Dopo aver letto e recensito il libro di Salvatore Liggeri dal titolo A due passi dal Tibet ho deciso di scambiare con lui due chiacchiere per conoscerlo meglio e capire alcuni aspetti del suo libro e della sua personalità. Salvatore Liggeri si è prestato con molta cordialità a farsi conoscere meglio!
Napoleonardo: Ciao Salvo, mi fa piacere conoscerti e scambiare due chiacchiere. Prima di tutto una mia curiosità: come ci hai trovati online?
Salvatore Liggeri: Ciao a te e a tutti i lettori il piacere è tutto mio. Ho avuto la fortuna di scoprire del vostro sito attraverso la lettura di alcune recensioni trovate sul web scritte da voi. Mi colpisce l’enfasi con la quale riuscite a raccontare e a descrivere determinate storie, e così ho deciso di presentarmi.
N: Ho letto che sei un giovanissimo papà. Come vivi questa nuova avventura?
SL: Sì, sono felicemente papà di una bellissima bambina di 5 anni che si chiama Chanel. L’esperienza di essere papà è meravigliosa. Sentirsi papà è una sensazione strana…fino a poco prima dell’esistenza di un figlio, il cuore è uno solo. Dopo la nascita dello/a stesso/a, diventano due e battono all’unisono. Ahimè, non sono stato molto fortunato da un punto di vista relazionale con sua mamma. Purtroppo lei non mi permette di vedere mia figlia e per me diventa sempre più difficile riuscire ad avere dei contatti. Al momento vive in Polonia e spero di poterla rivedere al più presto. Di più al momento, non mi sento di dire…so che capirete.
N: Il tuo libro è frutto di una esperienza umana molto personale ma tu hai sentito l’esigenza di condiverla con tutti. Ci vuoi spiegare come nasce l’esigenza di scrivere? Qual è lo scopo del tuo libro?
SL: Hai ragione. Inizialmente infatti, l’esperienza con i monaci tibetani voleva essere totalmente intima e personale. Per un certo verso è stato così, nel senso che nel periodo in cui vivevo lì a stretto contatto con loro, ho evitato ogni tipo di contatto o di attività social. Al mio ritorno dal monastero però, ero arrivato alla conclusione che tutto quello che avevo visto e vissuto poteva servire a qualcuno, magari per superare dinamiche difficili in ambito sociale, psicologico o economico. La gente generalmente soffre, da sempre. Tutto ciò è dovuto spesso dal fatto che la nostra mente ha l’arduo compito di gestire una macchina complessa come il nostro corpo. Con il passare degli anni le persone vivono guardando sempre all’esterno di loro stesse e mai all’interno, mai in profondità. Ecco che vengono fuori molti disturbi a livello fisico e psicologico, per molti traumi o problemi irrisolti, spesso per la paura di doverli affrontare o per la non consapevolezza che essi causino malessere dentro di noi. Lo scopo del libro è aiutare il lettore a capirsi, ad ascoltarsi e soprattutto, a dedicarsi del tempo per indagare dentro di sè…dobbiamo tornare a prenderci cura di noi.
N: Vivere in un monastero è una scelta forte che, apparentemente, limita la libertà di chi lo sceglie. Tu come la pensi su questo?
SL: Vivere all’interno di un monastero effettivamente limita molte delle libertà che per noi possono apparire in un certo senso fondamentali. Tutto ciò in realtà non viene a mancare, ma si trasforma. All’interno del monastero infatti, la regola fondamentale di ogni individuo al suo interno è pensare a sè stessi, volersi bene, per riuscire a far del bene agli altri. Tutte le energie durante il giorno, vengono sfruttare per meditare e per lavorare, concentrandosi esclusivamente sul sè. Credo tuttavia che un’esperienza del genere per essere vissuta, abbia bisogno sempre e solo di persone disposte e aperte a farlo.
N: Ti sei posto dinanzi la vita e le esperienze con curiosità e uno sguardo gentile. Da chi hai imparato queste cose?
SL: Sono sempre stato un curiosone pieno di fantasia. Sin da quando ero bambino, per mia natura, avevo la passione di andare sempre oltre, desiderando di perdermi nei boschi o di vivere avventure straordinarie. La gentilezza invece è qualcosa che ho appreso da mia mamma, donna che ha sempre affrontato ogni sfida attraverso la gentilezza.
N: Cosa vorresti per il mondo del prossimo futuro?
SL: Dal mondo non vorrei nulla di particolare. Il mondo ci ha già dato tutto. Abbiamo tutto gli strumenti che ci servono per vivere una vita felice. Dovremmo solo imparare a conoscerli e applicarli. Ci vuole tempo e pazienza…ecco, queste sono cose di cui l’essere umano dovrebbe arricchirsi. Perché solo nel tempo e nella pazienza risiedono le ricchezze più grandi.
N: Immagino tu provenga da una formazione cristiana. Come mai non hai pensato di vivere qualcosa di analogo a quello che hai vissuto a Pomaia in veste cristiana?
SL: Sì, la mia è una famiglia principalmente cristiana. Anche io sono crisrtiano, ma col tempo oltre che cristiano, sono diventato anche induista, buddista, musulmano. Insomma, in ogni religione ci ho visto Dio. In ogni luogo ho trovato una chiesa. Ho camminato per centinaia di chilometri attraverso cammini cristiani e ho visto Dio non attraverso i suoi simbolo, ma attraverso tutte le sue creature e ho scoperto che egli non ha nome, nè bandiera. Il monastero mi ha permesso di mantenere una neutralità religiosa e questo l’ho apprezzato. Da altre parti non so, ma sicuramente continuerò a esplorare.
N: Cosa pensi della vita delle suore di clausura in relazione a quello che hai vissuto in un breve tempo presso i monaci buddisti?
SL: Provo una grande ammirazione verso le suore di clausura. Non nego che ci vuole coraggio, ne è servito anche a me, nonostante il breve periodo vissuto lì. Credo che ogni persona che abbia fede in qualcosa e che ami il suo prossimo veramente come sè stesso, sia da ammirare. Ci vuole coraggio.
N: Grazie di cuore per aver condiviso con noi il tuo libro e per il tempo che ci hai dedicato. Fai un saluto a chi vuoi tu!
SL: Il mio ringraziamento va a voi, proprio per il tempo e la pazienza che mi avete dedicato. Un saluto a tutti i lettori e ricordate, ogni cosa che accade ha sempre il suo perchè…anche il solo fatto, che voi stiate leggendo quest’intervista. Un abbraccio, Salvo.