Wahya paranormal thriller di Luca Martina (anteprima)

E’ in uscita il nuovo libro di Luca Martina dal titolo Wahya disponibile gratis se disponete di un account Amazon Kindle Unlimited.

Wayha di Luca Martina

Stati Uniti, giugno del 1973.


Il dottor Jude Patterson viene ingaggiato in una spedizione presso i confini dello stato della Georgia. 
Assieme ad un manipolo di ignari taglialegna e ad un suo timido e criptico amico d’infanzia, varca inconsapevolmente il confine di una foresta protetta da antichi e spietati custodi.
Le conseguenze saranno imprevedibili e cruente, ma al di là del sangue e della morte, Jude apprenderà una profonda verità rivelatrice, che lo porrà dinanzi ad un lacerante bivio: salverà sé stesso e i brandelli residui della propria umanità, oppure rinascerà abbracciando il nuovo credo che il destino gli ha riservato? 

Ecco un estratto del libro per chi fosse curioso:

Jude si svegliò proprio per ora di cena. Si liberò dal groviglio del lenzuolo con uno sbadiglio ed un brivido, e subito dopo sentì il bisogno di sgranchirsi le ossa, contratte durante il lungo e scomodo viaggio. Fu allora che udì un lamento. Aveva appena riaperto gli occhi che immediatamente il dovere lo chiamava.

Il suo ‘senso di medico’ lo mise subito in allarme, e lo spronò ad indagare al fine di soccorrere un eventuale operaio ferito o chiunque altro si trovasse in pericolo. Ma ciò che vide pochi passi più in là, nel folto del verde, lo lasciò impietrito e con le labbra socchiuse. Un lupo grigio era disteso sul fianco, il capo ripiegato, incassato nel petto. Una delle zampe posteriori era intrappolata in un laccio da cacciatore, e per quanto la bestia si sforzasse di mordere la corda questa, composta da fibre sintetiche, non ne voleva sapere di cedere, e si accaniva anzi a ferire la bocca dell’animale, più di quanto già non avesse martoriato l’arto. Il lupo vide Jude e si fermò, rizzando il pelo, rimanendo immobile, ad eccezione dell’addome animato dal respiro ansante. Ad ogni modo non ringhiò, e non cercò di rialzarsi per mettersi sulla difensiva: quella bestia non provava paura. Così come stranamente non ebbe paura neppure il giovane medico, nemmeno quando – seppur con cautela – tentò di avvicinarsi all’animale. Era a pochi passi dalla belva e poté guardarla con calma perché il lupo si accucciò, come un cane che attende una carezza dal padrone. Era una creatura stupenda. Jude si sentiva come ipnotizzato da tanta bellezza, e indugiò per lunghi momenti in quella surreale contemplazione, perché – senza darsene spiegazione – sapeva che il lupo non gli avrebbe fatto alcun male.

Perciò tese la mano, allentò il laccio, e permise alla zampa di liberarsi. Il lupo, con uno scatto fulmineo, si rimise in piedi e provvide ad allontanarsi il prima possibile. Tuttavia, compiuti solo pochi felpati passi, si voltò ad osservare il suo salvatore. Jude allora poté guardare con più attenzione, e quasi rimase estasiato. Gli occhi del lupo erano qualcosa che non aveva mai visto prima: gioielli verdissimi che scintillavano limpidi al chiaro di luna. Il pelo della creatura era poi come un magnifico velluto grigio, lucente e folto. E la sagoma era flessuosa e snella, riusciva ad esprimere tutta l’energia e la forza di quell’esemplare magnifico, un eletto fra la sua razza. Il lupo dischiuse le fauci per respirare meglio, la lingua scarlatta penzolante al di fuori della fila inferiore di denti immacolati, e a Jude parve che gli stesse sorridendo di gratitudine. Infine, fluido come un’ombra, il lupo grigio si confuse con le pieghe oscure di quella notte, scivolando fra di esse come fosse fatto della stessa impalpabile materia. Jude rimase imbambolato a meditare sulla cosa straordinaria che gli era accaduta, ma passò poco che un rumore lo riscosse. Era a breve distanza. Le fronde si agitavano, e da esse proveniva un gemito.

Jude si precipitò in quella direzione, e, man mano che si avvicinava, il lamento si tramutò in un pianto sommesso e strozzato. Scostò i rami di agrifoglio, ferendosi con noncuranza le braccia e le mani. Qualcuno era in pericolo, sentiva di dover fare in fretta. Si morse un labbro, e si rimproverò sentendosi uno stupido per essersi distratto così tanto ad osservare un animale, mentre una persona poteva forse essere in fin di vita. Ciò che vide gliene diede un’amara conferma, e lo fece profondamente pentire. Non ricordava quale fosse il suo nome, ma lo aveva visto salire fra i primi sul camion che seguiva quello di Arnold Murdoch. Gli era sembrato subito un brav’uomo, uno di quelli che lascia la famiglia soltanto per spaccarsi la schiena e portare i soldi a casa. Perché proprio a lui era successa una cosa del genere? Gli si inginocchiò di fianco e prese la sua mano insanguinata fra le proprie. Gli bastò un’occhiata. Non c’era niente da fare. Il collo era stato inciso in profondità, in prossimità della carotide, che molto probabilmente era stata intaccata dal taglio. L’uomo ruotò con sforzo le pupille in direzione di Jude, e parve leggere sul viso del dottore la sentenza di morte.

Allora pianse, le lacrime gli scivolarono dalle palpebre come un fiume caldo e silenzioso. Diede un’ultima stretta alla mano di Jude, come per salutarlo e ringraziarlo di averci almeno provato a salvargli la vita. Un ultimo rantolo, uno sputo di sangue. L’operaio spirò, sotto l’espressione di impotenza del medico.