Argo, Gerione e Compagni

Torniamo a occuparci dei giganti. Questa volta parleremo di Argo Panoptes, di Gerione e di certi loro amici.

Gerione

Argo era figlio di Ortro, fratello di Cerbero. La tradizione lo descrive come un gigante con un solo occhio, con tre occhi oppure col corpo completamente ricoperto di occhi. Per questa sua caratteristica, fu scelto da Era per sorvegliare Io, sacerdotessa del suo tempio.  Zeus, che si era invaghito della ragazza, inviò Ermes a uccidere il mostro. Il dio dei commerci e dei ladri irretì il gigante col canto e soavi melodie e quando si fu addormentato lo decapitò. Allora Era, per onorarne la memoria, lo risuscitò e lo trasformò nel pavone, l’uccello con la coda contornata di occhi.

Gerione, invece, era un gigante con tre busti, tre teste e due braccia, che governava un’isola posta ai confini del mondo conosciuto. Possedeva due bellissimi buoi, consacrati ad Era. Ercole fu inviato a rubarli, cosa che puntualmente gli riuscì dopo aver ucciso in duello il gigante-re. Era tentò di vendicare la morte del suo fedelissimo, cercando di soffocare i buoi con un nugolo di mosche, ma Ercole le disperse.

Dante Alighieri nell’Inferno e nel Purgatorio dà una descrizione tutta particolare di Gerione, che viene rappresentato come un serpente con zampe di leone, coda di scorpione e testa umana. Il mostro trasporta il poeta nei perduti regni.

Alighieri doveva essere affascinato dalla figura del gigante, perché ne collocò anche altri nelle sua opera: Briareo, Efialte ed Anteo. Briareo era figlio di Urano e di Gea ed era uno degli Ecantochiri. Il sommo poeta lo colloca nel nono cerchio dell’Inferno, a guardia del Cocito, il lago di ghiaccio che imprigiona Satana. Il gigante è dannato all’Inferno, perché osò ribellarsi alla divinità.

Oto ed Efialte erano invece due giganti figli di Poseidone. Tentarono di rovesciare il potere di Zeus e a questo scopo posero i monti Ossa e Pelio sopra l’Olimpo, per poter raggiungere più facilmente gli dei. Artemide li confuse, costringendoli a distruggersi tra loro. Dante colloca Efialte nel Pozzo dei Giganti del trentunesimo canto dell’Inferno. Per la sua pericolosità è cinto da cinque giri di pesantissime catene.

Anteo non è cinto da catene, perché non partecipò al tentativo di rovesciare Zeus, tuttavia Dante lo condanna all’immobilità eterna. Ciò non impedisce al gigante di chinarsi e di afferrare dolcemente il poeta e Virgilio, portandoli sulle rive del Cocito.

Anteo era figlio di Gea ed era stato ucciso da Ercole, che aveva capito il suo punto debole: perdeva ogni forza se si separava dalla madre, la Terra.