“Sono arrivati finalmente!” esclamò una guardia dall’alto delle mura.
“Ah! Non ne potevo più di questi estenuanti turni di veglia…” rispose un altro, apprestandosi poi a scendere dalle mura, mentre l’altro rimaneva a fissare il compatto schieramento metallico che a poco a poco avanzava verso la regione.

Era l’alba quando io e i Nani giungemmo a Menethil Harbor, dopo cinque giorni di marcia. Una mattina umida e stranamente afosa, benché stesse sopraggiungendo l’inverno ormai: ma solo formalmente, perché a Lordaeron di solito l’inverno non si trascorreva sotto la neve, tranne nelle montagne di Alterac, e quindi le azioni di guerra potevano essere fatte anche in quel periodo. Ma non era poi cosa così straordinaria quella afosità: l’intera regione che ospitava la città, denominata Wetland, era contraddistinta dalla presenza di paludi e stagni infestati da Murloc, Gnoll e pirati. Il suo attraversamento quindi fu davvero estenuante in quanto dovemmo combattere con sudore, zanzare e attacchi di creature del luogo che ogni tanto ci infastidivano. Io e mio fratello passammo la maggior parte del tempo a chiacchierare e solo raramente a discorrere con il Re Magni, e quelle poche volte di solito si parlava di strategie d’attacco e difesa per l’avvenire. Notammo che egli preferiva restarsene nella parte centrale dell’esercito circondato dei suoi fidi collaboratori, mentre noi eravamo alla testa dell’esercito in prima fila. Quando giungemmo al ponte che collegava la terraferma con l’isolotto su cui era disposta la città, tirai un sospiro di sollievo. Ci accolse alle porte un’assonnata Jaina Proudmoore, che, dopo aver salutato il Re dei Nani, disse di essere stata in ansia per il nostro arrivo.
“Come mai? Non dovevamo mica andare in battaglia!” esclamò Relhiar.
“Ne parliamo dopo. Preferirei adesso, Re Magni, che faceste al più presto alloggiare i vostri soldati”
“Perché tanta preoccupazione?”domandò il Re.
“Vede, la città è strapiena, nonostante gli uomini di Theramore risiedano sulle navi nella baia…” e qui gettai uno sguardo alle navi ancorate al porto con le grandi insegne di Theramore che mi fecero ricordare dei bei mesi estivi trascorsi lì “…e quindi il capitano Stoutfist ci ha chiesto di partire al più presto perché le risorse sono al limite.”
“Capisco, quindi informerò loro di tenersi pronti per una eventuale partenza nelle prossime ore.”
“Esattamente.”
Così mentre i Nani entravano nella vasta città di Menethil, sollevando l’interesse degli abitanti e soprattutto dei bambini, Jaina ci condusse dal Capitano Stoutfist, che presedeva sia militarmente che politicamente la roccaforte. Dopo le dovute presentazioni il capitano disse:
“Lady Proudmoore, visto che anche gli ultimi alleati sono arrivati, perché non fissiamo quella riunione?”
“Buona idea.” Rivolta a noi, poi, spiegò: “Avevamo intenzione di indire una riunione in cui stabilire il comandante supremo della spedizione, delineare strategie e le prime mosse da compiere, anche sulla base di ciò che hanno riportato i nostri esploratori.”
“Bene, per quando?” domandò Relhiar.
“Se a voi sta bene, facciamo domani pomeriggio, anche voi avete bisogno di dovuto riposo…”
“Decisamente…”
“Bene” disse il capitano “andrò a informare personalmente il Re dei Nani.”
“Quanta fretta!” commentai.
“L’hai appena sentito, le risorse sono davvero al limite.” Disse Jaina, mentre il capitano si dirigeva dai Nani.
Finalmente domandai ciò che fino ad allora mi aveva più incuriosito.
“Jaina, come mai prima hai detto di essere in ansia?”
“Bè vedete, il fatto è che Doroty, partita insieme agli esploratori da parecchie settimane, non è più tornata mentre questi ultimi si.”
“E cosa hanno detto?”
“Gli esploratori? Dicono che Doroty abbia detto loro semplicemente di avanzare e che li avrebbe presto raggiunti.”
“E nessuno si è mosso qui?” dissi un po’ arrabbiato.
“No, solo due giorni fa sono tornati questi esploratori…”
“In che zona si sono staccati?”
“Vicino Stormgarde.”
“Capisco.” commentai”immagino che tu sia preoccupata, e che vorresti subito partire da sola per andarla a cercare, ma siccome il capitano ti ha dato un ultimatum ben chiaro, e cioè lasciare la città entro poco tempo perché le risorse si stanno esaurendo, l’unica cosa da fare è cercarla soltanto quando saremo lì con tutto l’esercito, perché ormai non c’è tempo. Giusto?”
“Mi hai letto nel pensiero.”
“Non c’è motivo di preoccuparsi” intervenne Relhiar “Doroty è l’Arcimaga Suprema, sa il fatto suo.”
Il resto del giorno, e parte di quello seguente, lo passammo raccogliendo informazioni sugli eserciti, sulle armi e come sarebbero stati predisposti i carri dei viveri che avrebbero viaggiato insieme a noi. Trovammo saggia la decisione di metterli in fondo all’esercito con una scorta di appena cinque soldati. Decisi di fare un salto sulle navi del Silver Hand per incontrare i miei ragazzi e discutere con Anghelos. Jaina mi aveva detto che alla riunione avrebbero partecipato anche i generali dell’esercito, e quindi anche i maggiori esponenti di questo; dunque volevo che venisse anche il migliore dei paladini per rappresentare il Silver Hand insieme a me e Relhiar. Egli mi informò dei giorni trascorsi ad aspettarci: fortunatamente non c’erano state scaramucce, e aveva saggiamente fatto esercitare i paladini durante la mattina e il pomeriggio, mentre, mi disse, il resto dell’esercito aveva passato le giornate a sonnecchiare e a giocare, senza comportamenti indisciplinati, però. Mi congratulai con lui e gli dissi che sarebbe venuto anch’egli alla riunione. Inoltre quella mattina feci entrare ufficialmente i paladini di Stormwind nel Silver Hand, e affinché dessero il meglio di loro in battaglia li riunii tutti in uno solo raggruppamento, con capitano proprio Shadowbreaker, che si mise subito al servizio dell’esercito, senza pretendere un posto d’alto comando. Fatto ciò, dopo un po’ di riposo e di rifocillamento io, Anghelos e Relhiar ci avviammo alla caserma principale per quella riunione. Aveva proprio ragione il capitano Stoutfist: la città era strapiena di soldati; in ogni strada di loro c’erano almeno una ventina: ovviamente non portavano l’armatura, ma erano contraddistinti dalle insigne dell’esercito sul petto.
Nella c’era un’atmosfera simile a quella che contraddistingueva la città di Ironforge; le fiaccole appese ai muri infatti davano poca luminosità, cosicché le zone che non erano raggiunte risultavano essere completamente al buio. Anche lì era un continuo viavai di gente, sia soldati che servi. Entrammo nello stanzone che ci era stato indicato, e notammo che eravamo gli ultimi. Prendemmo posto in un lungo tavolato rettangolare messo per l’occasione. La stanza era piena: in piedi c’era Jaina Proudmoore, ai suoi lati Re Magni Bronzebeard e il comandate dell’esercito di Theramore, Samaul. Ai lati di questo c’erano altri esponenti di Theramore: l’arcimago Tervosh e il Capitano Maggiore Vimes. Ai lati di Bronzebeard invece c’erano gli esponenti maggiori di Ironforge, il Maresciallo di Campo Snowfall, e Longbeard, capo della flotta aerea. C’erano poi altri personaggi di minore importanza. Per farla breve, stabilimmo che la fanteria e la cavalleria, sia umani che nani, sarebbero stati guidati da un solo comandante, mentre i maghi che avrebbero agito molto dietro rispetto alle prime linee sarebbero stati guidati da Lady Jaina stessa; per quanto riguarda la flotta aerea, questa sarebbe stata guidata dal capitano Longbeard, che fece anche un bel discorso su come i suoi elicotteri potessero affrontare e battere i temibili draghi dei ghiacci e i tremendi gargoyle. Furono vagliate anche strategie e mosse, ma fu stabilito che al comandante supremo della spedizione fosse toccato il compito di dirigere ogni mossa dell’esercito che sarebbe dovuta essere presa nel giro di poco tempo. La questione su chi avesse dovuto svolgere questo ruolo fu a lungo discussa: serviva una persona esperta, conscia della potenza a sua disposizione e non uno stupido che ci avrebbe portato solo al macello.
“Io dico” si alzò Relhiar “che questo compito debba essere affidato a Naemor.”
Si levò qualche mormorio di dissenso, io stesso mi sentii in imbarazzo; c’erano persone lì dentro ben più esperte di me. Era quello che pensavo io.
“E’ stato lui a volere questa guerra in fin dei conti, peggio per lui quindi se la perderà. Avrà sulla sua coscienza così tanti morti che la sua anima sarà dannata per sempre” continuò mio fratello, che capii stava alzando un po’ i toni apposta.
“Se mi permette, Lord Relhiar” si alzò il piccolo nano Snowfall “anche io ho vissuto parecchie primavere sui campi da guerra, ma ho anche validissimi eroi, che sarebbero pronti a gestire la situazione meglio di chiunque altro. Senza offesa, Lord Naemor…”disse poi guardandomi “…ma lei è troppo giovane per assumere un ruolo così elevato”
“Capisco.” Risposi “Da parte mia avrei voluto comandare io stesso la spedizione che in cui io ho coinvolto voi, e non viceversa, ma avete fin troppo ragione, Lord Snowfall”
“Andiamo, signori!” disse Relhiar senza darsi per vinto “Se c’è qualcuno che debba prendere il controllo della situazione quello è il Silver Hand, nato e cresciuto proprio a Lordaeron, e quindi è logico che sia il Gran Maestro, che sa meglio di qualsiasi altra persona ogni spazio di terra di queste lande, a dirigere i nostri passi!”
“Tuttavia…”disse il comandante dell’esercito di Theramore “Non ha le nostre stesse primavere. Non certo per colpa sua.”
“Mi basta essere Gran Maestro. Perdonate l’irruenza di mio fratello” dissi un po’ arrabbiato, facendo cenno a Relhiar di lasciar perdere “Chi se ne occupa, comunque?”
“Assegneremo il compito al comandante Samaul” disse Jaina “se se la sente.”
“E’ un onore” rispose questi.
“Bene” continuò Jaina “adesso che abbiamo scelto il comandante della spedizione, sarà meglio analizzare la prima mossa che faremo…attaccheremo sicuramente per via terrena. Non abbiamo navi da guerra, e poi sappiamo per certo che ogni tratto della costa di Lordaeron ora è sotto sorveglianza. Persino la baia di Southshore, dove sappiamo che gli umani resistono ancora…dunque…”
La mattina seguente l’imponente esercito di Theramore e di Ironforge, composto in totale da cinquemila unità tra cavalleria e fanteria, iniziava lentamente a cavalcare nella valle paludosa dinanzi Menethil. Il sole debole e timido non riusciva ancora a scontrarsi con la lucentezza argentata delle armature. Chi avesse visto la scena dall’alto, avrebbe assistito a una grande massa argentata camminare a passo lento, con i vessilli alzati nel vento. I visi degli uomini e dei nani erano fieri e alti. Non avevano paura di morire, non avevano paura del nemico, credevano fermamente in ciò che facevano e chi tra loro portava alte le insigne militari, le teneva alzate quanto più in alto possibile, affinché la sola vista di quella possa impaurire il nemico. Dopo l’esercito e la schiera di maghi, procedevano i carri dei rifornimenti e dei fabbri che si sarebbero occupati della ristrutturazione delle città che avremo conquistato.
Si era scelto di portare come vessillo principale quello di Lordaeron, una L argentata in campo azzurro, mentre i rispettivi comandanti portavano anche quelle di Theramore e di Ironforge. L’esercito, mentre stava uscendo dalla città procedendo a passo lento, venne sorpassato da cinquanta cavalieri bardati di blu, con me alla testa. Il Silver Hand. Il nostro passo era più svelto ed agile, perché avevamo già una precisa missione. Ne avevo parlato col comandante Samaul: saremo andati avanti fino al ponte di Khaz Modan, per assicurarci che nessun non morto potesse sbarrarci la strada. Alla domanda sul perché portassi solo cavalieri del Silver Hand, risposi che era perché anche se avessimo incontrato cento non-morti saremo sopravvissuti. Il comandante rispose che ci sperava, e io risposi di fidarsi. Il comandante Samaul era una persona senza una grande intelligenza, ma era un valido combattente sul campo. Mi aspettavo quindi, che ci avrebbe guidato in battaglia in modo saggio e preciso, cercando di salvare la vita a quante più vite fosse possibile.
Comunque, io e i cinquanta del Silver Hand, tra cui Anghelos ma non Relhiar, cavalcammo più velocemente degli altri e raggiungemmo ben presto il ponte che divide il regno nanico con quello degli umani. Un tempo era così: lì finivano i possedimenti di proprietà di Re Magni, con quel ponte nella zona di Dun Modr, ed iniziavano invece le vaste pianure Arathi, dove risiedeva Stormgarde, antichissima capitale, primo nucleo umano. Era proprio questa la prima direzione. Si sapeva che la città era stata presa dagli ogre, e che le ultime guardie rimaste avevano prima cercato di resistere erigendo un piccolo campo di resistenza, Refuge Point, per riconquistare la città, ma poi, arrivando anche i non-morti nella regione, fuggirono verso Menethil Harbor, raccontando anche che i non-morti di Arthas vennero a contatto, roba di qualche settimana prima, con gli orda di Hammerfall, altro villaggio nelle Arathi, posto a nord est di Stormguarde. Gli esploratori avevano poi confermato che Hammerfall era stata presa, ma Stormguarde apparteneva ancora agli ogre selvaggi.
Il ponte era molto grande. Sotto di lui l’acqua impetuosa sgorgava verso il limpido mare, mentre bagnava una parte del legno che aveva ceduto e che man mano veniva risucchiato in acqua. Al di là di esso non c’era segno di vita, o di morte.
“Attraversiamo” dissi ai miei uomini.
I cavalli ci impiegarono un po’ a passare, ma poi si fermarono subito al di là della linea. Notai che alcuni erano inquieti. Alzai la mano per far cenno di aspettare. Soffiava un vento impetuoso che faceva ondeggiare gli arbusti più alti, perchè non c’erano alberi. Ai lati del ponte c’erano due piccole montagnette da cui cadevano piccole pietre come se fossero cadute in seguito al camminare di qualche viandante. Provai a chiudere gli occhi per migliorare l’udito: oltre il suono del vento che si abbatteva sulle insigne, non si udiva altro. Anzi qualcosa si udiva…con una certa frequenza si sentivano sempre più piccoli massi, con un rumore quasi impercettibile, cadere dalle montagnette a lato. Ma poi nulla, e per un bel po’ anche. Girai il cavallo e ordinai di tornare al passo verso l’esercito, perché la strada era sgombra. Ma in quel preciso istante dalle montagnette fuoriuscì una massa di non-morti che ci attaccarono. Ero stato ingannato.
“Formazione di difesa! E’ un imboscata! Fate attenzione alle frecce!”
Mentre i non-morti scendevano verso di noi, alzavano molta polvere così da rendere la visuale non molto limpida.
“Non fatevi cogliere impreparati! Per Lordaeron, combattiamo!!” urlai. Arrivò un ondata di ghoul che fu semplice sgominare: c’era tantissima confusione, la polvere alzata dal vento infastidiva e ci rendeva apparentemente molto distanti l’uno dall’altro. Ma finchè si trattava di ghoul, non c’era alcun problema. Mentre combattevo sul mio destriero, mi raggiunse Anghelos dalle retrovie, inseguito da due ghoul.
“Naemor! Le retrovie stanno subendo un duro colpo! Ci sono i cavalieri della morte!”
“Dannazione, andiamo Anghelos!”
La visibilità era quasi zero. La polvere saliva ad altezze estreme per via del combattimento, e mi rendevo conto, però, che era una tattica fatta apposta per confonderci. Ordinai ai compagni più vicini di ripiegare sulle retrovie. Qui lo scontro era temibile: ogni cavaliere della morte contrastava un paladino in un duello equestre, per un totale di quasi quaranta duelli stretti in pochissimo spazio. Capii che il nemico ci aveva spiati dall’inizio, scorto il generale del nostro piccolo esercito, ed agito di conseguenza, cioè attaccando le retrovie, facendo in modo di dividere il nostro esercito il due piccole parti grazie al trucchetto della polvere fatta cadere apposta strisciando i piedi lungo i pendii delle montagnette. Proprio mentre mi chiedevo chi mai avesse potuto escogitare una simile cosa, notai con grande dispiacere che fronteggiavamo niente di meno che Morgraine in persona con la sua Ashbringer. Mentre mi affrettai a uccidere un ghoul che mi intralciava, ed egli stava duellando senza alcuna difficoltà con due paladini, mi riproposi di affrontarlo io, perché altrimenti avrebbe causato troppi danni. Uno dei paladini venne ucciso, perforato dall’assurda potenza della mistica spada, l’altro riuscì a uccidere il cavallo di quello che un tempo era il comandante di Lordaeron e a farlo cadere. Ma questi si alzò e puntò al suo attaccante. Questi era decisamente spaventato, e sarebbe finito anche lui male, se non avessi frapposto il mio cavallo in mezzo e avessi parato con lo scudo il colpo. La potenza dell’Ashbringer era tale che caddi da cavallo anche io. Scampai per miracolo alla caduta del cavallo su di me, ma non feci in tempo a schivare il colpo di Morgraine che puntava alla spalla sinistra. Duro colpo, ma l’armatura di piastre tenne.
“Mi hanno detto che sei un mio erede, in un certo senso!” disse Morgraine.
“Si, ora sono il capo di quello che un tempo era il tuo ordine!” risposi.
“Ha risposto allo stesso modo, qualche settimana fa, Tirion Fordring, prima che finisse macellato!”
“Cosa??” mi chiesi sorpreso, ma non era tempo di domandare. Con un agile balzo schivai il colpo, e iniziai a muovermi lateralmente parando e attaccando: colpo basso a destra, alto a sinistra, parata, colpo centrale, che veniva puntualmente deviato. Ma anche il mio avversario si muoveva, ed anche più velocemente di me: con rapidi balzi prima a destra e poi a sinistra attaccava alla mia sinistra e poi alla mia destra, attaccando con rapidità inaudita e costringendomi a fare uno sforzo immane per riuscire da un lato a parare, dall’altro a deviare il colpo con la spada. Decisi di far ricorso a un trucchetto di cui ero un maestro, perché era troppo evidente la sua supremazia nei miei confronti. Mi lasciai disarmare, per poi schivare il colpo da sinistra che avrebbe dovuto infilzarmi con una torsione del busto. Affondai con la spada nella mano destra verso il suo torace scoperto, ma lui, più veloce tirò indietro la spada pronto a contrastare: ma qui stava il bello. Prima che potesse farlo passai la mia spada dalla mano destra a quella sinistra e infilzai il suo braccio destro che intanto aveva guidato la spada a difesa del torace. Colpito nell’avambraccio, questo fu costretto a far cadere la spada, che prontamente serrai mettendoci un piede sopra. Non volli perdere altro tempo e vibrai il colpo che avrebbe dovuto tagliargli il capo, ma quello si abbassò e facendo valere la sua forza fisica, mi venne addosso e mi spinse via con una potente spallata sinistra. Sbalzato via, lasciai la custodia della spada, che egli riuscì a riprendere. Quando mi rialzai, però, era già in groppa ad un altro cavallo. Mi guardai intorno: c’erano più paladini che cavalieri della morte.
“Ci rincontreremo” disse rabbioso tenendosi il braccio insanguinato e scappando via.
“Anghelos!” urlai mentre facevo rialzare il mio cavallo; la battaglia non era del tutto finita, ma ormai eravamo in vantaggio numerico.
“Che c’è, mio signore?” arrivò il paladino con visibili ferite.
“Prendi il comando qui e quando avrete finito torna dietro…io ho un duello da concludere!” e senza aggiungere altro partii di gran carriera verso Morgraine.