Il Paladino cap. 9 – La quarta guerra

Il sole appena sorto, non riusciva ancora a penetrare attraverso i rami dei fitti alberi corrotti. Ecco la foresta delle Eastern Planguelands: un enorme ammasso corrotto di alberi che crescevano ormai in modo disordinato, e anche molto più velocemente del normale, per chissà quale magia oscura. Qui, alle porte di Hearthglean, di prima mattina si avventurava un ramingo.

Naemor il paladino – audiolibro

“Cammina a passo lento, e porta in mano una lanterna, segno che è stato in viaggio anche la notte. Non si riesce bene a definire la corporatura, perché lo vediamo di spalle,ma deciso si avvia verso la città.” Questa era la descrizione fatta dalla guardia della cittadella che lo scrutava al di sopra delle mura, durante il suo turno di guardia.
“Lasciamolo passare. E comunque non ci ha nemmeno visto…sarà un poveraccio…” disse un’altra guardia guardando il viandante.
“Mi chiedo chi sia…”

Un grande paladino, un possibile Re di Azeroth. Così era conosciuto Tirion Fordring, allorché era il comandante dello Scarlet Crusade,e governatore della città di Hearthglen e già innumerevoli leggende erano state scritte sul suo conto. Per questo incarico, aveva rifiutato il ruolo di Gran Maresciallo del Silver Hand, nonostante fosse stato uno dei cinque grandi paladini che l’aveva fondato. Ma le cose iniziarono ad aggravarsi per lui, allorché il suo fidato collaboratore Barthilas iniziò a voler ambire al suo posto, e aspettava solo il momento propizio per fare suo quel potere che tanto desiderava ardentemente. Ma come surclassare un simile personaggio, così potente?. Avvenne quando Tirion trovò un eremita orco, tale Eitrigg nei pressi di una torre nelle Eastern Planguelands. Fino a quel momento il nobile paladino aveva governato con saggezza sulla città e molte grandi imprese venivano associate al suo nome. I due subito ingaggiarono duello, ma improvvisamente, forse per i colpi abbastanza violenti, la torre crollò su Tirion. Egli fu salvato dall’orco, che lo estrasse dalle macerie e lo medicò. In seguito lasciò il corpo privo di sensi alle porte di Hearthglen, per poi ritirarsi nuovamente alle rovine della sua torre. Svegliatosi, Tirion non disse nulla né alla moglie né ai suoi fidati collaboratori, tuttavia volle tornare dall’orco:
“Grazie, vecchio orco, qualche giorno fa mi ha salvato la vita” si presentò a questi, con grande rispetto.
“Dovere. Anche se sembravate avere intenzioni bellicose, si nota che in voi risiete spirito nobile”
“Come mai siete qui?”
“Sono Eitrigg, un vecchio orco che ha lasciato l’Orda.”
“Lasciato?”
“Dovete sapere, nobile paladino, che un tempo noi orchi eravamo un popolo rispettabilissimo. Eravamo pacifici e nobili, ed eravamo devoti allo sciamanesimo. Ma un grande male afflisse poi noi, poveri burattini: la sete di sangue. Questa magia oscura corruppe i nostri corpi e le nostre anime, imbevendo le nostre menti del male e dell’istinto omicida. Me ne resi conto quando attaccammo e distruggemmo, parecchi anni or sono, quella lontanissima città di Stormwind e uccidemmo il Re e suo figlio. I miei compagni, un tempo così amabili, non erano più loro: erano meschini e violenti anche se giocavano l’uno con l’altro. Disgustato e amareggiato, lasciai l’Orda e mi ritirai qui…”
“Ora mi è tutto chiaro: anche io ho sempre pensato che gli orchi in realtà non fossero così violenti di quanto sembri. Me ne accorsi ai campi di prigionia, che loro stavano perdendo quell’istinto omicida.”
“Campi di prigionia??”
“Si. Il vostro popolo è stato dominato, anche se qualche mese fa si è rivoltato a Durnholde ed è riuscito a darsi alla fuga.”
“No…che terribile errore che avete fatto.”
“Vecchio Eitrigg, tornerò dalla mie genti, e informerò che voi non siete più in pericolo e potrete vivere in piena libertà…sono in debito con voi.”
Detto ciò, tornò a Hearthglen, ma nessuno gli diede ascolto. Barthilas, approfittando del momento, lo tradì, e mandò a uccidere l’orco di nascosto. Tirion venne a conoscenza del piano giusto in tempo per intervenire e combattere contro i suoi stessi soldati per salvare l’orco, convinto che egli avesse ragione, ma entrambi furono catturati e rinchiusi a Stratholme. Uther stesso dovette cacciarlo dal Silver Hand, e togliergli i poteri, poiché attaccare e ferire i propri soldati era un reato molto grave, che poteva essere punito anche con la morte se qualcuno di essi fosse rimasto ucciso. Nelle oscure prigioni di Stratholme fu anche interrogato dal suo altro grande amico, ed altro co-fondatore del Silver Hand, Morgraine The Ashbringer.
“Perché lo hai fatto, Tirion? Pensavo che dopo tutte le battaglie in cui abbiamo affrontato l’Orda, dopo tutti i lutti che ci hanno fatto patire, tu avessi capito che non era gente di cui fidarsi…e invece….”
“Non è così! Te ne sei accorto anche tu, quando qualche mese fa li hai visti scappare da Durnholde!”
“Appunto! Si sono rivelati ancora tremendi e assetati di sangue, come un tempo!”
“No, invece! Hanno riacquistato la loro grande nobiltà d’animo e vogliono solo essere felici. Apri i tuoi occhi ciechi, Morgraine! “
“Basta! Sai cosa accadde a Lord Perenold quando tradì l’Alleanza per unirsi all’Orda nella seconda guerra?”
“Certo che lo so…”
“Sarà lo stesso trattamento che ti verrà inflitto…”
“Comandante Morgraine!” intervenne un fante, venuto dai cancelli.
“Che succede?”
“L’Orda sta attaccando!”
“Dannazione!” disse, sfoderando la sua leggendaria arma “Presto Renault, figlio mio, combattiamo insieme in prima linea il nemico!” disse rivolto a un ragazzo appena diciottenne. Invece rivolto a Tirion e Eitrigg disse:”Di loro mi occuperò in seguito…”
In seguito al trambusto che ne seguì Tirion ed Eitrigg riuscirono a fuggire, rimanendo però feriti. La banda di Troll che aveva assaltato la città era stata capace di penetrare a fondo oltre le mura, raggiungendo anche la piazza principale creando panico e scompiglio. L’esercito di Lordaeron era confuso dall’improvviso attacco, e i comandanti gridavano ordini al vento: regnava, insomma, la più grande confusione. Al sicuro nelle selve, Tirion scoprì che i suoi poteri da Paladino non erano del tutto svaniti e riuscì a curare se stesso e l’ amico. Iniziarono così, nelle settimane successive, a vagabondare per le terre di Lordaeron, cercando di sfuggire alle pattuglie armate o agli avventurieri che, volendo appropriarsi della taglia che Barthilas aveva messo sui due, li cacciavano come si cacciano le bestie selvatiche. Incontrarono, qualche tempo dopo, Thrall, che annesse nuovamente all’orda Eitrigg, dopo che ebbe ascoltato le sventurate avventure dei due. Offrì anche un posto sicuro a Tiron, ma egli decise di ritirarsi in una fattoria a nord ovest delle Western Planguelands sotto mentite spoglie, cosicchè nessuno lo avrebbe mai più disturbato. Lì accolse freddamente sia l’arrivo di un nuovo nemico, i non-morti, sia la morte di Uther, per mano di Arthas che quella di Morgraine avvenuta il per mano del figlio, Renault. Aveva vissuto la conquista totale del Flagello, isolato nella sua piccola fattoria, mentre molto spesso, ad anni di distanza dal loro ultimo incontro, si chiedeva cosa ne fosse stato di Eitrigg.

Ecco chi era quella figura che aveva viaggiato di notte per le terre dei non-morti. Cosa lo spingeva a tornare da coloro che un tempo lo tradirono?
Era entrato infatti in possesso, tramite alcuni amici avventurieri che aveva ospitato, di alcune informazioni circa il possibile ritorno di Arthas, e che questi avrebbe combattuto contro Sylvanas. Quando lo seppe, fu tempestato dai sensi di colpa, e decise che era il momento di tornare a casa, per capire meglio ed aver anche modo di riscattarsi. Egli aveva preso l’esilio non come una costrizione fatta dagli altri, ma come una cosa volontaria, che aveva stabilito lui stesso, e per questo era propenso a pensare che era stato solo un coniglio, a starsene rintanato in quella fattoria. Ma ora avrebbe gettato le sue carte in tavola. Avrebbe anche rifondato il Silver Hand, se possibile. E così, armato di supposizioni infondate, partì dalla sua vecchia fattoria per tornare a quella che un tempo era stata la sua casa. Entrato a Hearthglen, però, non trovò coloro che lo tradirono: seppe che erano tutti morti per mano del flagello, sia suo padre e suo figlio che lo aveva succeduto, perché anche Barhtilas era morto. I più anziani, si ricordarono di lui, e gridarono al miracolo. Essendo in un periodo di instabilità politica, i grandi anziani dello Scarlet Crusade, subito investirono della massima carica Tirion, rivelandogli che tempo addietro era stato fatto tutto un complotto alle sue spalle. Risollevato, ma al tempo stesso determinato, Tirion si mise in moto per unire le forze di Hearthglen con le altre dello Scarlet Crusade, Tyr’s Hand, e Stratholme. Mandò messaggeri, iniziò a viaggiare egli stesso verso le altre città, e infiammò l’animo del popolo con accesissimi discorsi. Riuscì solo con la prima città, poiché Renault Morgraine, dopo aver tradito il padre, tradì anche l’Alleanza, alleandosi al Flagello. Qualche settimana prima dell’arrivo del Re dei Lich, Tirion volle provare il suo esercito proprio contro le forze di Morgraine, che avrebbero dovuto aiutare Sylvanas. Quando egli arrivò al monastero in cui risiedeva, le truppe nemiche subito lo riconobbero e si arresero, e Reanult fu ucciso dai suoi stessi collaboratori, quando vennero a sapere che in qualche stanza li nel monastero c’era proprio Tirion. Ucciso questo folle, il condottiero umano perdonò i ribelli, a patto che si unissero di nuovo allo Scarlet Crusade: quelli che erano gli scagnozzi di Reanult Morgraine non se lo fecero ripetere due volte. In questo modo riuscì a tenere unito tutto lo Scarlet Crusade, cosa che pareva impossibile fino ad allora, e lo preparò al meglio per affrontare il nuovo nemico, che poi era sempre lo stesso.
Nello stesso giorno in cui il re dei Lich sbarcò a Lordaeron per dare inizio alla quarta guerra contro Sylvanas, Tirion e lo Scarlet Crusade erano pronti anch’essi a dar battaglia.

Navi oscure, con grandi vele nere, solcavano i mari nei pressi di Silveralpine Forest. Cento, duecento, cinquecento, mille, duemila…duemila navi pronte allo sbarco, in un mare che non lasciava presagire nulla di buono. Il cielo anche era in tempesta: le nubi erano in lotta tra loro, scagliando violenti fulmini sull’acqua, e rilasciando pungenti turbini di vento. Il mare, agitato, si batteva con forza contro il legno delle navi, non riuscendo però né ad intaccarlo, né a forarlo. Ma si accontentava scagliandosi contro le rocce della costa, formando onde di proporzioni immense. Lì, sulla terraferma, nascosta tra le selve, con i suoi fidati cacciatori, c’era Sylvanas Windrunner stessa, che stava assistendo in prima persona all’arrivo del suo nemico. La maggior parti delle navi ancorò, mentre una più piccola strisciava tra tutte e si accostava alla terra. In quella porzione d’acqua e terra, le condizioni meteorologiche non sembravano influire.
“E’ così eccitato da sconvolgere il tempo…terribile” esclamò Sylvanas, ben nascosta.
Dalla barca scese un’oscura figura.
“Finalmente, amata patria…dopo quanto tempo…vedo che produci ancora alberi, che l’erba cresce ancora…non ho fatto bene le cose l’ultima volta…ma adesso…non sono solo…adesso porrò fine a tutto.”
Passarono attimi in cui sembrò decidere cosa fare; poi estrasse la sua mitica Frostmourne e la puntò verso la foresta:
“Stupida, vieni fuori!”
Come se non l’avesse fatto di sua sponte, Sylvanas uscì dalla foresta in librazione, fino ad arrivare di fronte ad Arthas.
“Ma guarda chi si vede! Colei che ha ucciso quei dannati Signori delle Tenebre che tanto mi stavano antipatici.” Tuonò Arthas.
“Grazie dei tuoi complimenti, ma non me ne faccio nulla.”
“E dimmi, hai dovuto lottare poi molto per eliminarli?”
“Risparmiati l’umorismo…perché….”sembrava indecisa su cosa dire “perché sei arrivato qui in assetto da guerra? Cosa vuoi dalla mia terra?”
“Lo sai in cuor tuo perché” rispose Arthas dietro la fredda maschera del Re Lich. “Tralasciando il fatto che non è la tua terra, ma di fatto mia.”
“La tua…?”
“E’ così. Me ne sono andato, possiamo dire, qualche mese, per acquistare un potere smisurato….questo!” disse aprendo le braccia.
“Quello che sei ora è un mostro! Ma lo sei sempre stato!”
“Da che pulpito! Ma vedo che il tuo cuore d’elfo si fa sentire ancora!”
“No! Il mio cuore elfico batte e basta…”
“Ah si…sei cambiata dopo la lettera di tua sorella…”
“Come diamine?!?”
“Il Signore Oscuro sa e vede tutto, illusa! Ti sei appropriata del mio impero mentre non c’ero…ora ne ripagherai le conseguenze!”
“Dovrai vedertela coi Reietti prima!”
“Gli allievi che superano i maestri? Non credo possiate essere d’intralcio nonostante ci abbiate rubato qualche magia..” Si voltò e fece per tornare verso le navi. Come se fosse un ultimo appiglio su cui poggiarsi, Sylvanas urlò:
“Non ti faremo scendere dalle navi tanto facilmente!”
“E di preciso tu e chi ce lo ostacolerete, che hai tutte le truppe ad Undercity?”
Lo smacco che subì Sylvanas fu evidente: tremante di paura attese a muoversi mentre Arthas tornava alle navi e ordinava che attraccassero. Notando la regina dei Reietti ancora lì sulla spiaggia le domandò:
“Cosa c’è ancora?”
Non ci fu risposta.
“Vuoi forse duellare ora con me, Sylvanas? Perché non vorrei lasciare il tuo esercito privo di qualcuno col senno…non vorrei che la mia vittoria non fosse…divertente.”
“Non…non la passerai liscia…se non sarò io…un giorno o questo…anche se non sarò io…tu…morirai!” e si inoltrò di nuovo nelle selve, mentre Arthas scoppiò a ridere.
“Chi può ostacolarmi, sciocca?” urlò di rimando a quella, ben sapendo che ormai non poteva udirlo più.
“Qualcuno c’è”
“Cosa??”
Qualcuno aveva parlato. Ma chi? Arthas si sentì a disagio: sulla spiaggia non c’era nessuno, e non poteva essere stato un soldato in quanto erano ancora affaccendati sulle navi prima di scendere. Ma non poteva essersela sognata quella risposta. Non solo era tanto nitida nella sua mente da non poter essere detta poco lontano dalla spiaggia, ma poi era una chiara e forte voce maschile, non poteva essere stata Sylvanas. Arthas si concentrò e uso la forza della propria mente. Chiuse gli occhi e la sua vista si accese: vide dapprima le zone circostanti alla spiaggia, poi si spinse oltre. La sua vista viaggiava per chilometri e chilometri, superava Sylvanas e i suoi esploratori che correvano a casa, superava le mura di Undercity, superava il confine tra Tirisfal e le Wester Plangueland, superava Andorhal, arrivava ad Hearthglen, entrava attraverso le sue porte e lì si fermava. Violento come un impatto i suoi occhi incrociarono quelli di Tirion Fordring, Arthas venne sbalzato indietro, e costretto a tornare in sé. Come aveva fatto a respingere e a penetrargli nella mente? Ma soprattutto, come era possibile che fosse ancora vivo? Era certo uno dei più grandi paladini di tutta la storia, ma fino a quel punto? Queste domande imperniavano nella mente del Re Lich quando un’oscura figura gli si avvicinò e domandò:
“Sire, tutto bene?”
“Certo, Comandante Mograine. Affila per bene la tua Ashbringer, c’è un tuo vecchio amico da sistemare.”
Le truppe di Arthas così prendevano posto nella terra di Lordaeron: contemporaneamente ad Undercity era trapelata la notizia del suo arrivo e tutta la città era in fermento per la guerra imminente; a Hearthglen si era radunata la forza dello Scarlet Crusade, pronto a fare la sua parte, mentre io e il mio Silver Hand partivo da Theramore per liberare Orgrimmar.

Lord Mario