IL PALADINO – Capitolo 22- Il disastro di Stromgard

Dei cento uomini scelti dal comandante Samaul, disse, nessuno di loro aveva partecipato attivamente alla distruzione di Hammerfall: erano, quindi, forze fresche. Lo disse mentre ci incamminavamo verso la cittadella a passo, quasi come se volesse trovare una scusa per quella che era stata a mio parere una decisione avventata e stupida.

Naemor il paladino – audiolibro

Stromguarde era posta su un’altura rispetto al livello del terreno, ed era così grande che le mura racchiudevano un territorio che arrivava fino al mare. Da quel lato infatti, solo gli scogli e una piccola striscia di terra dove un tempo c’era un fossato, dividevano le mura dall’acqua. Così, lungo la strada le mura si potevano avvistare da molto lontano, mentre la strada proseguiva sopraelevata sulle valli che pullulavano di bestie. Queste erano perlopiù raptor e ragni che non davano problemi. Ma incontrammo anche un gruppo di elementali della terra e del fuoco che presidiavano una sorta di circolo. Fortunatamente eravamo, appunto, più in alto rispetto a loro e quindi non ci videro. Quando dopo qualche ora di marcia verso nord, svoltammo bruscamente a ovest, e dopo aver visto cascate e acqua in abbondanza, perché c’erano parecchi fiumi, riuscimmo a intravedere la fortezza con le sue mura. Molte di queste erano in piedi, ma altre erano crollate; notai che erano anche molto alte, e che un tempo, quindi, erano state difficilissime da espugnare. Si vedeva anche il castello di Stromgarde all’interno della fortezza, circondato da altre mura più basse, ma anch’esso abbastanza malridotto. Del fossato antico rimaneva soltanto poca acqua, posta perlopiù intorno al ponte naturale che univa la strada ai portali. Questi erano si in piedi, ma bucati e scardinati, appoggiati alle mura. L’entrata quindi era aperta quando giungemmo al ponte di terra che collegava la strada ai portali.


L’ultima battaglia che si era svolta lì era roba di un anno prima, quando gli abitanti di Refuge Point guidati da Galen Trollbane, Re di Stormguarde, si erano riuniti in un esercito che mai avevano sognato di mettere insieme e marciarono contro gli ogre e gli umani banditi che li sostenevano, guidati da Lord Falconcrest. In quella battaglia, raccontataci dai sopravvissuti, morirono sia i maggiori esponenti degli umani che si erano alleati agli ogre in cambio di denaro, sia tutta la famiglia Trollbane. Il risultato, quindi, era un nulla di fatto. Gli uomini di Refuge Point erano diminuiti, così come gli ogre di Stromgarde. La strada però a noi, sembrava spianata proprio grazie a quel sacrificio.
Samaul ordinò di andare un po’ più avanti per mettere su un accampamento provvisorio per la notte, in modo da non poter essere scovati dal nemico. Infatti, le sentinelle che fecero il turno di notte dissero di non aver avvistato nessuno sulle mura della città.
“Molto bene” disse Samaul. “entreremo compatti e di forza nella città, se gli arcieri non sono sulle mura. D’altronde penso che gli ogre non sappiano neanche usare degli archi”
“Sono d’accordo a metà” dissi.
“Si spieghi meglio, Gran Maestro.”
“E’ vero che non si è mai visto un ogre con un arco, e tanto meno un ogre che si accucci e sappia nascondersi lì sulle mura” dissi indicandole “ma non possiamo essere certi di cosa possa nascondersi tra le strade. Gli ogre sono temibili corpo a corpo.”
“Ha ragione. Sarà meglio mandare qualcuno che si avvicini alle mura per ispezionare meglio.”
Ordinò che un cavaliere fosse mandato subito vicino all’entrata, che gettasse un rapido sguardo dentro e poi tornasse al galoppo da Samaul. Così fu fatto e il cavaliere-esploratore disse di aver trovato del tutto vuota la città.

“Non ci sono dubbi adesso. Magari scopriremo che neanche gli ogre sono lì dentro.” Disse il comandante supremo.
“Non escludiamo che sia una trappola” commentai.
“Lo escludo, invece. In sella adesso! Entriamo a Stromguarde e prendiamo possesso della città!”
I cento cavalieri con lo stesso Samaul in testa iniziarono a cavalcare a velocità sostenuta prima lungo il ponte e poi, dopo aver superato i portali, dentro la città. Percorremmo la città per neanche un tiro di freccia, quando improvvisamente un urlo inumano, tipicamente orchesco, si alzò da un punto non ben precisato. Subito le mura si popolarono, non erano affatto vuote: c’erano almeno cinquanta arcieri non-morti che iniziarono subito a massacrarci di frecce.
“Dannazione!” urlò Samaul “gli scudi! Gli scudi!! Carica!!”
“Ma quale carica!” urlai infuriato “Ritirata!”
Ma erano caduti già cinquanta cavalieri sotto le frecce. Io, che mi trovavo vicino al portale, e che ero già stato colpito da parecchie frecce, nel voltare il cavallo mi fermai paralizzato fissando al di là della massa di cadaveri dei cavalli e dei nostri cavalieri caduti. Lì c’era un imponente orco con una mano alzata, ordine che evidentemente significava il cessate il fuoco, poiché la pioggia mortale di frecce era terminata. Dietro di lui c’erano altri dieci orchi, e altri sbucarono alle mie spalle, che ero l’ultimo della fila: eravamo circondati. Capii ben presto che si trattava di Nrer e dei suoi strani orchi più potenti del normale.


“Distruggeteli tutti!” urlò Nrer.


Maledicendo Samaul e i suoi uomini iniziai a combattere come non avevo mai fatto prima, ma fu tutto inutile, perché anche essendo in superiorità numerica, i sopravvissuti alla scarica di frecce erano pesantemente feriti. Immaginai, ma non osai voltarmi, che alle mie spalle e cioè all’interno della città, Nrer stesse uccidendo parecchi cavalieri alla volta usando la sua incredibile velocità. Io ero intento perlopiù ad affrontare almeno tre orchi alla volta. Paravo parecchi colpi delle loro asce, ma più volte usai il supporto della Luce Sacra, altrimenti sarei stato steso parecchio tempo prima. Grazie a questa, provocavo intorno a me tremende ondate di Luce, assurde scariche contro un singolo bersaglio e benedicevo sia scudo che spada con la sua potenza per combattere meglio. Ben presto dovetti cedere, e mi ritrovai senza energie: un colpo ben assestato mi spezzò il braccio col quale tenevo lo scudo; l’arto però cadde penzolone lungo il fianco, tenendo ancora impugnato lo scudo. Era stato nel momento in cui allungai il braccio per togliermi una freccia fastidiosissima conficcatasi nelle spalle, ma così facendo mi ritrovai con tutto il braccio scoperto, che venne puntualmente colpito. Ormai non avevo difesa e l’ultima cosa che vidi fu una lama che mi avrebbe sicuramente trafitto se non fosse stato per uno scudo che si frappose tra me e l’ascia. Subito dopo venni travolto dal cavallo del cavaliere che mi aveva protetto, che altri non era che Samaul, il quale cadde anch’egli rovinosamente addosso a me, poiché il suo cavallo era stato colpito. Samaul in realtà stava battendo in ritirata, e aveva frapposto il suo scudo al colpo nel tentativo di salvare almeno me, poiché eravamo gli unici due generali sopravvissuti fino ad allora, mentre altri dieci cavalieri rimasti ancora in sella combattevano con fervore vendendo cara la loro pelle. In quel momento di confusione che si venne a creare, però, persi i sensi sotto l’onda travolgente del cavallo e cavaliere. Venni a sapere poi, che l’ultima azione della loro vita di quei dieci coraggiosi cavalieri fu quella di caricare contro gli orchi che circondavano me e Samaul e di dare a quest’ultimo il tempo di montare egli stesso e caricare me su un cavallo, partendo alla massima velocità in ritirata. Disse di essere convinto che quei cavalieri lo stessero seguendo, ma furono tutti tragicamente uccisi.

Mi svegliai qualche ora dopo, in preda al dolore. Mi trovavo steso sotto ad un albero, ferito in molte parti del corpo, con accanto a me spada e scudo. Ero coperto di sangue, così come lo era il comandante Samaul, che aveva la schiena appoggiata al tronco dell’albero. Vidi che soffriva terribilmente e ansimava parecchio. Cercò di parlare, ma gli feci cenno con la mano destra di tenersi stretto il fiato. Stavo appena realizzando cosa era accaduto, anche perché il mio braccio sinistro non ne voleva sapere di rispondere ai miei comandi. Focalizzai la Luce Sacra nella mia mano destra, e la avvicinai al suo torace insanguinato. Curai anche altre parti del suo e del mio corpo, anche se servivano medicazioni più pesanti. I paladini, come curatori, possono solo essere di supporto.
“Ho cercato di fare del mio meglio con queste cure, ma non sono sicuro di avervi salvato la vita.” Dissi.
“Lascia stare…” ansimò quello “fa meno dolore adesso….ma sento la morte avvicinarsi…che ho fatto…me ne rendo conto solo ora…”
“Ha mandato alla morte novantotto cavalieri!” esclamai “compiendo un nobile ma stupido gesto per salvarne uno, me!” dissi infuriato.
“Mi…spiace…” disse, e nelle sue parole c’era sincero pentimento. Ma come poteva continuare a vivere, pensai, con novantotto morti sulla coscienza?
Mi stesi nuovamente e piansi amaramente. Sapevo che gran parte della sconfitta era colpa dell’uomo che avevo di fronte, ma come era conciato in quel momento, non riuscivo a insultarlo, non dopo che mi aveva anche salvato la vita…e non riuscivo a far altro, se non piangere. Dopo avermi raccontato come era finita a Stromgarde, mi disse che dopo dieci minuti di corsa a cavallo si era dovuto fermare in una valle nella quale né bestie né gli orchi avrebbero potuto scovarci. Samaul disse che aveva pianto amaramente e che si era pentito parecchio, ma non riuscii a dire nulla mentre continuava il racconto. Ero senza parole.

Rimanemmo così per non so quante ore. Sicuramente più di otto, perché passammo un’intera notte sotto quell’albero. Al mattino, non so per quale miracolo, riuscimmo a risalire a cavallo e a farlo proseguire fino Dun Modr, dove era stanziata l’Alleanza. In seguito mi dissero che quel giorno, quando videro due cavalieri a capo chino su un cavallo stremato avanzare, pensassero tutti che si trattasse di due cavalieri morti. Era vero a metà, perché entrambi eravamo privi di senso. Non solo avevamo subito multiple perforazioni per le frecce, ma anche parecchie ferite profonde per le asce affilatissime degli orchi. Subito ci ricoverarono nelle tende dei medici, mentre nell’accampamento la maggior parte delle persone iniziarono a fare congetture su cosa possa essere accaduto. Quando Jaina, a tarda serata, ricevette le notizie dagli esploratori che aveva mandato fu sconvolta: dissero che avevano assistito personalmente all’ammassamento dei novantotto corpi esanimi dei cavalieri che poi vennero crudelmente bruciati dagli orchi. La notizia sconvolse tutti, che ora si accalcavano presso le tende dei medici per saperne di più. Loro però non rivelarono nulla a nessuno. Ma a Relhiar, essendo mio fratello, vennero dette come stavano le cose; egli in seguito le riportò a Doroty, Jaina e Anghelos. Dissero che ero gravemente ferito alle spalle e con un braccio spezzato. Sulla schiena parecchie frecce avevano penetrato la cotta di maglia, mentre la ferita più pesante era il colpo di un’ascia sul fianco sinistro, che mi aveva fatto perdere molto sangue. Il sole aveva contribuito a farmi perdere i sensi. Di Samaul dissero a Jaina, invece, che non c’era speranza: aveva subito troppe ferite e aveva usato troppe energie per sopravvivere. Si spense dopo due giorni di agonia, mentre solo qualche ora più tardi mi svegliai io. Quando mi dissero di essere stato l’unico sopravvissuto per poco non mi prese un colpo: non so perché, un grosso senso di responsabilità ora mi aveva impensierito. Quando mi ripresi a sufficienza per parlare, perché ero impossibilitato a muovere il mio corpo, raccontai come si erano svolti i fatti. Alla fine nessuno aveva parole per descrivere.
“Che ci sia da lezione.” Disse Doroty dura. Poi rivolta a Jaina: “Affidare l’esercito ad un’incompetente! Da te mi aspettavo più senno, amica mia!”
“Non mi sarei mai aspettata un comportamento del genere…” rispose quella a testa bassa “A Theramore…”
“A Theramore le uniche volte in cui avete dovuto affrontare battaglie dure c’eri sempre tu al comando, poiché erano i tempi della legione, o mi sbaglio? Dopo non avete avuto modo di testare la vostra forza.” Rispose Doroty con tono mite.
“Si, in effetti hai ragione.”
“Ci sono stati molti punti discutibili del suo breve operato.” Commentai “non ho parole, è come se avesse perso la testa e poi l’abbia recuperata quando eravamo in difficoltà.”
“Vero è” iniziò Relhiar “che nessuno si aspettava proprio lì gli orchi di Nrer. Ed anche se aveva mandato un esploratore, era pur sempre un cavaliere, mentre se fosse stato uno del mestiere si sarebbe accorto di qualcosa.”
“Non avete pensato all’aspetto più preoccupante?” chiese Doroty.
“Ce ne sono così tanti…a quale ti riferisci?” domandò Jaina.
“Al fatto che di questi orchi ce ne sarebbero dovuti essere solo quattro.”
“E’ vero!” ammise Relhiar.
“Chi ti dice che non ce ne erano altri già a Lordaeron?” domandai.
“Hai detto tu stesso che nessuna nave partì quella volta per il mare. E’ sarebbe stata una follia lasciar partire verso Lordaeron metà del proprio esercito prima di assaltare Orgrimmar.”
“Comunque hai qualche tesi in proposito?” le domandò Jaina.
“Non ancora” disse Doroty pensierosa. “Vedrò di indagare.”
In quel momento un medico entrò nella tenda dicendo che Re Magni Bronzebeard voleva urgentemente parlare con Lady Proudmoore. Intuendo di cosa avrebbero potuto parlare, Jaina si trascinò con sé Relhiar, e restammo soli io e Doroty. Mio fratello, in gran segreto, mi aveva confessato che era stata tutto il tempo lì dentro, e non avevano osato farla uscire. Dopo un po’ di silenzio mi parlò:
“Tuttavia” disse con un tono molto più dolce fissandomi con quei suoi occhi azzurri “non riuscirò mai a ringraziare tanto il comandante se è riuscito a portarti indietro vivo…”
Nessuno dei due riuscì più a tenere a freno i sentimenti che l’uno provava per l’altro.

Ci vollero settimane per riuscire almeno a camminare, mentre dovevo tenere il braccio fasciato e in una certa posizione per permettere che le ossa si rimettessero a posto, anche con un po’ di esercizio. Tuttavia i medici mi dissero che sarei riuscito a combattere come prima, a patto di saper aspettare almeno tre mesi. Quella notizia mi lasciò senza fiato, e così iniziai quello che ritenevo un periodo di reclusione dentro a quella dannatissima tenda dell’ospedale. Da lì ricevetti tutte le informazioni che ogni sera Doroty veniva a riferirmi. Quando Re Magni aveva convocato Jaina, aveva intenzione di mandare tutto l’esercito di nani, comandato da Lord Snowfall, a Stormgarde per attaccare gli orchi che si erano barricati lì dentro. Aggiunse che sarebbe stato gradito l’intervento del Silver Hand, mentre sapeva bene che adesso l’esercito di Theramore era in lutto. Jaina disse che sarebbe stato meglio se lui e Snowfall avessero conferito con me circa quegli orchi maledetti, e così accadde. Una di quelle sere vennero a fammi visita nella mia tenda, e gli raccontai tutto ciò che sapevo di quegli orchi.
“La loro strategia è basata sulla forza bruta.” Dissi “Non sono agili né veloci, tranne il loro comandante, e non puntano neanche alla massa, solo alla loro potenza distruttiva.”
“Quindi in campo aperto sarebbe difficili batterli…”pensò Snowfall.
“Esatto. Anche se siete in maggioranza numerica avreste qualche problema, poiché uno riesce a tenere testa ad almeno due fanti.”
“Però mi hanno detto che qualche mese fa i tuoi paladini riuscirono a battere senza difficoltà un esercito del genere.” Disse Re Magni.
“E’ cosi. Ma solo perché ho addestrato con metodi del tutto diversi i miei paladini rispetto a quelli usati nell’esercito, e anche perché i paladini resistono meglio grazie alla potenza della Luce Sacra.”
“Ho capito” disse Snowfall “parlaci del loro comandante invece.”
“E’ assurdamente veloce” dissi “tentare di immobilizzarlo è impossibile, e nessuno può pensare di resistergli stancandolo perché riuscirebbe a ucciderti prima.”
“Ma dovrà avere punti deboli!”
“Bè…è troppo sicuro di sé, però ora che ci penso se provate a isolarlo e attaccarlo in più di uno potreste anche riuscire ad abbatterlo.”
“Va bene” disse il maresciallo nanico Snowfall “ho capito più o meno la situazione. Mi serviranno però dei paladini…”
“Il Gran Maresciallo Relhiar e il Maresciallo Anghelos possono guidare loro il Silver Hand.”
“Perfetto. Allora sarà meglio che li incontri prima di delineare la strategia che abbatterà una volta per tutte questo Nrer.”
“Non sarà un’azione troppo pericolosa e rischiosa a così poco tempo dall’ultima?”
“No, come i tuoi paladini sono stati addestrati diversamente, anche noi nani abbiamo qualcosa in più, fidati.”

Il mattino seguente mi venne a far visita Doroty, che stava partendo anche lei per l’imminente battaglia. Mi disse che l’esercito di Snowfall era ben preparato e che il generale stesso sapeva cosa stesse facendo. Io, che non riuscivo neanche ad uscire dalla tenda, mi limitai a dirle che aspettavo il suo ritorno per un resoconto dettagliato.
“Agli ordini, Gran Maestro!.” Disse scherzando uscendo dalla tenda.

Tuttavia ero preoccupato: Nrer si era dimostrato un osso duro già in due occasioni. Se anche stavolta qualcosa sarebbe andato storto, l’esito della guerra sarebbe stato segnato già in partenza.

Lord Mario