cielo grigio,interrogandosi con impazienza.
La sua veste rossa e dorata era lievemente scolorita dalla neve sciolta,cui Arius neppure badava. Sotto lo sguardo sospettoso delle guardie orchesche dislocate sul ponte,si mosse anch’egli sottocoperta. Il corridoio che dovette percorrere era vegliato da altri soldati e precedeva un altro corridoio più lungo,quello su cui versavano gli alloggi. Il legname che costituiva l’imbarcazione era robusto,simile a quello delle case elfiche di Everral. In pochi minuti raggiunse quelle ch’era da considerarsi una sala,dove si sarebbe tenuta l’adunanza,e che riconobbe adocchiando un folto gruppetto appostato alla porta. Senza neppure notare chi fossero,entrò negli alloggi del generale orchesco riconoscendo molti dei suoi compagni. Al centro vi era un tavolo piuttosto grande,di forma ovale,al quale sedevano numerosi tra i suoi amici. Ushar’al,che ormai non vedeva da qualche giorno. Presentava un’aria abbattuta,stanca e forse amareggiata,non si voltò per salutarlo. Nessuno lo fece. Oltre a Napoleonardo vi erano Medivh,Faridor,Lord Exus ed altri due ufficiali orcheschi di cui ignorava il nome. Seduto in disparte ed apparentemente seccato rimaneva Reyzhard,che sosteneva uno sguardo di sfida e d’ira su tutti i presenti. L’atmosfera palpabile era quella di un lutto profondo,che gravava con tutto il suo peso sull’esercito,sui suoi condottieri. Assenti invece erano i rappresentanti umani,compreso Aelthur,probabilmente su un’altra nave. Arius,mirando i tre posti liberi,scelse quello che lo poneva di fianco ad Ushar’al. Concesse una rapida occhiata al gruppo silente,senza proferire,adeguandosi al tono greve dell’incontro. Napoleonardo,sedutosi da poco,si sollevò,cercando di capire lo stato dei suoi ufficiali.
– Sono sciente della vostra spossatezza,ma ora più che mai dovete ascoltarmi – disse il generale,squadrando i volti sopraffatti dalla stanchezza.
– Voglio,devo sapere cosa sta succedendo. Napoleonardo… – disse l’arcimago porgendogli uno sguardo dubbioso – Ushar’al… – aggiunse poi voltandosi verso lo sciamano. Nessuno dei presenti si degnò di rispondere.
– Siamo qui per questo. Guardati intorno Arius. Dimmi cosa puoi vedere. – disse il generale. Arius,intuendo che non era né momento né umore di discutere,si convinse di tacere,rimanendo ad ascoltare Napoleonardo. – Bene… Siamo tutti stanchi,Arius. Siamo stremati,dopo tanto errare e tanto combattere,le nostre membra sono abbattute. Ma per quanto soggiogate alla debolezza e all’estenuazione,queste membra dolgono meno di quanto non riesca a fare il nostro animo. – Arius lo osservò,colmando lo sguardo di delusione e attendendo che proseguisse. Prima di fare ciò l’orco si guardò attorno ancora una volta. Una variegata penombra evinceva in parte della stanza,completamente in legno ed illuminata,nei pressi dell’ingresso,al fiammeggiare di alcune fiaccole. Reyzhard appariva ancora turbato,la medesima espressione permase sul suo volto,ad osteggiare gli sguardi dei presenti. Non osava replicare,né enfatizzare un proprio gesto attirando l’attenzione. Ushar’al mostrava un aspetto ancora più spento,rendendo l’idea d’aver lottato per giorni e giorni senza fermarsi. Medivh non si curava di proferire,ma era solito non farlo quando la discussione coinvolgeva molte persone. Arius,disilluso dalle parole del generale,era ancora più amareggiato dal gravore che aleggiava per l’interezza degli alloggi. Sentiva di trovarsi all’ombra di una gravosa incombenza,oppresso da una forza maggiore,una forza comune ed inscindibile. Logorato da tanta pressione,l’arcimago sospirò,in un attesa strascicata delle parole dell’orco. Ma Napoleonardo,al contrario,ritornò a sedersi,arrendevole,come lo sarebbero stati tutti in quella condizione. Frattanto s’udivano folgori tuonare e disgregarsi tra le onde del mare.
– E quanto duole il vostro animo?E soprattutto,di cosa duole? – l’arcimago si decise a parlare,dato che se non avesse egli smosso il prepotente silenzio della stanza,l’arrendevolezza sarebbe degenerata in alienazione,per poi perpetuarsi in follia.
– Arius… siamo sviati,affranti. Non sappiamo dove siamo diretti di preciso,ed ignoriamo il da farsi. I MIEI soldati mormorano di un sicuro ritorno dei demoni ed hanno perso la loro indole guerriera. Ormai non credono più neanche in me,che li ho spinti fin qui alla ricerca di una patria. – Come sospettava,la quiete del generale era fatta solo di parvenza e celava sincera preoccupazione. Udendo le sue parole irate Arius si faceva complice del sentimento comune,ma vi partecipava con meraviglia,intensificando la delusione che già lo rammaricava. I fulgenti bagliori delle vittorie lo avevano accecato,tanto che non si accorgesse del fardello che legava uomini ed orchi. Ingannato dall’effimero gioire dell’esercito,dato dalla vittoria su Ulmar,non si era reso conto che in realtà gran parte di essi era sfiduciata. L’arcimago farfugliò qualcosa,un bisbiglio appena udibile dai suoi compagni. Dopodichè si rivolse a Napoleonardo.
– Già… non potevo immaginare. Ma non comprendo. Mi stai accusando di aver sfiduciato i tuoi guerrieri o quelli di Aelthur? – disse,arrangiando un aduno di rabbia tra le sue parole. Uno sguardo sgradevole gli venne rivolto da uno degli ufficiali orcheschi,quello parvente più giovane.
– Accusando?!?Tu,maledetto umano,non avremmo mai dovuto allearci con te,seguirti. Guarda dove ci hai condotti con le tue idiozie sui demoni e sul tuo amichetto mago. Non è questo il modo di dirottare un patriota in cerca di terra per i suoi fratelli! – le parole dell’ufficiale erano forti,così come moveva la sua gestualità giudice,chiaramente retta all’arcimago,colto da un vivido stupore. Non credeva che le cose fossero giunte fino a tal punto. Espressamente meravigliato non osò concedere responso alle affermazioni dell’orco.
– Ora basta! – gridò Napoleonardo. – Lhetros,lui non ci ha condotti da nessuna parte,ne ci ha ostacolati coi suoi demoni o con l’assillo di salvare il suo amico. Saremmo giunti qui in ogni caso,avremmo scoperto che l’unico modo per approdare a Lordaeron era di giungere dal nord,da Northrend. Avrete… Avremo la nostra terra,ma non è per questo che vi ho convocati. Arius – continuò,rivolgendosi poi all’arcimago. – il guardiano di cui parli,ho conferma che esiste. Ma non gli faremo visita… perdere così tanto tempo per concedere guarigione a Darlek è una cosa sconsiderata,che non posso permettermi nella mia posizione.
– Ma certo!Egli è solo il compagno del mago,il maghetto. – mentre ribatteva,Arius appariva indignato dalle parole pronunciategli dai due orchi. – Prima di partire avevamo fatto un patto. Vi ho concesso il mio aiuto,ho fatto si che si stipulasse un’alleanza fra voi e gli umani di Aelthur,ma dimenticavo che voi siete orchi. Riuscite a comprendere solo la guerra,e correte verso una patria evanescente,che fugge alla vostra mente come fuggirà ai vostri sensi quando capirete di non averla trovata. Senza di me voi non sareste neppure qui,ma queste navi sarebbero relitti,lì,nel mezzo dell’oceano,magari bottino per demoni. Aprite gli occhi per una buona volta:il problema non è Darlek,o quantomeno non è solo lui. – lasciò scorrere le sue parole senza soffermarsi sull’adeguatezza,ma erano la pura espressione del suo stato d’animo,e frattanto che le animava si rendeva visibilmente irascente agli occhi di tutti. I suoi capelli biondi erano mossi,a segnale che si sarebbe voluto sollevare e farsi effigie della sua ira.
– Per favore Arius,cerca di ragionare,e manteniamo la calma. Ho sempre avuto comprensione nei tuoi confronti e credo di doverti anche sincera fiducia. I miei soldati si sentono mandati allo sbando. E devo ammettere che non sono gli unici a non comprendere la meta,ormai stremati dal viaggio e logorati dall’attesa. Siamo qui per fare chiarezza. – disse il generale.
– Già,chiarezza. E mi è stato nascosto per tutto questo tempo. – l’arcimago si rialzò,volgendo un’occhiata di sfida all’ufficiale che prima Napoleonardo aveva chiamato Lethros. – Non sono io che devo dirvi la vostra meta,mi pare che sia stato questo che si voleva intendere.
– A te paiono troppe cose,umano. Qualcuno di noi ha sempre diffidato di te,prevedendo che l’alleanza sarebbe stata quanto mai scomoda ai nostri fini. Non hai fatto altro che ostacolare la nostra ricerca,e non lo farai ulteriormente portandoci da questo fantomatico “guardiano”. – aggiunse Lethros,sollevandosi anch’egli a contrastare la nascente furia dell’arcimago.
– Calmatevi! – Medivh urlò,introducendosi nella discussione. – Arius,ascolta:le cose stanno in questo modo. Gli uomini si sentono sperduti,mandati allo sbaraglio verso chissà dove,nonostante siano coscienti che il ritrovamento del guardiano di cui necessiti e della loro terra coincidono mirabilmente. In poche parole non nutrono più fiducia in te e nei tuoi intenti. Forse ti considerano un pazzo che ha visioni demoniache ed è ossessionato dal dover salvare il suo amico,e la loro stanchezza glielo concede. Ma non è questo un motivo per diffidare di te,poiché si sbagliano. – subito dopo rivolse il suo pronunciarsi agli orchi presenti – Si,vi sbagliate perché siete stanchi o avete in qualche modo paura di ciò che vi attende,e tutto ciò acceca la vostra lucidità,portandovi a commettere gravi errori. Dovete fidarvi di Arius in ogni caso,e prima ancora del vostro generale,perché saranno essi a condurvi nel luogo giusto.
– Non ho intenzione di ascoltare queste idiozie ulteriormente. Ah Medivh!Nessuno qui ha ancora capito chi tu sia o chiarito il motivo per cui ti trovi qui con noi,eppure ti prodighi di discutere su ciò che dovremmo fare. – L’altro ufficiale orchesco si era sollevato,rivolgendo le sue accuse al guardiano. – E tu Ushar’al!Tu sei lo sciamano qui,colui che dovrebbe infondere in noi la cultura sciamanica,colui che dovrebbe essere guida di tutti noi. E cosa fai?Te ne stai in silenzio,come un cane bastonato. – continuò,osservando lo sciamano che non osava reagire. Poi,equilibrando il delicato gioco di carisma nel dibattito pose l’attenzione su Arius. – Lhetros ha forse esagerato,ma ha comunque espresso la condizione nella sua esatta stasi. I nostri uomini hanno bisogno di qualcosa di concreto. Ne hanno bisogno ora,prima di impazzire. – a tali parole l’ufficiale divenne più calmo,ricevendo un’annuita da parte di Napoleonardo.
– Si,ha ragione. Mi dispiace ammetterlo Arius,ma non possiamo inseguire spiriti. – disse il generale,raffermando il tono,cercando una minima cordialità nelle proprie parole.
– E non lo state forse già facendo? – L’arcimago giungeva quasi a bisbigliare le sue parole,sfinite dalla delusione. Sapeva di aver mentito,poiché la sua volontà di incontrare il terzo guardiano era puramente guidata da un forte desiderio di salvare il più caro amico che avesse,ciò che gli rimaneva d’un età gioiosa. Oltre a ciò comprendeva che l’incontro con quel guardiano avrebbe chiarito gli episodi demoniaci,e rivelato quell’incombenza che tanto tormentava quel viaggio in cerca d’una patria. Lo sentiva necessario più che mai,e non poteva che provare una profonda delusione,sapendo di non poter raggiungere il guardiano.
– No. La terra che noi cerchiamo è un qualcosa di concreto,nonostante non conosciamo la sua locazione. Il guardiano è forse anch’esso concreto,ma non abbiamo la minima idea di dove si trovi. Lordaeron è troppo vasta e i miei uomini non possono affrontare un altro viaggio senza una mira definita,ignari della destinazione. Hanno bisogno di vedere qualcosa che possano definire proprio,avere l’illusione di una dimora,ovunque essa sia in Lordaeron. – Il generale avvertiva profondamente suo lo stato d’animo dei suoi soldati,lo aveva fatto fin dai giorni della ribellione. Doveva incoraggiarli ora che imperavano confusione ed incertezza,e per fare ciò era necessario avere come meta una terra,qualunque essa fosse,non unicamente udibile nel nome,bensì visibile alla futura vista degli orchi. D’altro canto Arius era divenuto per lui un alleato,forse un amico,e non poteva semplicemente ignorare cosa ciò significasse per l’arcimago. Si sarebbe reso memore di quel dolore,cercando di compensarlo come poteva.
– Entrambe portano a vagare,offuscando il nostro lungimirare. Nulla cambierebbe se tentassimo di incontrare il guardiano. E non lo dico perché ne dipende la salvezza di Darlek,ciò chiarirebbe anche la nostra posizione,il nostro ruolo. Spiegherebbe i demoni e la probabile invasione che voi vi ostinate a negare. Mi spiace essere stato la causa di tanto rancore,ma sto facendo unicamente ciò mi pare giusto. – Era il chiaro segno che l’ira stava abbandonando Arius,poiché poteva unicamente scontrarsi con altra rabbia o consumarsi nella totale indifferenza. Mentre un’amara convinzione si radicava nel suo animo,ei tentava inconsciamente di persuaderli a cambiare idea. Frattanto Medivh esternava il suo dissenso e la sua rinuncia a convincere gli orchi. Reyzhard continuava a giacere silente,apparendo almeno in parte svincolato dai suoi ricordi e pensieri dolorosi. Inasprendosi i toni della discussione,sentì il dovere di ascoltarla quantomeno.
– Arius… non posso rischiare una nazione per una sola persona o per il sospetto di un’invasione. – La sua mortificazione s’induriva al momento di infrangersi in parole,ma era comunque percepibile ai presenti. Arius dusse uno sguardo oneroso agli occhi di Faridor,oneroso nell’instaurarvi sensi di colpa.
– Dimmi Faridor,anche Aelthur la pensa così?Dove ha intenzione di portare i suoi uomini? – L’arcimago intensificò leggermente il suo interloquire,accennando un’aggressione al verbo di Faridor. Quest’ultimo ne parve intimorito,esitando a concedere una risposta.
– Ecco… Io… – Faridor s’interruppe. Napoleonardo li osservò maturando preoccupazione,mentre conquistavano l’attenzione di Reyzhard e Medivh.
– Rispondi!! – Arius gridò,rendendo concreto ed istintivo il timore di Faridor. La furia che lo aveva abbandonato per qualche minuto lo pervase nuovamente,sfociando nel suo sguardo. Gli occhi azzurri sembravano quasi assumere tonalità infuocate e,data la sua incomparabile forza spirituale,l’infuriare del suo animo era percepito definitamene per tutta la stanza.
– Si. – Faridor emise un sospiro. – Si,quando siamo partiti e abbiamo accettato di aiutare Everral non credevamo che la situazione si sarebbe volta a tale esito. Non potevamo immaginare quanto fossero scoraggiati gli uomini e ci saremmo potuti permettere di incontrare il guardiano di cui parli. Aelthur concorda nel non soffermarsi alla ricerca di costui.
– Come se fossero parole tue,Faridor… – la voce di Arius divenne più flebile,riverberando l’arrendevolezza che sarebbe nata di lì a poco nel suo animo. Ancora una volta,abbassando lo sguardo,non riuscì a celare la delusione,per un qualcosa che non comprendeva o non accettava. Scosse il capo,enfatizzando sempre più il suo dissenso.
– Non lo sono… ho solo espresso il pensiero di Aelthur qui non presente,come mi avevi chiesto. – Deglutì e,sentendosi accusato dall’atteggiamento di Arius,ed ancor più dal silenzio degli altri,tentò istintivamente,di fronte a sé,di discolparsi di ciò che sapeva di non aver commesso,ma che credeva con dubbio.
– Non mi opporrò. – sospirò. – E’ inutile,poiché questo è il volere di tutti,forse una reale necessità,che io non avverto però come tale. – Arius sentì il solo bisogno di tacere,pur di concedere voce ai propri pensieri,così pressanti e così retti alla sorte di Darlek. Non poteva evitare,come pure provava,per puro istinto di avversione alla sofferenza,di sospingersi al ricordo della loro amicizia. Sebbene non fosse morto,Darlek era ormai privo della sua anima,del tutto soggiogata al potere demoniaco. Trattenne qualsiasi lacrima,qualsiasi gesto che rispecchiasse il suo dolore,doveva rimanere sigillato nel suo tempio e logorare in silenzio. E intorno a lui i suoi compagni tacevano:non v’era più ira da esternare,né rancore da nutrire,così come la calida quiete della furia elementale.
– Non c’è altro… la rotta è per Sheyldor. – il generale fugava il dispiacere nella voce spenta,imponendo indifferenza alla sua figura. Riconobbe che non era adeguato dilungarsi a spiegare le proprie parole. La sua fredda comunicazione,doveva essere ostentata e licenziata in pochi verbi. Sheyldor era un antico approdo nell’estremità settentrionale di Lordaeron,il più vicino da Northrend,l’unico di cui le loro mappe ricordassero l’esistenza. Napoleonardo si sollevò,attendendo qualche istante per accomiatarsi. I suoi luogotenenti annuirono,mentre Lord Exus si sollevava per seguire il proprio generale. Né Reyzhard né Ushar’al reagirono,soffermandosi a tacere,come avevano fatto per tutta la discussione. Arius,inoltrandosi nel suo dolere ed altruendosi da coloro che avevano preso parte all’aduno,poggiò il capo sul braccio sinistro,covrendosi la fronte. Fulgeva un momentaneo bagliore nei meandri della sua mente,ora penetrati da intense fitte,partorite dal suo animo ardente. Un bagliore che si discostava per pochi attimi dalla penombra dei suoi luoghi. Un intenso rilucere governò il suo sguardo,sciogliendosi nei suoi azzurri che ora lacrimavano per volere della luce,o delle tenebre del suo animo. Così esasperata luce,ad adattare la vista alla nuova oscurità,pura ed abissale,che tuttavia recava in onere tratteggi di gloria. Tutto intorno a sé era di vivida ombra,limpida notte nell’etere,nelle poderose colonne,nel trono cui sembrava sedere. Sollevò il capo a scrutare intorno,vide un demone allontanarsi lentamente,numerosissimi altri demoni in guardia statuaria.
– Volevo solo che lo sapessi… che conoscessi la situazione e comprendessi le ragioni della mia scelta. Mi dispiace. – disse Napoleonardo. Ei,così come tutti gli altri,diresse il guardo ad Arius che,ricaduto nel profondo di sé,mostrava parvenza comatosa,come rapito ed avvolto da un immenso e risonante volere.
– Cosa… cosa hai detto Mildur? – chiese Arius,voltandosi verso il generale orchesco. A tali parole né il generale,né gli adunati reliqui riuscirono a contenere lo stupore,soffermandosi sbalorditi ad interpretare il verbo dell’arcimago.
– Mildur? – proferì l’orco inumidendo le labbra di meraviglia. Ushar’al,udendo le parole dell’arcimago e del proprio generale,diede un primo segno di vita,volgendosi ad Arius. L’arcimago scosse il capo con veemenza reducendo alla sala in cui giaceva. Cogliendo lo stupore comune,ne dipinse il suo viso,mentre il respiro si faceva affannoso. Era visibilmente scosso,più che tormentato dalla consapevolezza di non poter salvare Darlek. Napoleonardo gli lanciò uno sguardo che avrebbe potuto gemere alle orecchie di Arius. Poco dopo,non ricevendo risposta si voltò,uscendo dai suoi alloggi per controllare le condizioni delle navi e del cielo. Ad esso seguirono gli ufficiali orcheschi e Reyzhard,che aveva taciuto per rabbia ed ora taceva per timore e dispiacere. Anche Faridor s’allontanò,curandosi di non incontrare lo sguardo dell’arcimago,sentendo d’avergli fatto come un torto rivolgendogli tale risposta. Medivh rimase seduto,attendendo con Ushar’al che l’affanno di Arius si placasse.
– Ti domando perdono. Ero stremato e a stento sono riuscito a venire qui. Non avevo la forza di sostenere una discussione,né di parlare,ma sappi che sarei stato e sono dalla tua parte. – con voce esile lo sciamano strascicò quelle parole. Frattanto Reyzhard e Faridor si allontanavano e avvertendo la sera sulle loro membra,si sarebbero diretti nei loro alloggi per ristorarsi.
– Non devi preoccuparti. So che sei dalla mia parte… – disse l’arcimago,emettendo gli ultimi affanni. – Perché sei stremato?Cosa intendi?
– Ho trascorso la nottata di ieri a prendermi cura di Darlek e questa mattina ho dovuto comunque assistere all’incoronazione. Non so cosa darei per dormire,credimi…
– Avrei dovuto farlo io come le altre notti,ma avevo cose importanti da cui non potevo esonerarmi. – aggiunse Medivh,giustificando la veglia di Ushar’al. Arius annuì.
– Grazie della solidarietà e dell’amicizia. – disse l’arcimago,tossendo. – Posso vederlo?
– Certo… – cordialmente lo sciamano si rivolse poi a Medivh – Medivh,andiamo,penso che saprai spiegargli nei dettagli la condizione di Darlek meglio tu di quanto non possa io. Vi accompagnerò,ma poi perdonatemi,andrò a dormire.
– Bene. Allora andiamo. – il guardiano s’avviò all’uscio,attendendo che lo seguissero. Arius annuì,rialzandosi e portandosi alle spalle di Medivh,aiutando poi Ushar’al,che,prostrato dalla stanchezza riusciva appena a camminare. Probabilmente l’uso della sua potente magia sciamanica gli aveva strappato le maggiori energie,ed ora dovevano essere recuperate.
La tempesta s’era ritirata,e con essa le variopinte nubi. Il cielo poteva stagliarsi limpido,quando ormai gli ultimi lumi del crepuscolo si erano già inabissati nel vago sopraggiungere della notte. Il vento s’era acquietato,ora brezza che si sospingeva ancora favorevole alla rotta delle navi. Lo stesso mare,imbarazzato del suo agitarsi solitario,riebbe quiete. Tinte scure s’intrecciavano a quell’azzurro timido ed esitante. Il corridoio che conduceva alla stanza in cui si trovava Darlek era controllato da varie guardie,in apparenza impassibili. Nel breve percorso i tre permasero in silenzio. Medivh aveva intuito l’incertezza dello stato d’animo di Arius,aveva intuito ch’era accaduto qualcosa,emersa poco prima negli alloggi del generale. Ushar’al era fin troppo esausto per concedersi di proferire,o di pensare altro che al riposo. Arius brancolava nella sua foschia,incapace di dare ragione alla sua ennesima visione demoniaca,costretto ad accettare ciò che meno avrebbe consentito,già volto al dolore venturo. Pochi minuti furono sufficienti a raggiungere la camera,e per Ushar’al a congedarsi.

ULTIMO DEMONE – Tra gelo e mare

Medivh ed Arius vi fecero ingresso. Così come nel luogo in cui s’era tenuta l’adunanza,regnava una fitta penombra,alterata al lume di poche candele,d’una torcia prossima ad esaurirsi e coricarsi in cenere. Sul ligneo letto vide steso il suo amico più caro. Ne soffrì il pallore e la gelida sensazione che la sua vista imponeva. Mentre il guardiano lo fissava in aria più di compassione che di sufficienza,Arius s’avvicinò all’insensibile corpo di Darlek. Scostando i capelli chiari tastò la fronte,mutando in tatto ciò che già la vista poteva suggerire. Freddo,come privato della sua essenza,d’ogni alito di vita. L’esiguo calore delle sue mani era sopraffatto,penetrato da quell’eco di morte. Allontanò la mano,rinvenendo in un brivido.


– Se avessi potuto fare di più per lui… tutto ciò va aldilà dei miei poteri. – disse il guardiano,vedendo Arius come stordito nel vedere Darlek moribondo. Ma l’arcimago non replicò. Poggiò ancora la mano sulla fronte e,dopo aver percosso il suo corpo,raggelò il suo pensiero. Non rendeva alcuna importanza sapere riguardo alla visione demoniaca,né riguardo a dove stessero andando. Un candore soffocante ed ispido torturava le sue membra,poi,lottando irriducibile s’albergava in quella mente già indebolita e troppo logorata per opporsi. – Morirà. – proferì ferreo il guardiano. Ancora una volta Arius non rispose. Si voltò a presidiare un breve sguardo,fermo come le parole di colui che osservava. Ricondusse la vista alle spoglie prive di sensi. Poteva cumulare soffice neve,concluderla tra i suoi pugni. Avanzava il suo rogo,il suo ardore,consumando e liquefacendo quel manto suaso ad essere costante. Neve,nei lamenti della terra,gelo s’insinuava ad estirpare le fragili radici. Fremiti mormoravano alle membra di cedere,affondando le gambe,ansimando la propria spira nello sbiadire. Sbiadendo d’occhi,della perdizione degli elementi in nequia solitudine,in aspra prigionia. Un vento aleggiava infimo lambendo la coltre di neve,nel suo spirare carpiva tutta la genie dei ghiacci,fino ad erodere il suo stesso passo. S’imprimeva nelle vene,nutrendosi dell’agonia nella sua morsa,maturando nel dolore il proprio figlio,rendendolo immortale. Tremulo e sempre più fragile,brividi gli percorrevano il corpo. Violente sferzate gli strappavano brandelli di carne,e ancora, finché il dolore non s’attenuasse della sua frequenza. Ma non sgorgò sangue. Brandelli di carne,poi ancora brandelli,brandelli del suo animo. Il suo responso era silenzio,quei ghiacci non udivano,atterrivano nei loro lamenti,soffocando ogni alito di voce nel pulsare del loro cuore raffermo. Vibrò,finchè neppure i tremori riuscirono a dirompere nell’inscindibile gelo. Né digrignava,o si torceva nella sofferenza,le lacrime prendevano a dissolversi,morire prima di essere concepite. Non potevano,non erano abili da resistere a quello scempio. Un ultimo sussulto perì,incontrando la natura di solida roccia di quella carne. Avvertì la sua essenza dimenarsi,lasciandosi poi avvolgere. Raggelò. Raggelarono il suo cuore,la sua mente. Eterno,fragile ibrido riaffiori tenace,mentre gelidi ti colmano e ti celano incosciente,mentre la nova fa preda di te,t’ardiscono nei fruscii e t’adagiano su questo pallido letto;gemi,frattanto ch’empio seme del gelo attecchisca nel tuo essere e t’accolga ai tuoi albori.
Arius distolse lo sguardo. Al cospetto di quel duplice freddo non poteva che soffrire,compiangerlo e appienarsi d’amarezza. Contemplava,mentre Medivh li osservava silente.
– Morirà… – disse ad alta voce l’arcimago. Il guardiano annuì.
– Si. Attende solo di esserne abbracciato.
– Tu sai perché sono qui,Medivh? – chiese l’arcimago,asciugandosi una stilla della sua linfa. Poi s’inchinò a quel giaciglio,flettendo il capo. Ignorò la vista di Medivh.
– No. So che gli orchi sono qui per ritrovare la loro patria. In qualche modo ti ho spronato io a giungervi. Ma non ne conosco la ragione. – il legno della stanza,solitamente fautore di un caldo gravoso,non era in grado di sovrastare il senso e l’essenza di gelo.
– Io sono qui per lui. Mi ha convinto a salpare con gli orchi verso Lordaeron. Guarda. Lo sta facendo ancora,ed io non posso ignorarlo. E’ come un fratello per me. – rispose l’arcimago,chiudendo i lucidi occhi azzurri.
– Mi dispiace che sia stata questa la loro scelta. Ma in parte li comprendo,dovresti farlo anche tu.
– Lo farei se condividessimo una meta precisa. Tuttavia è così,il volere di un popolo ha di gran lunga più risonanza. Le loro grida si fondono e riecheggiano,le mie non possono ch’essere stroncate.
– E poi non dimenticare Aelthur… gli intenti di Napoleonardo sono comuni anche ad egli ed ai suoi umani.
– Ascolta. Posso capire chiaramente che la mia presenza qui non dipenda solo da Darlek. E’ ciò che m’impone,ciò che mi rivela il mio animo. Ma intuisco che ci sia dell’altro. – Arius rimaneva chino,a contemplare ancora il corpo del suo compagno più caro.
– Ed intuisci bene. Quando comprenderanno che si tratta di un’invasione sarà troppo tardi. – il guardiano appariva perplesso,turbato.
– Devi dirmi qualcosa,Medivh? – chiese l’arcimago voltandosi verso di lui. Il guardiano sospirò.
– Non posso soffermarmi oltre… intendo al vostro fianco. – i suoi occhi non si erano mai scostati dall’ossequiare i gesti di Arius.
– Cosa? – domandò con meraviglia l’arcimago,mentre rinnegava il dolore per qualche attimo,costringendolo nel più profondo della sua anima.
– No,ripensandoci non ho nulla da dirti,Arius. – levigò la propria voce affinché l’arcimago si sforzasse di comprenderlo. Poi si voltò,in procinto di allontanarsi dalla stanza.
– Qual è il motivo?Sentiamo… – proferì sollevandosi e ignorando appieno la frase del guardiano. – E’ codardia?O semplicemente indifferenza? – aggiunse,facendosi aggressivo nel discorrere.
– Nulla di ciò. – rispose,fermandosi e rivolgendo ancora le spalle all’arcimago. – Non posso aiutarvi,non posso esservi alleato. Io non sono certo di avere in comune con voi la vostra causa.
– La nostra causa… – era sbalordito. – E non è forse la tua?Non è forse comune a chiunque?
– Non fraintendermi. Ma col tempo capirai la mia scelta di abbandonarvi. E’ tutto ciò che posso fare.
– Capirò la tua scelta?Prima mi spingi ad inseguire questa follia,e poi mi dici che non puoi condividerla.

– Addio,Arius. Non pensare nemmeno per un istante che la mia sia corruzione o tradimento o ancora paura. Ho dovuto compiere una scelta. Ti renderai conto di quanto sia stata giusta. – l’arcimago non replicò. – Le visioni,i ricordi demoniaci. Sono scomparsi ora? – continuò a porgere le spalle ad Arius,forse per carenza di coraggio per affrontare il suo sguardo,forse per rispetto alla sua sofferenza ed incomprensione.
– No. Sono più rari,ma tardano a dissolversi. C’è qualcosa di cui non ti ho parlato quando eravamo ad Everral. – la nuova quiete dell’arcimago nel proferire celava un rancore acerbo ma crescituro.
– Cosa,Arius? – domandò Medivh,accennando dispiacere.
– Si… ripensandoci le visioni demoniache sono scomparse. – aggiunse,fingendo di ignorarlo.
– Bene. Addio. – Medivh,senza degnarsi di incontrare il volto del suo interlocutore,uscì allontanandosi verso il ponte della nave. La sera s’era ormai affermata e la volta non poteva sottrarsi al suo incedere.
– Addio… – sussurrò Arius. Si radicava in lui un nuovo sconforto che,come le precedenti esperienze dolorose si faceva strada ledendo e lacerandogli l’animo. Ardeva con incomparabile passione,ergeva rovente quella fiamma,ma sulla sua pelle non poteva che vivere brividi ed assaporare il gelo. Era solo,perdurava d’esserlo,perduto in quel ineffabile oceano di ghiaccio.

Arius