IL PALADINO – Capitolo 21- Fine della leggenda

Iniziò la corsa al nemico: il sole era ormai alto nel cielo e iniziava a pungere sull’armatura. Nessuno dei due cavalli mollava, entrambi correvano al massimo delle loro forze spronati dai loro rispettivi cavalieri: me e il temibile cavaliere della morte.

Naemor il paladino – audiolibro

Vidi più volte Morgraine girarsi indietro preoccupato, per poi guardare fiducioso verso la cittadella di Hammerfall, che, anche se ancora molto lontana, sarebbe stata la sua salvezza. Da parte mia incitavo il mio cavallo, perché se non avessimo raggiunto in tempo il cavaliere poi mi sarei dovuto fermare per non incappare nelle truppe sue alleate che, vedendolo arrivare da lontano, sarebbero uscite dalla fortezza per dargli sostegno. Tuttavia la città era ben lontana. Giunti a cavalcare presso la riva di un piccolo laghetto, egli, improvvisamente si fermò e girò il cavallo verso di me. Feci altrettanto.
“Vedo che sei desideroso di uccidermi.” Disse il cavaliere della morte.
“Esatto. Sarebbe un bel colpo per noi uccidere uno dei più grandi generali nemici nel primo giorno di guerra.”
“Eh si, povero scemo questo generale che si fa uccidere. Tuttavia non hai calcolato chi sono.”
“L’ho calcolato, eccome.” Risposi.
“E allora come osi sfidare il grande Ashbringer?”
“Un tempo lei non era così, quella spada vi ha dannato!”
“Questa spada mi ha condotto dal Re dei Lich, che offre la vera luce!”
“Assurdo! Farò in modo che la vostra bocca la smetta di dire simili bestemmie!” urlai furioso. “Da lei, co-fondatore del Silver Hand,poi!”
“Un tempo ero dei vostri, oggi sono il comandante dei Cavalieri della Morte al servizio del Re Lich! Come già ti ho detto, ho eliminato anche Tirion Fordring (1) personalmente che si era messo in testa l’idea di creare di nuovo questo Silver Hand.”
“Che essere immondo…lei….TU…hai ucciso uno dei tuoi più cari amici!”
“Anche lui ha fatto discorsi simili prima di soccombere.” Disse Morgraine. “Tuttavia dinanzi alla potenza della mia Ashbringer, nulla puoi. E’ seconda solo a Frostmourne!”
Scese da cavallo, facendomi capire di voler combattere a terra, così feci altrettanto.
“E anche se sono ferito, adesso siamo soli.” Sogghignò il cavaliere.
Analizzai la situazione: eravamo nel pieno delle pianure, non sarebbe, quindi, giunto nessun aiuto né per me né per il mio avversario. Era proprio un duello all’ultimo sangue. Egli, seppur ferito, teneva la sua leggendaria spada con la mano destra sicuro di sè. Cercai di pensare velocemente ad un modo per usare il suo punto debole, e allo stesso tempo di pensare a una sua eventuale contromossa se io avessi passato la spada nella mano sinistra. Questo trucco, infatti, era una mia specialità che avevo fin da piccolo e che avevo costantemente allenato durante gli addestramenti con Uther. Tuttavia ora Morgraine sapeva di quella mossa, per averla già vista, e quindi poteva aspettarsela. La difficoltà stava nel disarmarlo, pensai: se accadeva, avevo vinto. Ma la leggenda che attorniava la spada Ashbringer rendeva tutto difficile. Iniziammo entrambi a girare in circolo, fissandoci negli occhi dai nostri rispettivi elmi. Nello stesso istante partimmo all’attacco: il suo fendente trovò l’opposizione del mio scudo, che resse anche al secondo e terzo colpo. Ma subito si fermò, perché dolente nel braccio, e io ne approfittai per attaccarlo puntando proprio alla recente ferita. I miei tentativi furono fermati tutti dallo spadone; con un rapido movimento alla mia destra, il cavaliere schivò il mio ultimo colpo, e, senza ostacoli, fece per affondare la spada nella mia carne. Mi trovai impreparato, ma il suo colpo si fermò a metà aria, perché la ferita nell’avambraccio si era riaperta. Ne approfittai: con una gomitata portai il suo braccio sulla mia coscia, che alzai, e lui fu costretto ad abbandonare l’arma. Allo stesso tempo con lo scudo lo colpii forte dietro la schiena e cadde a terra. Non persi tempo e provai ad affondare la mia spada nella sua schiena. Tuttavia colpii ancora il suo braccio destro, ancora nello stesso punto, perché aveva cercato di evitare quell’attacco rotolando verso la mia sinistra. Ma volse tutto a suo favore. Con l’altra mano tenne ferma la mia lama nella sua carne, senza che potessi riprendermela; allo stesso tempo si rialzò e facendo leva sulla spada riuscì, con una forza sovrumana, a sbattere me a terra, anche se la spada gli penetrò del tutto il braccio e il sangue usciva a fiotti: infatti anche se era un non-morto, a differenza di altri possedeva ancora tutto il corpo. Solo allora si levò la spada dalla ferita e l’impugnò nella mano sinistra. Adesso era lui ad essere armato, anche se ferito. Senza pensarci due volte impugnai l’Ashbringer che era ancora gettata lì a terra, poiché egli aveva la mia. Mi accasciai subito al suolo dolorante, mentre il nemico iniziava a ridere. Al momento della presa avevo sentito delle terribili urla nella mia mente, e un dolore atroce in ogni parte del mio corpo.
“Ahahah, ti ho messo nel sacco, caro il mio paladino” rise.
Ancora dolorante, steso a terra cercai di lasciare l’impugnatura della spada, ma mi riusciva stranamente difficile. Il dolore aumentava a dismisura.
“A questa spada è stata aggiunta una maledizione. Nessuno può impugnarla, eccetto me, il suo legittimo proprietario. E adesso non la lascerai, anzi per meglio dire, non ti lascerà finchè non ti avrà ucciso. Argh!” ma anche lui fu costretto a piegarsi: sanguinava copiosamente.
Non so come riuscii a ragionare: se lui era il legittimo proprietario, cosa accadeva se io lo uccidevo? Ne divenivo il padrone e quindi i dolori sarebbero cessati?
Con uno sforzo supremo mi rialzai, e richiamai tutta la forza della Luce Sacra dentro di me per sprigionarla fuori, creando uno scudo divino. Mi sentii per pochissimi secondi in piena salute e invincibile, effetto dello scudo, e ne approfittai, per trafiggere con la sua stessa spada Morgraine al torace, dopo che aveva tentato inutilmente di fermarmi.
“No! Cosa…hai fatto…” disse mentre il sangue gli inondava la bocca. Ma l’effetto dello scudo cessò e crollai di nuovo a terra in preda al dolore, che però si era fermato. Ero riuscito a liberarmi dell’impugnatura della spada, sebbene il suo padrone fosse ancora vivo. Anzi, a dirla tutta stava per morire dissanguato.
“Dannati…paladini…loro e i loro stupidi trucchi…”disse morente.
“Non sono stupidi trucchi… è la forza della Luce che ci è stata concessa…un tempo l’avevi avuta anche tu…l’hai rinnegata, ed eccoti servito…”
“Sei forte ragazzo…”disse il cavaliere “ma….cough,cough…ma non hai nessuna….speranza…contro…lui…e se io…non fossi già ferito…”ma spirò mentre una piccola onda del lago gli bagnava il corpo, trascinando con sé gran parte del suo sangue. Stanco morto mi alzai. Uno dei più terribili nemici era abbattuto. Ma a che prezzo! Presi spada e scudo, fissai per qualche secondo il corpo esanime del nemico, morto per la seconda volta, poi gettai con tutta la mia forza rimasta lo scudo a terra, urlando di rabbia e piangendo pensando ai paladini caduti al ponte. Ero stato uno sciocco, un terribile idiota a cadere in una trappola del genere. Raccolsi comunque lo scudo e anche l’Ashbringer, ora innocua. Per il momento l’assicurai dietro la schiena, poi avrei deciso cosa farne. Decisi di tornare al più presto verso il ponte, avendo anche molte cose su cui riflettere. Aveva ucciso Tirion Fordring? Se era vero, cosa significava? E perché Arthas aveva mandato ad accoglierci un generale già ferito? Ma poi, ora che ci pensavo, era stato fin troppo semplice batterlo, quindi potevo anche credere che fosse stato lo stesso Fordring a ferirlo, prima di perire. Risalii sul cavallo confuso e mi accinsi a partire quando venni trattenuto da una debole voce femminile che mi chiamava. Mi voltai e vidi Doroty che camminava verso di me: era in uno stato pietoso, visibilmente stanca e con gli abiti strappati. La feci salire sul cavallo al posto mio e iniziammo a camminare verso il ponte prima che potesse dire molto, perché era la mia prima preoccupazione. Ma siccome ora Doroty era sul cavallo, e io a piedi, non si poteva far altro che andare al passo.
Le prime domande comunque, le fece lei. Mi domandò cosa era accaduto a quel tizio, e io le spiegai chi fosse, come ci avesse incontrato e come l’avessi ucciso, oltre a raccontandole dei miei sospetti sulle frasi da lui pronunciate circa Tirion Fordring. Doroty mi rispose che aveva anche lei sentito qualcosa su questo co-fondatore del Silver Hand, nel periodo di prigionia.
“Sei stata prigioniera?” domandai.
“Già. Vengo da Hammerfall infatti.”
“Sei scappata allora, ma chi ti ha catturato?”
“Sono stata circondata da un drappello di almeno venti cavalieri della morte tre giorni fa, di sera. Stavo ispezionando le colline intorno Stromgarde quando mi hanno colto di sorpresa. Ho tentato la fuga a cavallo, ma non c’è stato nulla da fare, non ho neanche cercato di resistere. Mi condussero ad un accampamento sudicio, dove c’erano almeno cento cavalieri e altrettanti ghoul.”
“Cento cavalieri della morte tutti insieme! Mi fa venire i brividi il solo pensiero.” Commentai, poi la lasciai continuare:
“Scoprii che era l’accampamento principale che stava attaccando Hammerfall da qualche giorno a cui capo c’era proprio Morgraine stesso. Mi tennero chiusa in una tenda con tre cavalieri di scorta, perché sapevano di avere prigioniera l’Arcimaga Suprema, anche nel tempo in cui sferravano l’attacco definitivo alla città, entrandovi, peraltro difesa malissimo, uccidendo tutti e bruciando caserme e gli edifici principali. Fino ad allora non avevo pensato a scappare, e ho imparato qualcosa su come attaccano. Potrebbe esserci utile in futuro. Al loro ritorno all’accampamento smontarono tutto per trasferirsi in città, e fu allora che Morgraine venne a trovarmi. Cercai di non rispondere alle sue domande, anche se voleva sapere molto sui nostri piani. Lo lasciai parlare e ottenni molte informazioni che lui non si accorse di rivelare inconsapevolmente. Capii che ormai tutta Lordaeron è sottomessa a Arthas, anche se non con qualche fatica. Da quel che ho capito, hanno anticipato l’attacco di due o tre mesi, riuscendo a vincere in pochissimo tempo. I Reietti furono sottomessi in men che non si dica, tanto che Sylvanas ora si dice sia una serva, ma anche qualcun altro cercò di ostacolare i non-morti. Ma non ho capito chi, perché queste sono informazioni che ho riunito da tutto il blaterare di quel energumeno, e non sono sicura di aver compreso a fondo. Però in un modo o nell’altro, uscì fuori anche il nome di Tirion Fordring, vantandosi, appunto, di averlo ucciso. E da quello che mi dici tu penso proprio che ci abbia capito qualcosa di questa faccenda.”
“Ma allora perché sei ridotta così?”
“Perché nel blaterare mi torturava anche. Ho dovuto usare anche usare forza mentale per contrastare alcuni terribili incantesimi di tortura derivanti dalla sua arte di cavaliere della morte, poiché avevo le mani legate.”
“Ne parli come se fosse una cosa leggera…”
“Il dolore è cessato, ora sono solo stanca. Comunque l’interrogatorio finì più o meno ieri mattina perché i troll riattaccarono insieme al loro campione e Morograine fu costretto ad andare a difendere. Usai quel frangente per scappare, usando così tanta magia per spezzare le catene che allo stesso tempo mi aprii un varco nel muro della stanza cui ero rinchiusa. Nel trambusto che si trovava in quella zona della città, che poi era proprio la zona sotto attacco, trovai la mia staffa, ma non il mio cavallo che pensai fosse stato ucciso, e iniziai a camminare. Mi sono fermata solo questa notte, davvero esausta, ma ora fortunatamente ho trovato te.”
“Informazioni davvero utili che sarò lieto di riferire a Jaina mentre ti riposi.”
“Bravo, fai una cosa buona!” disse scherzando.
“Eccola li” dissi in tono mite.
Eravamo giunti nei pressi del ponte, dove era arrivato tutto l’esercito. A quanto pare Samaul aveva dato l’ordine di accamparsi, e Jaina, insieme a Relhiar, Anghelos e Samaul stesso stava ispezionando il campo di battaglia.
“Mi dirigo direttamente all’accampamento io” disse Doroty. “Mi farò costruire una tenda.”
“Va bene. Vai pure col mio cavallo.”
Quando arrivai sul posto stavano portando via i caduti. I resti dei ghoul, dei cavalli morti, sia i nostri, sia quelli dei cavalieri della morte, i cui cadaveri erano lì in una pozza di sangue, erano in primo piano sulla scena. Certamente i non-morti non sarebbero arrivati per riprendersi i loro combattenti caduti; non era nel loro stile, perché non provavano nulla per i caduti. Dunque l’unica cosa saggia era bruciare i loro resti e seppellire i nostri caduti. La prima cosa che dissi fu che mi scusavo. Jaina, arrabbiata, disse che c’erano stati soltanto quindici morti, quindi dovevo ringraziare solo l’ardore dei miei paladini che avevano trionfato alla grande. Tuttavia, disse, gran parte del piccolo contingente nemico era fuggito e non era stato ucciso e si diceva molto delusa dal fatto che fossi cascato nella trappola del nemico come un’idiota. Così le aveva riferito Anghelos, che si affrettò ad aggiungere anche che se Naemor non si fosse occupato personalmente dell’Ashbringer le perdite sarebbero state molto più ingenti. Poi, vedendo la spada appesa alla mia schiena mi domandò se alla fine avevo riuscito a batterlo. Riferii del duello e dell’arrivo di Doroty, con la storia della sua prigionia, mentre ci dirigevamo ad una tenda.
“Capisco.” Disse Jaina. “Allora non è stato del tutto un fallimento, perché ora Hammerfall è scoperta.”
“Penso che dovremmo attaccarla già domani, signora.” Disse Samaul.
“Buona idea” affermai “Non sarò dei vostri, ho ferite sia sul corpo che mentali, il dolore di questa spada maledetta mi ha lasciato il segno e devo assolutamente riposare.”
“Neanche l’Arcimaga Suprema allora sarà dei nostri?” domandò Relhiar.
“No, ma da quello che ha detto la città di Hammerfall non dovrebbe essere difficile da conquistare” commentai “non ha delle mura difensive, ma solo delle palizzate in legno. Dunque non dovrebbero esserci problemi.”
“Ma della spada?” domandò Jaina “E’ ancora maledetta?”
“Per saperlo basta che uno di voi la tocchi. Se muore, si, è maledetta.”
“La soluzione alternativa?” domandò Relhiar preoccupato.
“Cercare di distruggerla. E’ comunque un’arma del nemico.”
“Allora ci penserà Doroty domani, dato che non parteciperà all’attacco. Dammela, gliela porto io, le voglio parlare un po’.”
“No, penso di non potertela passare altrimenti si attiverebbe la maledizione.”
“Va bene, allora gliela porterai tu domani mattina.” Disse lasciando la tenda.

La mattina seguente l’imponente esercito di umani e nani mosse alla volta di Hammerfall. La conquista della città fu veramente una sciocchezza: le palizzate di legno vennero abbattute facilmente e caddero lasciando maggior spazio all’invasione dei nostri. Non fu necessario neanche usare catapulte o balestre contro queste. Gran parte dell’esercito venne tagliato fuori dal saccheggio, mentre appena trecento uomini mettevano a ferro e fuoco la città, che, alla fine, decidemmo di abbandonare perché le sue costruzioni erano inutilizzabili. Inoltre la sua posizione non era molto favorevole: ci conveniva infatti ristrutturare più Stromgarde che una Hammerfall distrutta per ben due volte nel giro di pochi giorni. I difensori cercarono subito una via di fuga abbandonando la città: infatti i cavalieri della morte si rivelarono sbandati senza il loro comandante. Ma, siccome gran parte dell’esercito fuori le mura discorreva del più e del meno, data l’impossibilità di penetrare in città, già invasa completamente, questi cavalieri della morte fuggiaschi vennero inseguiti da almeno cinque o sei cavalieri per ognuno di loro, e non faticarono a raggiungerli e a ucciderli tutti spingendosi persino fino alle mura di Thoradin, che era poste al confine delle Arathi con la regione di Southshore e Hillsbrad.
Mentre l’esercito era impegnato, io e Doroty avevamo trascorso la mattinata insieme, prima distruggendo la mitica Ashbringer, e poi, a lavoro concluso, raggiungendo a cavallo la zona di Hammerfall per assistere alla caduta della città, lontani dal casino. Infatti la Dama d’Oro riuscì prima a togliere la maledizione, e poi a mandare in mille pezzi la spada nel giro di pochi minuti, mentre io temevo che tutto ciò avesse richiesto un enorme sforzo e abbastanza tempo. Tempo che invece non ci mancò, e commentammo insieme la conquista di Hammerfall: era stata una vera e propria inutilità portare l’intero esercito.
Alla fine tutti tornarono sani e salvi all’accampamento provvisorio a Dun Modr, e passarono la serata a festeggiare a mangiare. Samaul, sotto l’effetto della birra, dichiarò che mai aveva concluso un assedio più velocemente di quello. Sentendolo, rimasi sconcertato che osava anche definirlo un assedio, cosa che non era stata. Anche io stavo mangiando, ma senza esultare o poiché pensavo che quella vittoria non era di così grande valore e non c’era rispetto per i quindici caduti del giorno prima. Tuttavia quelli di Theramore non erano dello stesso parere, e ogni tanto, quasi per giustificarsi, brindavano a loro.

Dopo la serata dei festeggiamenti arrivò un giorno di riposo decretato da Samaul, dicendo che i suoi guerrieri se l’erano ampiamente meritato. Da parte mia feci schierare il Silver Hand e iniziammo una piccola esercitazione tra di noi, tra le proteste di alcuni paladini e il riso dei soldati dell’esercito che invece se la spassavano. Dissi ai miei di non prendere esempio da quei fannulloni, perché un giorno, grazie al duro lavoro, un paladino sarebbe riuscito a tener testa da solo a cinque cavalieri allo stesso tempo. Quelle parole sembravano risollevare notevolmente il morale dei ragazzi. Le decisioni discutibili di Samaul, comunque, continuarono il giorno successivo, quando decise di portare con sé soltanto cento uomini per conquistare Stromgarde. Io e il Maresciallo nanico Snowfall obbiettammo che era una cifra piuttosto bassa: Stromgarde era una vera e propria roccaforte, impossibile da paragonare ad Hammerfall. Tuttavia il comandante supremo disse che, nel caso Stromgarde fosse stata ben difesa, noi avremmo potuto avere piena ragione, ma siccome in quel momento la città era completamente abbandonata se non per alcune bestie innocue, quella cifra andava benissimo. Purtroppo la dinastia dei Trollbane che regnava su Stromgarde, e a cui capo c’era Galen Trollbane, si era estinta nell’ultima battaglia contro gli ogre di un anno prima, e quindi nessuno che conosceva meglio la zona poteva darci maggiori indicazioni. Jaina non trovò nulla da ridire mentre Doroty dopo aver tentato di contrastare le ragioni di quel folle, si rassegnò. Volli essere anche io tra i cento uomini, dicendo apertamente che venivo solo per farmi quattro risate, ma decisi di non portare nessun altro del Silver Hand. Dopo qualche giorno si fecero rivedere all’accampamento soltanto due uomini in fin di vita.

Nota 1= vedi capitolo 12

Lord Mario