Da tanto tempo non leggevo un libro così in fretta per il piacere di farlo. Ci voleva un momento di ispirazione per ritrovare fra i libri di casa “La neve in fondo al mare” di Matteo Bussola…dono di cari amici per i miei passati 50 anni!
Ci ho messo tempo a decidermi a leggerlo, forse perché sapevo che non era un libro facile. Mi avevano anticipato che parlava di paternità, di rapporti genitori figli non sempre facili, di adolescenza, disturbi, attacchi di panico, anoressia e di tutto quello che ci fa paura.
Noi esseri umani tendiamo sempre ad allontanare quello che ci fa soffrire. Ci sembra giusto cancellare il dolore, la fatica e guardiamo ai problemi altrui col timore di esserne coinvolti. L’empatia sembra quasi una malattia contagiosa da cui difendersi.
Il libro di Matteo Bussola è in un formato accessibile anche a me che fatico a leggere anche con gli occhiali da vecchietto, composto di circa 180 pagine (direi perfetto) e con capitoli brevi che ritmano la lettura e ti portano da una situazione all’altra con rapidità, mantenendo la curiosità del lettore.

La storia è quella di un padre, Tano, e suo figlio Tommy che affrontano insieme l’anoressia. Avete capito bene: un ragazzo anoressico. L’idea comune è che sia un problema quasi esclusivamente femminile, ma non è così.
L’autore sottolinea più volte, per bocca dei medici che assistono suo figlio, che le malattie come l’anoressia e la bulimia non sono legate al cibo. L’origine del disagio è scollegata dall’ambito della nutrizione. Ha più a che fare con “vuoti e pieni” come scrive Bussola.
Ci sono pagine emozionanti che mostrano il rapporto padre figlio nella primissima infanzia. Il padre è felice perché suo figlio gioca con lui, condivide momenti speciali, lo ascolta, gli parla. Poi ci sono le pagine che narrano il presente dove il rapporto si azzera, le distanze diventano incolmabili e il dolore sordo e continuo è il solo compagno di interminabili giornate in ospedale.
In questo centro di riabilitazione e primo soccorso a giovani con forti disagi c’è un po’ di tutto. C’è Eva che è bulimica e mangia fino a diventare enorme. Apparentemente l’uno l’antitesi dell’altra, in realtà due facce della stessa medaglia. Uno mangia così poco che quasi scompare, l’altra mangia così tanto che potrebbe scoppiare. In entrambi i casi i loro corpi gridano aiuto e mostrano ai genitori e a tutti quelli che vivono intorno a loro che qualcosa non funziona, che stanno male.
C’è Marika che si taglia, Nicholas di undici anni che esplode di rabbia furiosa, Giacomo che ha tentato di suicidio. Tutti soffrono e gli adulti non capiscono il perché. Qualcuno si carica di colpe, altri rifiutano di farlo e odiano i figli che sembrano solo degli egoisti ai loro occhi.
Tutti commettono l’errore di pensare sempre con il proprio punto di vista. Tendiamo tutti a farlo di continuo. Ad assegnare agli altri un ruolo e soffrire quando quelle persone non rispettano il copione che avevamo scritto per loro.
Una storia meravigliosa e terribile in cui riconoscersi come individui, genitori, figli. Una storia scritta in modo perfetto che vi farà tremare, commuovere piangere e arrabbiare.