Napo intervista Marta Leandra Mandelli di Oltremondo

Quattro chiacchiere con l’autrice di OLTREMONDO, Petali di rosa e fili di ragnatela

Mata Leandra Mandelli

Carissima Marta, di ritorno dalle meritate ferie spero tu sia rilassata e pronta a farti intervistare da me. Come hai trascorso questo periodo di ferie?

Purtroppo la prerogativa delle vacanze è che passano troppo in fretta… ho trascorso un piacevolissimo periodo al mare nel nostro bel paese, armata di maschera e boccaglio alla scoperta della fauna marina. Adoro i pesci, sono agili e hanno un certo non so che di buffo che mi cattura fino a farmi diventare le labbra viola e a costringermi a uscire dall’acqua, sempre a malincuore. Vacanza per me è anche sinonimo di relax insieme a mio marito, addentrandoci in nuove storie. Infatti, la spiaggia è il luogo ideale per leggere e porto sempre qualche romanzo in valigia, a costo di trasformarla in un autentico macigno inamovibile.

Parliamo di Oltremondo e di come lo hai scritto. Vorrei sapere come ti è nata l’idea di scrivere e, in particolare, come si è fatta strada la storia da te narrata fra Milano e una terra fantastica che hai chiamato Oltremondo.

L’idea in sé, intesa come nucleo centrale della trama di Oltremondo di cui Petali di Rosa e Fili di Ragnatela è il primo capitolo, mi è venuta all’improvviso, una sorta di colpo di fulmine in un certo senso. Allo stesso modo, ho subito saputo di volerla scrivere, forse perfino di doverla scrivere per assecondare un lato creativo che non sapevo di avere. Milano è la mia città e le sono molto affezionata, andando avanti con la storia potrei definirla quasi un personaggio, un filo conduttore che cambia di volta in volta ma che è sempre presente. Per certi aspetti, contribuisce alla formazione dei miei protagonisti, a volte li aiuta e a volte li ostacola, altre ancora li accompagna nel loro percorso. Mi piace pensare di averle reso un piccolo omaggio, anche se la città descritta nel mio romanzo si discosta parecchio da quella vera, restando sempre un frizzante luogo di incontro di realtà diverse.

Sei una persona riflessiva quando si tratta di scrivere o butti giù tutto quello che ti viene in mente senza sapere dove andranno i tuoi personaggi?

Quando inizio nuovo capitolo so cosa sta per succedere, quale sarà il fatto principale. Però, qui si ferma la mia razionalità: una volta trovato l’incipit è come se i miei personaggi mi mostrassero la via. A volte, mi pare quasi che siano loro a raccontare la storia e questo aspetto, a costo di sembrarvi matta, me li rende assolutamente reali. Quando ho iniziato a scrivere, sapevo esattamente quale sarebbe stato l’inizio e quale la fine, quali aspetti sarebbero stati svelati e quali avrebbero dovuto attendere la fine del sequel, ma molti passaggi li ho scoperti procedendo con la trama.

Ci sono diversi aspetti che colpiscono nel tuo romanzo. Fra i tanti spunti di riflessione mi viene in mente la Milano da te descritta. All’inizio mi hai fatto un po’ paura perché pareva che per te fosse davvero un mondo perfetto. Che ne dici? Come spieghi la prima parte del romanzo?

Ti dico solo che una mia cara amica mi ha chiesto se fossi impazzita! Questa versione di Milano non è un mondo che auspico, non è la mia idea di perfezione o la mia risposta ai problemi della città o dell’Italia, è semplicemente una versione alternativa. Incarna quel tipo di fantasy giocato sulla verosimilità dell’esistente che mi è molto caro.

Ciò che apprezzo in una storia è l’evoluzione interiore dei personaggi e ho fatto del mio meglio per costruire i miei ragazzi in questo senso. L’idea di partenza è che alla persona più improbabile capita l’impensabile, quindi come potrebbe essere un’eroina guerriera depositaria di un’antica e potente magia? Mi sono risposta dando vita a una ragazza spensierata, razionale, più giovane e immatura dei suoi vent’anni, spesso fragile e insicura, che si tuffa in una vita frivola in grado di darle certezze concrete. Ciò detto, in che genere di città può vivere? Da questo ragionamento è nata questa versione di Milano, un ambiente ovattato, ordinato, pulito e sicuro, in cui Siobhan e gli eredi di Oltremondo si ritrovano, si riscoprono e apprendono amaramente che la perfezione non esiste e che il destino li attende sfidandoli con le loro stesse paure.

E dopo? Il libro ha una seconda e una terza parte. La prima è di circa 200 pagine, la seconda anche e la terza? Come mai lo sbilanciamento al termine della narrazione ti ha portato a scrivere una terza parte così piccola rispetto alle altre?

Petali di Rosa e Fili di Ragnatela è un percorso di iniziazione, in cui i miei protagonisti devono affrontare pericoli e misteri che temprano il loro carattere. Non sono eroi PRONTI, ma devono diventarlo per poter essere assolutamente certi di chi sono e di quale è il loro posto nel mondo. Senza questa evoluzione, sono destinati a fallire nello scontro finale contro il malvagio di cui tratta la terza parte. Però, una volta che gli eredi hanno superato i loro conflitti e le loro incertezze, resta solo l’azione vera e propria, determinazione e dedizione pure, libere dai tormenti e dai dubbi. È per questo che la terza parte è molto più breve rispetto alle altre, è la resa dei conti e ho voluto che a questo punto fossero soltanto le gesta dei protagonisti a raccontare la storia, lasciando sfumare la loro emotività a cui invece ho dedicato spazio più ampio nelle prime due.

Dimmi che autore preferisci o, se ne hai più di uno, fammi la classifica dei tuoi preferiti.

Il mio autore preferito è indubbiamente S. King, penso che sia un vulcano di idee con la dote innata di saperle raccontare, rendendo plausibili storie di fantasia e risvegliando nei lettori paure e sentimenti che ognuno di noi cova nel proprio intimo. Sono una lettrice di suspense perlopiù, tra i miei giallisti preferiti c’è sicuramente Harlan Coben e l’indimenticabile Agata Christie, capace di indiscussa eleganza e di intrecci sopraffini. Nel genere fantasy, non posso non menzionare Anne Rice, la saga delle streghe Mayfair è assolutamente irrinunciabile.

Il tuo romanzo ideale? Corto o lunghissimo?

Il mio romanzo ideale è voluminoso e con molti sequel, quando una storia mi colpisce mi viene un desiderio morboso di saperne di più, di scoprire nuovi dettagli sui personaggi e come si comportano in nuove avversità. La saga della Torre Nera di S. King, sette volumi e qualche migliaio di pagine in totale, è il massimo per me.

Pensi che chi scrive fantasy possa essere considerato da chi scrive altri generi qualcosa di meno degli altri? Mi pare, infatti, ci sia un po’ di snobismo in tal senso. Tu che ne pensi?

È vero, nel nostro paese c’è un po’ di snobismo riguardo al fantasy, ma penso che sia dovuto al fatto che è un genere ancora poco diffuso. Fortunatamente, mi sembra che le cose stiano cambiando e che ci siano sempre più appassionati e non solo tra i giovanissimi. Il fantasy è un mondo in sviluppo e, grazie ad autori acclamati dalla critica e dal cinema, gli amanti della lettura si stanno rendendo conto che non c’è solo Il Signore degli Anelli, ma il panorama è vasto e variegato. Mi sembra incredibile che possa essere considerato di serie B., se mi passi l’espressione, sia dai lettori che da altri autori, proprio per la possibilità che questo genere concede allo scrittore di trovare il suo modo di esprimersi o di esprimere il suo messaggio. Ad ogni modo, scrivere fantasy non significa affatto procedere a briglia sciolta tanto tutto è permesso, la trama deve stare in piedi, ma anche se così fosse, creare dal nulla qualcosa di nuovo e originale è tutt’altro che scontato. Secondo me, la creatività va apprezzata senza doverle per forza affibbiare qualche etichetta, perché sono troppo spesso fuorvianti e il loro unico risultato è quello di chiuderci la mente e restringere i nostri orizzonti.

Il tuo romanzo preferito? O, anche qui, una breve classifica?

Dopo le saghe della Torre Nera e delle streghe Mayfair, ho amato un grande classico come L’Insostenibile Leggerezza dell’Essere, di Il Natale di Poirot che è il primo libro che ho comprato e i quattro volumi di Twilight che ho letto sia in italiano che in inglese.

Ti rivedi nei tuoi personaggi? In chi in particolare, Siobhan forse?

Indubbiamente, mi rivedo nei miei personaggi. Siobhan è una specie di mio alter ego fantasiosamente romanzato, ma anche Adrian, Rowan, Ian e Selwyn rappresentano una parte di me. Adrian, il guerriero tormentato dall’eredità più difficile, ha quella parte di me che si mette in discussione, che si interroga costantemente su ciò che è giusto o sbagliato. Come Siobhan, è un guerriero che deve imparare come combattere e quali siano le sue battaglie, ma che non manca alla resa dei conti e questo sicuramente dice molto di me. Ian è il mio lato amichevole, quello pronto al sorriso e a cui piace sdrammatizzare, smorzare i toni cercando di non prendersi sempre troppo sul serio. Rowan è la mia parte sensibile, spesso troppo e destinata a pagare caro ogni momento piacevole, ma che sa anche trarre forza e determinazione dalle emozioni. O meglio, Rowan ci riesce e io spero di riuscirci nei momenti di bisogno. Selwyn non fa eccezione: il gemello della mia protagonista non può che rappresentarmi, a modo suo. La sua vera grande dote è apparire diverso da quello che è, non necessariamente buono o cattivo, ma semplicemente celato o trincerato dietro un’apparenza di algida compostezza. Non so dirti come, ma il mio aspetto comunica questo, tanto che chi non mi conosce bene non si capacita di come io possa essere una sana sfegatata dei Linkin’Park, giusto per fare un esempio. Selwyn è anche colui che sa mantenere la calma in vista di un obiettivo e che, per contro, sfoga la sua emotività in repentini e violenti eccessi che prendono in contropiede gli altri personaggi.

Quale dei tuoi personaggi hai dipinto con maggiore cura e attenzione?

Mi sono dedicata particolarmente a Siobhan, perché questa è la sua storia e lei racconta ciò che le accade in prima persona e in tempo presente. La maggior parte delle scene sono vissute attraverso di lei, i paesaggi sono visti attraverso i suoi occhi, pensieri ed emozioni scorrono direttamente dal suo modo di essere e sentire. Protagonista indiscussa, mi piace credere che alla fine del romanzo il lettore abbia chiaro che tipo sia, così come spero che anche gli eredi, Selwyn e Arjuna -i miei personaggi cardine-risultino ben caratterizzati.

Hai altro in cantiere? Ci dai qualche scoop?

Al momento sono alle prese con il secondo capitolo della saga di Oltremondo. Sequel di Petali di Rosa e Fili di Ragnatela, riprende esattamente dalla fine e porta avanti le tematiche irrisolte che il primo romanzo lascia in sospeso. Questa volta la sfida di fondo non sarà più la scoperta di se stessi e del proprio mistero, ma il confronto tra ciò che gli eredi hanno appreso e le prove che sono chiamati ad affrontare per salvare le dimensioni e liberarle definitivamente dallo spettro del male.

Comments

  1. Attrice appassionata di fantasy says:

    Adoro questo libro e , nonostante l’abbia appena finito, Di leggere L’ho già rincominciato .
    Mia zia me l’ha regalato per il mio compleanno e ho avuto la fortuna che lo acquistasse dall’autrice stessa in modo da farglielo firmare .
    Nonostante negli’Anni abbia letto tanti libri , in particolare fantasy , questo è di gran lunga il più bello poiché riesce a coinvolgerti facendoti entrare completamente all’interno della storia tanto da farti perdere la cognizione del tempo rendendoti tutt’uno con Siobhan e i protagonisti .
    Ringrazio moltissimo Marta per aver scritto questo libro fantastico e spero tanto di incontrarla un giorno per esprimergli tutto il mio apprezzamento .

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