“Che diamine sta succedendo qui?” tuonò Thrall sporgendosi dalle mura di Orgrimmar.
“Capo” iniziò un grunt “degli orchi ribelli si sono accampati fuori le mura e vogliono attaccarci!”
“Cosa? Chi è così sciocco da contrastare tutta Orgrimmar? Avanti, radunate tutte le nostre truppe! Le voglio pronte a combattere!”
“Subito!”

Thrall poi prese a scorgere oltre le mura della sua città: le rosse e aride terre di Durotar si stendevano dinanzi a lui, con il sole che spaccava le pietre, splendente in un cielo senza nuvole. Ma nell’aria si poteva facilmente avvertire una strana tensione. In quel preciso istante una freccia volò a pochi metri dal viso del capo dell’Orda, che rimase immobile, come se non se lo aspettasse.
“Chi diamine ha osato?”
Allora il suo sguardo fu preso dall’enorme massa di orchi che stanziavano nella valle dinanzi Orgrimmar. Non erano orchi comuni: sbraitavano e si agitavano come se fossero posseduti, notò Thrall, ma la cosa che più lo sconvolgeva era che tutti avevano una rilucente armatura nera, ed erano disposti in fila, pronti al combattimento.
“Indubbiamente non sono una massa di straccioni che si rivoltano….ma un esercito ben organizzato e anche piuttosto numeroso, ma da dove provengono?” pensava Thrall.
Scese dalle mura di corsa e andò verso il generale che intanto aveva radunato l’esercito nello spiazzo dinanzi il cancello.
“Non è possibile….è una burla questa!” tuonò il capo dell’orda, nel vedere che pochissimi orchi erano li.
“Capo, purtroppo in tutta Orgrimmar ci sono a disposizione solo questi…”
“Come diavolo è possibile??” continuava a tuonare quello, preso da un’immensa rabbia “Dove sono le mie…” ma la voce gli si fermò in gola. Da fuori provenivano urli spaventosi: dapprima una sola grande voce che sembrava incitare la massa, e poi la massa che rispondeva, caricandosi. Dentro di lui, Thrall era un immenso flusso di emozioni: noia, sorpresa, rabbia, impotenza e ora paura. Dopo una serie di botta e risposta, con un ultima grande incitazione gli orchi al di fuori delle mura iniziarono ad assaltare il cancello, che, retto da poche guardie, sembrava non resistere. Dentro Orgrimmar, solo confusione: Thrall iniziò ad impartire ordini a destra e sinistra preparando molto frettolosamente quei soldati che aveva a disposizione, ma riuscì solo per poco a mantenere la calma: con una fragorosa caduta, il cancello andò in mille pezzi e impetuosamente gli orchi ribelli penetrarono nella città. Erano trecento, contro i cinquecento orchi che comandati da Thrall difendevano Orgrimmar. Ma quei trecento non erano comuni: Thrall lo aveva già notato, ma ora ne aveva la piena conferma: i loro occhi erano accesi di un rosso innaturale e la loro muscolatura era più sviluppata di qualsiasi orco, inoltre la potenza dei loro colpi era tale da rompere in mille pezzi uno scudo di legno in un sol colpo. Su tutti troneggiava un’oscura figura che rideva a crepapelle.
“Tu!” urlò Thrall
“Io..”
“Come hai potuto tradire tutti?”
“Sprecherei solo parole nel risponderti…ormai sei sull’orlo della morte…”
“Ti sbagli di grosso! Orgrimmar, all’attacco!!”
Lui per primo, e poi i suoi guerrieri si scagliarono come furie sui nemici: Thrall, nonostante una sequenza micidiale di colpi, vedeva pararsi molti dei suoi fendenti, ma a lung’andare aveva sempre la meglio: la classe non è acqua.
“Sono forti, non c’è che dire…”
Se lui aveva la meglio in singolar tenzone con uno dei nemici, lo stesso non si poteva dire dei suoi guerrieri, che subivano un colpo dopo l’altro. I difensori in un baleno vennero respinti ancor più nell’interno della cittadella, dando modo agli aggressori di portare dentro Orgrimmar gran parte dei loro combattenti che avevano a disposizione.
“Resistete, miei guerrieri! Non fatevi travolgere da questi che osano definirsi orchi!” continuava a urlare il capo. Ma era intuibile che tutto stava andando per il verso sbagliato, e Thrall lo sapeva fin troppo bene: ora nella sua mente si rimproverava che era stato uno sciocco a farsi prendere così di sorpresa; e ora l’esercito subendo proprio quell’effetto, stava cadendo in rovina. Nonostante ciò il suo corpo continuava a mietere vittime, guidato dall’ira e dalla disperazione. Le linee difensive di Orgrimmar tenevano duro, ma inevitabilmente gli aggressori li spingevano sempre più nella cittadella, causando la disgregazione dell’esercito di Thrall, che a quel punto, disorganizzato, sarebbe stato sconfitto. Ma d’un trattosi sentì il suono di corni provenire da fuori, un suono che diede nuova energia ai difensori di Orgrimmar. Arrivarono infatti i rinforzi. Nazgrel, stretto collaboratore di Thrall, era arrivato in città con i suoi temibili cavalcalupi, di ritorno da una missione, e ora attaccava gli aggressori dall’esterno, dopo aver,appunto, fatto squillare il suo corno. Il generale nemico, che si era tanto fatto beffe di Thrall, dovette ricredersi e preparare una nuova strategia, perché a lung’andare, con l’esercito diviso in due zone della città, una parte nella zona fuori le mura, e una parte dentro le mura, avrebbe avuto la peggio. Ordinò,così una ritirata apparente, sfruttando anche il fatto che l’esercito di Thrall fosse diviso. Infatti i difensori si trovarono disorientati nel vedere i nemici fuggire: restarono come di sasso per parecchi secondi prima che Thrall urlasse:
“Svelti! Non esiste che l’Orda conceda una resa così! Hanno osato attaccarci e ora vanno distrutti!”
Ma la banda di Nazgrel, dapprima spavalda, anche essa si ritrovò totalmente spaesata quando vide uscire dal cancello della città quell’immenso esercito che ora puntava dritti su di loro. Bastarono pochi secondi: i cavalcalupi e il loro capo furono totalmente annientati, schiacciati dall’improvvisa superiorità nemica. Quando Thrall, seguito dalle sue truppe, uscì dalla città e si rese conto dello scacco subito, si sentì gelare. I nemici, consumata la strage, puntarono, così, di nuovo verso Orgrimmar. E Thrall vedendoseli arrivare addosso, pensò che in quel momento, aveva fallito tutto, e ora si apprestava a perdere quello che con tanta fatica aveva costruito. La battaglia così ricominciò fuori le mura, ma stavolta con esito ben diverso. Gli orchi di Orgrimmar furono sbaragliati, ma stranamente i nemici non infierirono né sui loro corpi agonizzanti né sulla città stessa, ma si riunirono tutti intorno al loro capo, che si trovava nei pressi del corpo di Thrall, semi svenuto, dopo che lo aveva battuto in duello.
“Ho capito…” sussurrò Thrall “hai fatto come Gul’dan, maledetto…ti sei prima infiltrato come consigliere ma poi ti sei rivelato quel che sei…e hai corrotto gran parte degli orchi…è cosi?”
“Già…morente eppur ancora capace di pensare…”disse l’altro, ghignando.
“Chi…chi ti ha dato questi poteri?”
“Non potrei svelartelo, ma dato che ti sto per infilzare…è stato il Re dei Lich. Sai bene che Ner’zul sa della storia degli orchi, essendo orco lui stesso e ha escogitato lo stesso sistema che aveva adottato Gul’dan anni addietro. Questi orchi sono afflitti dalla sete di sangue, non devoti ora, alla legione, ma al Re dei Lich, ahahah”
“Maledetto…” iniziò Thrall, ma poi il suo corpo svanì nel nulla. Agli occhi più attenti non sfuggì, invece, l’ombra, che celermente, lo portò via di li.
“Che diamine??” disse arrabbiandosi, il generale nemico, mentre l’ombra di colui che aveva portato via Thrall svaniva lontano.
“Grazie Rexxar” sussurrò Thrall tra le braccia del suo amico, mentre questi correva a folle velocità.
“Di nulla, capo…”
Era passata una settimana da quando avevamo letto il testamento di Uther. In quel lasso di tempo avevamo deciso sul da farsi: entravamo in guerra, si, e stabilimmo anche un piano dettagliato delle nostre mosse. Tutto fu proprio grazie a Uther, che scegliendo un suo successore dava così la possibilità al Silver Hand di essere rifondato; con in Silver Hand, infatti, il potenziale distruttivo dell’esercito aumentava enormemente. Io e Relhiar fummo anche presentati al popolo e a tutti i comandati dei vari schieramenti dell’esercito, dopo che in una cerimonia solenne, fummo insignati dei nostri nuovi ruoli. E finalmente avevamo due armature come si deve: la mia era composta da un set di spalline, elmo, corazza, gambiere, stivali, guanti e bracciali azzurri con gemme incastonate; un bellissimo scudo anch’esso azzurro e una spada blu scura che avevo rinominato Firemourne. Relhiar aveva ricevuto invece un’armatura dorata, anch’essa molto bella, con spalline a forma di aquila. Inoltre il giorno in cui Jaina annunciò l’entrata in guerra all’esercito, molti di loro si dimostrarono eccitati, e non, come avevo pensato, contrariati. Sui loro visi era possibile scorgere il desiderio di vendetta, che da troppo tempo tenevano frenato nel loro corpo. Il piano stabilito era il seguente: nel mese successivo alla nostra elezione, avremmo addestrato alcuni cavalieri dell’esercito di Theramore in modo da farli diventare Paladini, gettando così le basi per la rinascita del Silver Hand: tutto quindi dipendeva da quei giovani cavalieri inesperti, che di li a poco avrebbero costituito il nerbo dell’esercito. Ma non mancavano anche veterani e qualche altro Paladino. In questo mese avremmo assunto il temporaneo controllo di Theramore, mentre Jaina e Dotory sarebbero andate a Stormwind, cercando di ottenere l’appoggio degli umani li presenti. Relhiar sarebbe dovuto andare anche a Orgrimmar per cercare di strappare aiuti con gli orchi, ma questo più in là. Il giorno stesso in cui Jaina e Doroty partirono io e Relhiar radunammo tutti i cavalieri nella caserma e iniziammo a selezionare coloro che sarebbero diventati Paladini. Allora, l’esercito di Theramore era composto da circa 1500 uomini, 500 dei quali cavalieri; mi auguravo d’addestrarne altrettanti per elevarli a paladini, anche se non era affatto cosa semplice, ma anzi molto complessa. Ovviamente tutti i cavalieri, essendo tali, dovevano già conoscere ed aver assimilato le tecniche di base, quindi il lavoro che io e Relhiar avremmo dovuto fare era e quello di insegnare le tecniche dei paladini e i vari stili di combattimento, che in seguito loro avrebbero evoluto, creando stili del tutto personalizzati. Proprio lo stesso insegnamento che ricevemmo noi anni addietro. La parte più difficile forse, era quella degli ideali. Combattere per la difesa degli interessi personali, si addiceva ai fanti; combattere a difesa dei propri interessi e quelli degli altri si addiceva ai cavalieri; ma combattere per la vita propria, per quella degli altri, e per la propria terra natia, si addiceva a paladini. Potevano anche esistere paladini che si comportavano da cavalieri: ma erano proprio quelli che nel Silver Hand non avevano fatto carriera. Alla fine furono selezionati 250 cavalieri che si sarebbero addestrati con me e Relhiar.
“Solo duecentocinquanta…mi aspettavo qualcuno in più…”commentai.
“Andiamo…su un esercito di millecinquecento uomini va bene tale cifra…non dimentichiamoci che comunque l’esercito del Silver Hand durante la guerra contro il Flagello era composto da 300 paladini…quindi…”rispose Relhiar
“Però…”
“Si, però erano tutti paladini con anni d’esperienza alle spalle…ma non importa, se non riponiamo fiducia nei giovani…”
“Attento, qualcuno di questi è più avanti con l’età di noi!”
“E dobbiamo anche considerare i messaggeri che sono stati inviati a Lordaeron…magari qualche paladino vivo sarà raggiunto dalla voce…”
“Già. Per ora pensiamo al presente.”
Così, trascorse un mese, e solo quando vidi Jaina e Doroty tornare, mi resi conto di quanto tempo realmente fosse passato. Io e Relhiar avevamo diviso il gruppo e ognuno seguiva l’addestramento del proprio, che avveniva più nella regione paludosa che ospitava Theramore, che nella cittadina stessa. In quelle quattro settimane i nostri ragazzi erano visibilmente migliorati: non avevano certo raggiunto un grande livello, ma erano immensamente più bravi di quando io e Relhiar avevamo iniziato a seguirli. E non si poteva chiedere altro da loro, ognuno con un passato doloroso, ognuno con una storia interessante alle spalle. Inoltre con qualche ragazzo ero diventato anche molto amico, tanto che dopo i normali allenamenti con tutta la truppa duellavamo un po’ tra di noi, migliorandoli e migliorando anche me stesso. Ricordo con molta felicità quei giorni passati sotto il timido sole che a stento si affacciava tra le selve, e non dimenticherò mai la sensazione di umido sempre presente sul tuo corpo. Proprio mentre stavo duellando contro uno dei miei allievi migliori, Anghelos, Relhiar venne a chiamarci per avvertirci del ritorno delle due maghe, sul far della sera.
“Naemor! Vieni dobbiamo tornare subito a Theramore!” disse, arrivando in groppa al suo cavallo.
“Salve, Lord Relhiar” salutò umilmente Anghelos.
“Ah, ciao Anghelos! Vedo ti stai allenando con Nae, vedi di non fargli troppo male!”
“Sta attento tu invece, lo sto addestrando per farlo diventare migliore di te, ahah. Andiamo su!” salii sul mio nuovo cavallo, dato che il mio vecchio era stato ucciso, e tornammo in città, dopo aver ordinato a Kurdran, il grifone che ormai si era affezionato moltissimo a me, di tornare al nido dei grifoni della città.
Theramore era visibilmente in fermento per il ritorno della Regina. Al nostro arrivo, la folla che l’aveva accolta dal suo ritorno si stava già diradando.
“Anghelos, torna in caserma e dì di aspettarci li” ordinai.
“Va bene”
Smontammo dinanzi alla torre e vi entrammo.
“Bentornate!” disse Relhiar, di li a poco, dopo aver bussato.
Era evidente che erano arrivate già da un bel pò: erano sedute l’una di fronte all’altra e non dimostravano di andar di fretta, come invece molti viaggiatori al ritorno da un lungo viaggio.
“Tutto bene il viaggio?” continuò Relhiar.
“Si, meno bene invece è andata a Stormwind” disse Jaina.
“E voi con l’addestramento del nuovo Silver Hand?” chiese Doroty.
“Tutto va secondo i piani. Abbiamo fin ora addestrato i ragazzi che hanno dimostrato di assimilare bene le tecniche dei paladini. La maggior parte di essi possono ormai essere definiti paladini, anche se non ci sono molte missioni da fare per poter confermare ufficialmente. Ci sono poi alcuni che hanno talento da vendere e che, ci metto la mano sul fuoco, diverranno grandi.” Risposi.
“Quel che volevo sentire…”commentò Jaina.
“Dicevate di Stormwind?”
“Bè il regno è ancora scosso dalla morte del Re e va un po’ allo sbaraglio” iniziò Jaina “Ma Fordragon è un comandante abile, e sta gestendo molte situazioni intricate con molta saggezza. Ad esempio ci sono diverse cittadine dipendenti da Stormwind che, temendo il prossimo decadimento della capitale, stanno cercando di rendersi indipendenti. Fordragon è sulla buona strada per riappacificare tutto ed evitare una rivolta dell’esercito. Purtroppo il suo carattere non è propenso alla generosità. Sapete, è come i re di vecchio stampo, che pensano al benessere della loro patria e si tirano indietro quando c’è da aiutare gli altri.”
“Capisco…la vostra proposta d’aiuto allora non è stata ben accettata…”commentai.
“Si, Fordragon non ne ha voluto neanche sapere, e ha addirittura riso dinanzi alla notizia che il Silver Hand è di nuovo in piedi. Tuttavia i paladini di Stormwind, che facevano parte del Silver Hand hanno creduto fermamente nelle mie parole, e il loro capo sarebbe venuto, se il reggente non si fosse opposto.”
“In poche parole siete state cacciate e vi hanno date per matte” commentò Relhiar.
“Già” confermò Doroty.
Improvvisamente, bussarono alla porta. Dopo l’avanti di Jaina, entrò Anghelos.
“Anghelos, è successo qualcosa?” domandai.
“Si, è appena arrivato il Capo dell’Orda con un suo soldato, inoltre c’è una nave con le insegne di Stormwind che sta per attraccare qui.”
“Thrall!” esclamò Jaina.
“E’ in pessime condizioni. Tuttavia non è stato necessario mandarlo all’ospedale, sono riuscito a curare io stesso le ferite.”
“Ben fatto!” si congratulò Relhiar. Ma Jaina era visibilmente in ansia, e uscì dalla torre, seguita a ruota da tutti.
Arrivammo all’entrata della città, dove si trovava un mezzogre, e un orco dall’armatura imponente, che doveva essere necessariamente il grande e famoso Thrall.
“Thrall! Rexxar!” esclamò Jaina. “Cosa vi è successo?”
“Salute, Jaina” iniziò Thrall. “Siamo qui per chiedere il vostro aiuto…”
Mentre Thrall, Rexxar e Jaina iniziarono a parlare sussurrai a Relhiar:
“Va a vedere della nave…”
“I Paladini di Stormwind?”
“Spero siano loro…”
“Ah questo è Naemor…”diceva intanto Jaina, presentandomi al Capo dell’Orda.